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La Savana nel piatto: arrivano bistecche di leone e sushi di zebra, ma sono sintetici

La Savana nel piatto: arrivano bistecche di leone e sushi di zebra, ma sono sintetici
Primeval Foods lancia una nuova gamma di carni realizzate in laboratorio. Benefici per l’ambiente, ma ancora in pochi pronti alla svolta
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Il sapore della Savana nel piatto senza sparare neanche un colpo di fucile né uccidere e macellare animali. Bistecche di leone, hamburger di tigre, sushi di zebra, prosciutto di giraffa: è la nuova frontiera della carne coltivata in laboratorio da cellule di animali vivi. A lanciare la nuova gamma di prodotti di cultured meat è la startup britannica Primeval Foods che ha programmato una serie di eventi a Londra e a New York per presentare al grande pubblico le sue nuove creazioni, definite dalla stessa azienda, con malcelato orgoglio, una rivoluzione simile a quella originata dalla scoperta del fuoco. Saranno alcuni ristoranti stellati londinesi contattati dall'azienda a inserire per primi nei loro menù questi nuovi tagli di carne in attesa che la legislazione dei vari Paesi ne consenta la vendita al dettaglio.

Dietro la scelta di rivoluzionare il mercato della cultured meat c’è una ferma convinzione: le persone vogliono assaporare nuove pietanze, provare nuove esperienze gastronomiche. Manzo, maiale, pollo e affini infatti sembrano non riuscire più a soddisfare la domanda di novità, ha spiegato a The Indipendent Yilmaz Bora, socio amministratore di Ace Ventures, lo studio londinese che ha creato Primeval Foods. La tecnologia consente di varcare nuove frontiere, anche in universi alimentari sconosciuti, provando a salvaguardare l’ambiente e senza uccidere gli animali. Provette e bioreattori in azione, dunque, per regalarci nuovi sapori: tigre siberiana, pantera nera, tigre del Bengala, leone bianco, rarità che possono sorprendere il nostro gusto e magari soppiantare la bistecca tradizionale.

Yilmaz Bora, fondatore di Primeval Foods
Yilmaz Bora, fondatore di Primeval Foods 

Ma come si realizza la carne sintetica? Utilizzando cellule ottenute da banche ad hoc o estratte in maniera indolore attraverso biopsie dagli animali vivi e nutrite, all’interno di bioreattori, con sieri di origine vegetale o animale che le trasformano in tessuto muscolare. Quella coltivata in laboratorio, quindi, è carne a tutti gli effetti ma cruelty free. Una tecnica che apre nuove prospettiva anche al mondo vegan: carne pulita, che non è più qualcosa di fantascientifico. Già nel novembre di due anni fa, infatti, The Chicken ha aperto un ristorante a Ness Ziona, vicino Tel Aviv, per testare, primo al mondo, un menù a base di burger di pollo artificiale con un numero chiuso di clienti privati. Ad oggi il principale ostacolo alla diffusione della carne coltivata resta il prezzo. Ma si sta lavorando per risolvere il problema. SuperMeat, l'azienda israeliana proprietaria di The Chicken, è riuscita ad abbassare il costo di produzione di un hamburger fino a 35 dollari, anche se solo il 50% della sua massa è composta da carne creata in laboratorio (il resto sono proteine vegetali). 


Ricerche di mercato stimano che il settore della carne coltivata potrebbe raggiungere un valore di 214 milioni di dollari entro il 2025 e 593 milioni di dollari entro il 2032 a fronte di un peso complessivo dell’industria mondiale della carne tradizionale di circa 2mila miliardi di dollari, secondo l'ultimo rapporto IDTechEx (società di consulenza inglese che si occupa di ricerche di mercato nel settore della tecnologia). Il settore delle alternative veg invece ha raggiunto un valore di 20 miliardi di dollari con una crescita prevista di altri 3 miliardi di dollari entro il 2024: la carne coltivata punta a entrare in entrambi i mercati. Il consumo globale di carne tradizionale è aumentato del 58% negli ultimi 20 anni, secondo una ricerca condotta dal World Economic Forum, si stima che ogni anno vengano macellati 50 miliardi di polli, un miliardo e mezzo di maiali, mezzo miliardo di pecore e 300 milioni di mucche. Per soddisfare una popolazione di oltre nove miliardi di abitanti, si stima che la produzione di carne aumenterà del 73% entro il 2050. Per sostenere questo livello di crescita, l’utilizzo di terreni dovrà aumentare tra il 30% e il 50%. Cifre impressionanti, rispetto alle quali però le persone nel mondo disposte ad un cambio radicale delle abitudini alimentari sono ancora troppo poche. Solo per fare un esempio, in Italia, vegetariani e vegani, dice l’Eurispes, sono appena l’8,9%; ancor meno, tra il 2% e il 5%, negli Stati Uniti.