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Le ricette di Sora Lella e la carbonara con uovo intero e Parmigiano

Esce il libro di Renato Trabalza con le ricette della nonna: "Preparava il condimento sbattendo tutte le uova e i tuorli con quattro pizzichetti di formaggio e una presa di sale”
3 minuti di lettura

L'uovo intero, il guanciale e l'uso, nella stessa ricetta, di Parmigiano e pecorino. Parola (scritta) di Renato Trabalza, e se i “rigatoni alla carbonara” lui li fa così, c'è da prestare la massima attenzione: perchè è figlio d'arte e, ancor più, nipote. Le ricette sono di quella nonna che tutti avrebbero voluto, la Sora Lella, raccolte nel volume che esce il 19 ottobre per l'editore Giunti con un titolo quasi obbligatorio: “Annamo Bene”. Il libro fa rivivere, appunto, le ricette che Elena Fabrizi mai affidò alla penna, tramandandole esclusivamente a voce (a differenza del fratello Aldo, che scrisse più di un volume a tema culinario) e, facile crederlo, con il suo proverbiale incedere romanesco.

Renato Trabalza
Renato Trabalza 

Appunto, sfogliando il volume, 'anvedi' che la carbonara segue una liturgia tutta particolare: il nipote Renato, che oggi è al comando della cucina sull'Isola Tiberina, ribadisce l'importanza di mettere l'uovo intero, proprio come faceva la Sora Lella: “E questo – spiega - per averlo più protetto dalla coagulazione, potendo così salire di temperatura e far arrivare il piatto bello caldo e fumante senza che l'uovo stracciasse”.

La carbonara di Sora Lella
La carbonara di Sora Lella 

Il papà di Elena e Aldo aveva un cognome romanissimo: Fabbrizzi, doppie incluse. Morirà giovane, di polmonite. Non ancora Sora Lella, Elena crescerà respirando i profumi di una Roma verace, che faceva la spesa al mercato e mangiava in trattoria. Renato Trabalza, il marito, che prima lavorava al mattatoio di Testaccio, è anche il compagno di viaggio della sua avventura di ristoratrice e cuoca, che non abbandonerà nemmeno negli anni dei successi cinematografici. Anzi, bando ai cestini della produzione, lei riuscirà a cucinare pentolate clandestine di pasta anche nei backstage delle riprese.

Nella cucina di Sora Lella (ph. Marco Varoli)
Nella cucina di Sora Lella (ph. Marco Varoli) 

Il volume parte proprio dalle atmosfere che ancora si possono trovare nella trattoria di famiglia sull’isola Tiberina a Roma, oggi gestita dai quattro nipoti: Renato, Mauro, Simone ed Elena: il libro è nato da loro, con l’aiuto di Francesca Romana Barberini, scrittrice enogastronoma e il lavoro di ricerca e stesura delle ricette fatto da Renato.

 

“Girano un sacco di ricette fasulle della pasta di nonna” racconta lo chef-autore. “Lei la carbonara la faceva con il guanciale, e assolutamente senza panna”. E anche da questo nasce la volontà di mettere nero su bianco quella tradizione che si fonde con una romanità verace. Scrive Carlo Verdone nella prefazione, parlando di lei: “Una delle maschere piu? incisive della citta? eterna. Sul suo viso, nella sua mole, nell’andatura lenta e dondolante, nel suo modo di parlare schietto, pieno di espressioni dialettali quasi ottocentesche, belliane, si condensavano tutti gli elementi di una vera donna del popolo di altri tempi”.

Un aneddoto ancora sconosciuto lo racconta al telefono Roberto Restelli, ex direttore dell'edizione italiana della guida Michelin: “Era l'inizio degli anni Settanta e un collega ispettore andò a provare il ristorante sull'isola Tiberina. Alla fine si qualificò come ispettore della guida. Sora Lella lo guardò negli occhi e rispose semplicemente: “Embè?”. Insomma, il titolo del volume è sicuramente azzeccato. Personalmente ho bellissimi ricordi di quel locale”.

L'Isola Tiberina (ph. Marco Varoli)
L'Isola Tiberina (ph. Marco Varoli) 

Ma torniamo alla carbonara: Trabalza ricorda che nonna Elena preparava il condimento sbattendo tutte le uova e i tuorli “con quattro pizzichetti di formaggio e una presa di sale”. Il guanciale, invece, lo si taglia in fette di tre centimetri, prive della cotenna, e affettate a rettangoli con uno spessore di due-tre millimetri: si cuociono “nel proprio grasso” finchè risultino dorate e croccanti, quindi vengono “sfumate con il vino bianco secco” e con la spinta del pepe macinato al momento”.

 

Il resto del procedimento segue i canoni consolidati: rigatoni cotti al dente, scolati e passati in padella, dove vengono saltati con il guanciale in modo che prendano sapore. Dopodichè, “spegnete il fuoco e continuate a far saltare per togliere calore alla pasta”, evitando di fare “stracciare” le uova come in una frittata. La salsa con le uova e formaggio, invece, va aggiunta dopo un minuto di stemperaggio e con un po' di pecorino grattugiato. Altro trucco: “Se vedete che non si addensa abbastanza, riaccendete la fiamma, ma non tenete la padella a contatto col fuoco”. Il restante pecorino, invece, va aggiunto una volta impiattata la pasta, con un pizzico di pepe.

La copertina del libro
La copertina del libro 

Il libro, racconta ancora il nipote Renato Trabalza a Il Gusto, “prende spunto dai racconti della nonna, ma anche da uno scritto di nostro padre che uscì nel 2007. Le ricette le ho codificate partendo da quella tradizione tramandata nel quotidiano, di vita vissuta. Sono i segreti della semplicità, come la crema della 'cacio e pepe' fatta solo e soltanto con acqua di cottura, pepe e pecorino. Oppure lo sgrassamento della coda alla vaccinara”, altro elemento portante della cucina romana, presente nel volume anche in versione ragù (con pinoli, uva sultanina e cioccolato fondente). Le ricette ripercorrono una tradizione scevra da voli pindarici, destrutturazioni, rivisitazioni del caso o dissertazioni varie: davanti alle quali, l'immancabile “annamo bene, proprio bene” della Sora Lella avrebbe preso, decisamente, tutt'altro sapore.