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I tortellini solo in brodo? Non proprio, ecco 20 diverse versioni degli chef bolognesi

L'associazione Tour-Tlen riunisce alcuni dei migliori cuochi della città, ognuno con una propria interpretazione del piatto. La manifestazione a Palazzo Re Enzo, che il 5 e il 6 novembre diventerà la sede di "C'è più Gusto a Bologna", la prima grande festa de Il Gusto
2 minuti di lettura

Mentre si celebrano i festeggiamenti del santo patrono all’interno della chiesa di San Petronio, a pochi metri di distanza, nelle sale di Palazzo Re Enzo si celebra una cerimonia laica tutta dedicata al tortellino. Da 10 anni a questa parte l’associazione Tour-Tlen riunisce molti famosi chef bolognesi chiamati a interpretare alla loro maniera la più famosa pasta ripiena d’Italia. C’è chi propone la versione più classica in brodo, ma la maggior parte di loro dà spazio alla fantasia e crea piccoli scrigni con sapori nuovi e inaspettati. Le versioni più apprezzate di questi tortellini sono diventate talmente richieste da costringere alcuni chef a riproporli in tutte le edizioni di Tour-tlen e inserirli stabilmente in carta nei propri ristoranti.

 

Siamo molto distanti dalle polemiche di tre anni fa, che in molti ricordano, sul “tortellino dell’accoglienza” ripieno di pollo voluto dal Comitato per le manifestazioni petroniane di Bologna per chi non voleva o poteva mangiare il maiale. Quei pochi tortellini di pollo erano un gesto di integrazione di una città che non ha mai escluso nessuno, ma vennero cavalcati dalla politica e dai “gastropuristi” perché snaturavano una bellissima e antichissima tradizione, anzi un’istituzione bolognese. Guardando l’immensa fila di persone che cerca di entrare a Palazzo Re Enzo è facile intuire che i petroniani sono i primi ad apprezzare le variazioni sul tema e sempre meno li considerano un’eresia.

 

Come tutti sanno il ripieno dei tortellini tradizionali è a base di lombo di maiale, prosciutto crudo, mortadella, Parmigiano, uovo e noce moscata, come sancito dalla ricetta depositata nella locale Camera di Commercio il 7 dicembre 1974 e ribadito dal riconoscimento della De.Co. (denominazione comunale) dello scorso anno che ha fatto un ulteriore passo in avanti evidenziando i valori di filiera dei prodotti utilizzati secondo i principi di tracciabilità, sostenibilità ed etica.  Se il tortellino tradizionale di Bologna è sempre più tutelato, dall’altra parte si può dare sfogo alla creatività giocando su forme e ingredienti per soluzioni golose ed estrose. Non saranno “tortellini alla bolognese” ma sono sicuramente tortellini fatti a Bologna dai migliori chef bolognesi. E non è poco.

Si va dai superclassici in brodo proposti da diversi ristoratori, come Lucia Antonelli, la regina dei tortellini, a quelli altrettanto canonici, ma serviti in brodo di fagioli, di Carlo Alberto Borsarini, presidente dell’associazione Tour-tlen, che rievoca un’antica ricetta delle campagne emiliane. Sempre parlando di classici ci sono anche i tortellini alla panna della Cesarina, una vera istituzione petroniana: la proprietaria Cesarina Masi, emblema stesso della bolognesità in cucina, li aveva inventati agli inizi degli anni ‘40 nella trattoria di famiglia, portandoli poi nel suo ristorante in piazza Santo Stefano dove vengono serviti ancora oggi.

 

Sul filo della tradizione giocano anche i tortellini in brodo ristretto di faraona e fieno al profumo di tartufo con sferificazione di barbera di Vincenzo Vottero, una soluzione che ricorda l’aroma intenso di alcuni vecchi consommé, ovvero quei brodi concentrati che ormai fanno in pochissimi ed erano un vero segno distintivo di questo piatto. Se si dovessero eleggere i più eretici si potrebbe puntare su quelli dell’Acqua pazza di Francesco Carboni con i suoi tortellini di mare ripieni di branzino e riccio di mare, mantecati con burro di normandia, fumetto di canocchie e salicornia, che sorprendono per il loro gusto nitido e brillante, una delle interpretazioni più riuscite di questa manifestazione.

Non mancano gli scrigni di venere, deliziosi timballi monoporzione di sapidi tortelli della cantina Bentivoglio, oppure quelli in brodo ristretto di porcini, zucca, saba e crema di Parmigiano di Darcy (ex Officina del Gusto) che aprirà a breve in Strada Maggiore. Impossibile poi non divertirsi di fronte all’interpretazione del pranzo di Natale di Demis Aleotti (annunciato come prossimo inserimento nella guida Michelin) con i suoi tortellini conditi con crema di latte, speck arrostito e bagigi tostati - ovvero arachidi salate - che rappresentano il classico fine pasto delle feste.

 

La convivenza del tortellino tradizionale (sacro e intoccabile, per carità) con le altre versioni vagamente eretiche, dimostra che la cucina bolognese quando vuole sa ripensarsi in grande e vedere oltre le rigidità di chi vorrebbe un piatto sempre uguale a sé stesso replicato all’infinito. Per fortuna la gastronomia ci insegna che, pur mantenendo la barra ferma sulle tradizioni più celebri, è bello, sano e divertente uscire dagli schemi per sperimentare e innovare.