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"Meno carne ma più buona": la filosofia della Griglia di Varrone

"Meno carne ma più buona": la filosofia della Griglia di Varrone
Il patron Massimo Minutelli ha ora inserito nei menu dei suoi tre locali anche la Chuleta di Joselito, un taglio caratterizzato da un sistema di affinamento totalmente naturale, senza conservanti né additivi
3 minuti di lettura

Sulla scia di una rinnovata consapevolezza alimentare, trainata dalla ricerca di cibi più salutari e rispettosi dell’ambiente, la carne (soprattutto quella rossa) rischia di diventare un tabù gastronomico. Per questo, la ricerca della qualità, dell’eccellenza sia a livello produttivo che di consumo diventa una strada quasi obbligata. Fra i primi a percorrerla, anticipando quello che è sembra ormai diventato un trend, è stato Massimo Minutelli, patron di La Griglia di Varrone: tre ristoranti dedicati alla carne alla griglia fra Milano (città che entro l’anno dovrebbe vedere il raddoppio dell’insegna in un formato bistrot), Lucca e Pietrasanta frutto di una ricerca più che decennale capace di mettere sul piatto i migliori tagli a livello globale. Come la Chuleta di Joselito, produttore spagnolo con una storia lunga 150 anni che, attraverso La Griglia Varrone in qualità di distributore esclusivo per il nostro mercato, porta in Italia una lombata di maiale che sa di pascoli, boschi, ghiande e jamon iberico rilanciando al contempo un approccio consapevole al consumo di carne.

 

Il debutto della Chuleta, salutato da una cena a base di proteine, è stata quindi l’occasione per approfondire una materia prima che ultimamente è stata fin troppo demonizzata. «Diciamolo subito così da sgombrare il campo da ogni equivoco: un eccesso di carne rossa non fa bene, è una cosa dannosa per la nostra salute», afferma, non senza sorprese, Minutelli. Ma proprio qui si innesta una rinnovata possibilità, sia gastronomica che imprenditoriale: «Se dobbiamo diminuire i consumi di carne, questo significa che quella che gustiamo deve rispondere a criteri di qualità superiore. Ed è in questo spazio che si inserisce la mia attività. Questo è lo spirito di Varrone», continua Minutelli che, non a caso, preferisce l’etichetta di selezionatore piuttosto che quella di ristoratore.

 

D’altronde, dietro a ogni portata, c’è un lavoro di ricerca a livello internazionale che passa da fiere come Anuga a Colonia, Madrid Gourmet nella capitale spagnola e TuttoFood in Italia. Per non parlare del contatto diretto con i singoli produttori, che sia un piccolo macello nelle campagne intorno a Varsavia oppure la filiera della Rubia Gallega in Galizia. Senza dimenticare il Black Angus Made in Usa di cui, da Varrone, viene servito solo la selezione Prime «che rappresenta il 3-4% della produzione totale», spiega Minutelli. Insomma, un lavoro certosino che risponde alle esigenze di una clientela accorta per cui la bistecca assume le fattezze di un’esperienza di gusto al pari di un vino d’annata.

 

Con questo spirito nasce la partnership con Joselito, storico produttore iberico di prosciutti, arrivato ormai alla sesta generazione, il cui biglietto da visita è una carne di maiale dai sapori autentici, frutto di un processo produttivo rispettoso tanto dell’animale quanto dell’ambiente in quello che è un virtuoso scambio fra natura e attività umana. «La nostra è una produzione contenuta a livello di volumi. E questo perché da sempre la nostra azienda di famiglia punta su una produzione naturale, rispettosa del ciclo naturale. Non a caso, la disponibilità delle nostre carni è ridotta a tre mesi l’anno dal momento che il maiale, nutrendosi principalmente di ghiande all’interno di allevamenti estensivi e allo stato brado, non riceve altro nutrimento», spiega José Gomez, che ha ereditato la guida di Joselito dal padre.

 

Entrambi, da sempre, amanti dell’Italia e della tradizionale norcineria tricolore. A legare i due paesi, infatti, c’è l’arte del prosciutto che da Joselito si innalza a livelli di eccellenza superiori tanto da venire battuto all’asta con cifre che superano le migliaia di euro. Insomma, prelibatezze preziose ma non per questo esclusive. Anzi, proprio la nuova attenzione al consumo di carne (la cui sintesi estrema si ritrova nelle strategie dell’Unione Europea legate all’alimentazione dei cittadini come strumento per la prevenzione del cancro e, attraverso i progetti di Farm to Fork, di rispetto dell’ambiente) «ha fatto sì che anche in Spagna venisse finalmente sdoganato il maiale al ristorante», sottolinea Gomez.

 

E con esso ha riportato in auge anche un sistema di affinamento totalmente naturale, senza conservanti né additivi, che sembrava aver perso il passo rispetto al trend delle frollature estreme, quelle che vanno sotto il nome di dry aged. Questo processo di maturazione della carne prevede che la materia prima venga posta in appositi stagionatori a una temperatura controllata compresa fra gli 0 e i 4° C. Qui, per via della disidratazione, la carne assume man mano un aspetto più scuro segnale di una maggiore concentrazione di sapore e una maggiore tenerezza (dovuta all’abbattimento del tessuto connettivo). Poco a che vedere con il processo a cui è sottoposta la Chuleta. «In Spagna la maturazione della carne non è un fenomeno diffuso. Il progetto della Chuleta, per esempio, nasce solo tre anni fa. Per realizzarlo abbiamo messo in pratica quello che già facevamo con i nostri prosciutti. Quindi niente freddo artificiale ma utilizzo dell’aria delle nostre terre che crea una pellicola di muffe che, da un lato, impedisce ai batteri di entrare e, dall’altro, consente di affinare la carne un po’ come si fa anche per alcuni formaggi», spiega Gomez. Il risultato? Cotta ad alte temperature la Chuleta si scioglie in bocca e lascia un dolce retrogusto di prosciutto – con cui condivide il processo e il luogo di lunga stagionatura.

 

Una vera chicca all’interno del menu della Griglia Varrone: «Dal Black Angus al Wagyu, passando per le carni magre italiane come la Chianina o Fassona, la nostra proposta non ha mai preso seriamente in considerazione la frollatura. Certo, qualcosa c’è. La Rubia Gallega, per esempio, subisce un processo di maturazione di 20-30 giorni, non di più. Per noi resta centrale la freschezza e l’eccellenza della materia prima. Chi viene qui, oltre a un buon piatto di carne alla griglia (a cui non può mancare un purè di accompagnamento, specialità della casa ndr), vuole gustare una filiera il più naturale possibile, sincera, onesta, di cui ci si può fidare. A noi il compito di trasmettere il lavoro che c’è dietro», conclude Minutelli.