E se i pranzi e le cene durante le feste fossero nel segno della stagionalità dei prodotti? Si sta diffondendo sempre più l'idea di apparecchiare la tavola rispettando i cicli della natura e puntando a un menu assolutamente stagionali. Significa che dall’antipasto al dolce si gustano ingredienti di stagione, dalla verdura alla frutta e dalla carne al pesce.

E sì, perché non c’è solo il mondo vegetale legato alla terra, a semine e raccolti, a seguire il calendario nel piatto ma anche gli animali e gli abitanti del mare hanno i loro periodi d’eccellenza per essere ancora più apprezzati. Ed è in questo momento dell’anno che i sapori vanno celebrati con tutti gli onori. E rispettati. Iniziando dal cesto di vegetali, ortaggi e frutti che offrono il massimo delle loro caratteristiche fra principi attivi e sostanze nutrienti nella stagione d'elezione che non al di fuori del proprio arco temporale ideale o in serra. Subiscono in misura minore attacchi di insetti e parassiti e hanno bisogno di meno pesticidi per arrivare a una maturazione ottimale. E sono “naturalmente” più buoni. Quindi niente pomodori, fagiolini o zucchine nell’insalatiera, ma broccoli, cavolfiori, barbabietole, sedano rapa, carciofi, topinambur. In rete si trovano diversi calendari della tavola mese per mese e non c’è che l’imbarazzo della scelta.
A volte accade che si trovino ingredienti di confine fra una stagione e l’altra. Un esempio per tutti la zucca squisitamente autunnale che negli ultimi anni con il cambiamento climatico arriva fino a dicembre inoltrato per approdare ai pranzi durante le feste, come ricorda la chef Cristina Bowerman che ama proporla durante le feste. «Il mio menu di stagione - racconta - può iniziare con una crema di questo ortaggio che per me rappresenta l’inverno, continuare con una pizza con sedano rapa e melograno. E poi non devono mancare la scarpette, le gustose seppioline che tanto mi riportano alla mia terra, la Puglia».

Le seppie, insieme a calamari, triglie, saraghi, sgombri e dentici e a sono il tesoro di mare della stagione invernale. Perché, va ripetuto, anche i pesci seguono una loro stagionalità da rispettare per tutelare le varie specie ittiche non consumandole nella loro stagione riproduttiva. Come accade per il pesce azzurro (da preferire al solito salmone) protagonista nelle scorse settimane della prima “Fiera enogastronomica” della Costa Viola che punta a valorizzare il pescato di questa fetta di Calabria e i suoi prodotti tipici a Bagnara Calabra. Qui lo chef Nino Gramuglia consiglia come piatto principe del menu natalizio, dalla vigilia in poi, una lampuga con broccoli e topinambur: «Si può servire anche con gli agrumi come il nostro bergamotto, l’arancia o il mandarino che stanno bene anche con la sardina, il palamita, lo sgombro e il tombarello, tutti pesci di stagione. E con il nostro torrone speciale, l’unico Igp d’Italia».

E la carne? Il re stagionale del Natale è il cappone come ribadisce lo chef Massimo Camia che, nel cuore delle Langhe, propone i cappelletti con il volatile nel suo brodo ristretto: «Viene allevato perché sia pronto in questo periodo - spiega -. Il top è il nostro cappone di Morozzo (in provincia di Cuneo, ndr). Non ci sono uguali...». Nel suo pranzo da calendario lo chef piemontese serve anche i carciofi confit con il filetto di cervo marinato e affumicato e spuma di robiola di Roccaverano. E un altro simbolo d’inverno come la castagna offerta come dessert nel Mont Blanc con meringa, castagne di Garessio e marroni. Sul versante carnivoro non si può dimenticare il maiale che viene macellato tradizionalmente nei mesi più freddi dell’anno, da dicembre a febbraio, per esigenze di conservazione (una volta non esisteva il frigo).
«Qui da noi in Veneto - racconta lo chef Lorenzo Cogo - “far su el màsc’cio”, come chiamiamo il maiale, è il momento in cui le famiglie e gli amici si ritrovano per fare gli insaccati e bere un buon bicchiere di vino in compagnia. Fra i piatti della tradizione di grande stagionalità, oltre al risotto alla trevigiana con il radicchio rosso invernale, ci sono gli “ossi de màsc’cio”, bolliti e serviti con sale grosso da mangiare con le mani. E poi il fegato con la retina di maiale. Un tempo si faceva il sanguinaccio con il sangue. Ma adesso è vietato».