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Cogne, quegli antri preziosi dove affinare vini e formaggi

L'interno delle miniere valdaostane
L'interno delle miniere valdaostane 
Tre cantine valdostane, Cave Mont Blanc de Morgex et de La Salle, Cave des Onze Communes e la Crotta di Vegneron, più la Centrale del Latte della Valle d’Aosta, rispondono all'appello della cooperativa. Nascono così etichette uniche invecchiate in alta quota 
4 minuti di lettura

Con i loro 2 mila metri d’altitudine, le miniere valdostane di Cogne sono le più alte d’Europa, e vantano un’estensione, in termini di gallerie, di oltre 140 km. Un patrimonio davvero unico e identitario, destinato già in parte, dopo la loro chiusura nel 1979, a favorirne la conoscenza tramite visite guidate con un trenino, che meritava, però, ulteriori forme di valorizzazione. Da qui, l’idea della Cooperativa Mines de Cogne, dopo accurati studi e rilievi in termini di temperatura e umidità delle gallerie di magnetite (dalle quali si estraeva il ferro), di rendere queste preziose cavità dei luoghi idonei anche all’affinamento dei vini e dei formaggi. E, in particolare, sono risultate idonee le gallerie dell’ex polveriera, dove venivano conservate micce ed esplosivi, a una temperatura costante di 4/5 gradi e umidità del 93-94%.



All’appello della cooperativa per sperimentare l’affinamento ad alta quota, hanno risposto con entusiasmo tre cantine valdostane: la Cave Mont Blanc de Morgex et de La Salle, la Cave des Onze Communes e la Crotta di Vegneron. Ma anche la Centrale del Latte della Valle d’Aosta con il suo Bleu d'Aoste. Qualcuno si chiederà perché non la fontina, ma il motivo è presto detto. Può capitare, data la quota delle miniere, che durante l’inverno le condizioni climatiche proibitive impediscano di raggiungerle per settimane, perciò qui possono essere conservati generi che non necessitano di trattamenti quotidiani o settimanali.



Non saprei dire, scientificamente parlando, quali possano essere gli effetti dell’affinamento in miniera o in ambienti isolati (in fondo al mare o a un lago), ma è certo che i sei vini assaggiati a Cogne il 9 di dicembre erano perfetti nella loro tipicità, quasi che l’affinamento si sia svolto nella maniera ideale. Tutto coerente con la tipicità che ci aspettava. Ora, per chi avrà la fortuna di assaggiare questi vini delle miniere, magari dopo aver fatto visita al Museo dedicato che ha bellissimi spunti di interattività, potrà toccare con mano questa affermazione qualitativa. Il mio è stato un doppio assaggio: al banco, nei locali del museo, dove il primo impatto è stato quello di trovarsi di fronte a dei prodotti decisamente interessanti e poi in silenzio, nell’ufficio con i sei campioni messi nelle condizioni di temperatura ideali. 

Si inizia con la Cave Mont Blanc che ha pure una cantina dentro la clamorosa funivia (la stazione di mezzo) che porta di fronte al Bianco. È l’unica azienda in Valle d’Aosta a produrre spumante metodo classico a denominazione di origine controllata. Le loro “bollicine dei ghiacciai” seguono una prima vinificazione in inox e legno grande e una seconda fermentazione del vino in bottiglia.

Cave Mont Blanc spumante
Cave Mont Blanc spumante 


Per noi lo Spumante metodo classico Extra brut 2019 (degorgement 2021) frutto di uve priè blanc al 100%. Alla vista ha un colore giallo paglierino brillante tendente al dorato. Piacevole fin dal naso, dove emerge nitida la mela bianca fresca (avete presente quando la si taglia a metà?), ma anche la nespola. Il sorso è pieno, fragrante nelle note aromatiche di frutta, che si arricchiscono di sfumature agrumate (cedro). Il finale è sapido, persistente. Davvero un gran bel sorso.

