Non ero convinta al cento per cento, ma ci ho provato. Luglio 2013. Ospito un paio di amici australiani nella mia casa a Livorno. So che amano la frutta, così mi preparo una maxi cassetta di ogni ben di dio: pesche, meloni, anguria, albicocche, susine. So anche che loro sono abituati a mangiare di tutto a colazione. Piatto preferito, salmone e avocado. Ma anche toast, uova, prosciutto, bacon, formaggi e così via. Tutti gli ingredienti di quella che negli hotel spesso chiamano colazione internazionale, e che io, cresciuta a ciambelloni della nonna e caffellatte, non mi sono mai azzardata a degustare, al netto di qualche piccola escursione in vacanza. Ma a un certo punto, arriva il momento in cui ti butti, un po’ per curiosità un po’ per quel monumentale e sacro rito che caratterizza in modo particolare certe zone del Mediterraneo: l’ospitalità. Roni e Tina sono due ragazzi favolosi, e io a colazione voglio far loro compagnia, dimostrando che sono pronta a rompere gli schemi delle mie abitudini per condividere la cultura enogastronomica.
Sulla tavola imbandita in terrazza c’è di tutto, a partire dalle uova strapazzate. E poi parmigiano, affettati, pane tostato, salmone affumicato. Ci infilo anche marmellata e frutta, un piano B in fondo me lo merito… Si parte. Passi l’insalata di avocado, passi il toast col crudo. Ma quando arrivano le uova – preparate da Roni nella padella antiaderente, senza olio - a buttarle giù faccio una fatica non indifferente. Già l’odore dell’uovo sbattuto di prima mattina mi procura un lieve fastidiuccio. Ma il “bello” arriva dopo: quell’uovo mi è rimasto qua, sullo stomaco per due giorni. È stato allora che ho capito che la dolcezza per me è fondamentale. E lo è a partire dalle prime ore del mattino: che cosa c’è di meglio di un cappuccino leggermente schiumoso, soffice al palato, magari guarnito dal ghirigoro di cioccolato disegnato da un sapiente barman; di un pezzo di torta fatta in casa o di un bel cornetto fragrante, che quasi scricchiola al primo morso, con tanto di scaglie sfogliate che si sbriciolano sulla maglia, magari macchiandola anche un po’ di zucchero a velo. Oppure di una croccante fetta biscottata, ricoperta di marmellata di frutta di stagione, che cede alla morbidezza tuffandosi nel caffellatte caldo. Per non parlare dell’aroma del caffè appena uscito, celebrato da cantanti e poeti, così intenso da insinuarsi nelle narici quando, nel dormiveglia, ti rigiri semicosciente nel letto abbracciando il cuscino. E d’autunno, che sprint la spremuta di arance e vitamine, quella sì che ti dà la spinta giusta per mordere la giornata.
Cappuccino e cornetto, un grande classico, raffinato binomio anche nelle origini che fanno risalire la fortunata accoppiata al settembre 1683: all’epoca, con la fine dell’assedio di Vienna da parte dei turchi e la sconfitta dell’esercito dell’Impero Ottomano, sarebbe stato inventato da Padre Marco d'Aviano, frate cappuccino di origini friulane dalle spiccate doti diplomatiche, presente alla battaglia. Si narra che fu lui a macchiare per primo il caffè col latte per addolcirlo. Il nome sarebbe così legato al colore del saio del frate, così simile al cappuccino da bere. Mentre la forma del cornetto deriverebbe dalla mezza luna, simbolo della potenza ottomana ormai in declino, che fu adottata da un pasticcere viennese per i dolci della colazione, per festeggiare la vittoria.
Ancora oggi, quasi ogni mattina, quando al risveglio sento il sottile e intenso profumo dei croissant del bar sotto casa, apro gli occhi con il sorriso. E so per certo che sarà una magnifica e gustosa giornata. Perché il buongiorno si vede dal mattino, e iniziarlo degustando la tradizione ha un sapore più dolce e rassicurante (soprattutto per il mio stomaco).