Blanc de Morgex et de La Salle 2020
Blanc de Morgex et de La Salle 2020 


Il Blanc de Morgex et de La Salle 2020 ha colore giallo paglierino carico, di bella consistenza. Qui a colpire è la frutta esotica (si intuisce il mango), anche se non manca un affondo erbaceo (erba sfalciata). In bocca c'è corrispondenza con l’aroma esotico e torna ancora la nota sapida, molto più accentuata del campione precedente, prodotto con le medesime uve a piede franco. 

Muscat
Muscat 


De La Crotta de Vegneron, realtà cooperativa (oltre 50 soci) che raccoglie le uve di due importanti zone di produzione che danno il nome alle denominazioni di origine Chambave (che comprende anche i comuni di Châtillon, Pontey, Saint Vincent, Saint Denis e Verrayes) e Nus (qui i comuni di Quart e Fénis), è stupendo il Chambave Muscat 2020, moscato bianco in purezza, che del genere assaggiato un po’ in tutta Italia, rappresenta il campione più compiuto e soddisfacente, anche dal punto di vista “gastronomico". Ha colore giallo paglierino; al naso l'aromaticità del vitigno è un tripudio di profumi, che si aprono e si chiudono con la balsamicità della salvia, mentre in mezzo spunta il glicine e il frutto della passione. In bocca torna la salvia, ma si aggiungono i fiori di zagara, per un sorso vellutato che si chiude lievemente amaricante, senza però essere eccessivo. Anzi, sembra quasi che ci sia un leggero residuo zuccherino, che rende il tutto più piacevole, senza diventare stucchevole da una parte e amaro dall’altra. Complimenti all’enologo per questa interpretazione.

Fumin
Fumin 


A seguire il Fumin 2017, affinato per 12 mesi in legno grande e piccolo di differenti essenze, ha colore rubino concentrato, e al naso è pure un concentrato di frutta rossa ancora fresca, di notevole intensità. Poi arriva una nota balsamica, che ritorna anche in bocca, ma è ancora la frutta ad essere protagonista. Si intuisce un'ulteriore evoluzione, che porterà verso il sottobosco e il sotto spirito, mentre i tannini più marcati garantiscono altri anni di buona salute, per un vino ancora giovane, intrigante, che a me è piaciuto molto. 

Tocca ora alla Cave des Onze Communes, realtà cooperativa di 160 soci che opera su 63 ettari di vigneti, estremamente parcellizzati, distribuiti sul territorio di 11 Comuni. La loro scelta di affinamento in miniera è ricaduta su un Petite Arvine 2020 di una pienezza che non t’aspetti. Fa una breve macerazione delle bucce a bassa temperatura per esaltare le note fruttate e la sapidità. L’imbottigliamento viene effettuato a partire dal mese di marzo successivo alla vendemmia. Ha colore oro; tuffi il naso nel bicchiere e dici: “Ananas!”, molto intenso e persistente. Il sorso è rotondo, la frutta si sente integra, quasi masticabile nella sua polpa fragrante, reso più interessante dalla sapidità quasi “salina”, con un finale ammandorlato che cede anche a una sottile speziatura, elegante.



Il Torrette Superiore 2020, da uve petit rouge 80%, con percentuali minori di mayolet, cornalin e fumin, è affinato per due terzi in legno e la restante parte in acciaio. Ha colore rubino; i profumi intensi sono quelli dei piccoli frutti (fragolina di bosco). Il sorso colpisce per la sua rotondità che avviluppa la bocca. C'è una buona freschezza che allunga il sorso, prima di uno strascico amaro tipico (qui i tannini sono ben amalgamati).

Le etichette di questi sei vini - in tema minerario - sono state realizzate dall’artista Barbara Tutino.

 Al termine degli assaggi la sensazione è che la miniera abbia favorito una lenta maturazione, quasi a smussare le asperità per esaltare il frutto. Non c’è certezza su questa corrispondenza causa-effetto, certo è che i sei vini avevano dentro la perfezione che ti aspetti da queste tipologie. W la miniera!