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Calabria, la sfida (vinta) dell'olio sostenibile che salvaguarda il territorio

Calabria, la sfida (vinta) dell'olio sostenibile che salvaguarda il territorio
L'azienda agricola Pata si è fatta capofila di un gruppo cooperativo che ha come mission principale il recupero della biodiversità della regione, anche e soprattutto in zone difficili
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Non solo consorzi e marchi, contenitori dietro cui si cela spesso il vuoto pneumatico, ma l’idea (e la pratica) di una rete di produttori in campo per portare, anche fuori dai confini calabresi, un’idea di extravergine biologico e tracciabile, con olive raccolte a mano ed estrazione a freddo. E, in aggiunta, l’unicità degli oli aromatizzati con materie prima dai sentori mediterranei. Quella dell’azienda agricola Pata è una realtà con pochi simili in Calabria per come persegue politiche aziendali di sostenibilità economica e sociale ma anche ambientale: quindici anni fa, precorrendo i tempi bui delle bollette d’oro, l’azienda – a conduzione familiare fin dalla sua fondazione nel 1910 – ha puntato sull’auto-sostenibilità energetica, con una visione a impatto innovativo in uno dei territori più devastati dalla ‘ndrangheta: Limbadi.


Una sfida nella sfida, a tratti eroica, come vedremo, e avvincente come quella degli olivicoltori under 40 raccontata di recente da ilGusto. Un olio Igp Calabria è da qualche mese sugli scaffali del gruppo Coop (private label), ma è in vendita anche la bottiglietta monodose nel kit con olio, aceto e sale più il fazzoletto e la forchetta (in Italia sono solo tre le aziende impegnate in questo tipo di produzione), presente nelle insalate di Orti di Puglia e nella rete Gdo (Despar e Coop) oltre che nei principali aeroporti e stazioni ferroviarie (My Chef). Tre i frantoi interessati – uno a Vibo Valentia, uno a San Demetrio Corone (Cs) e uno a Cotronei (Kr) – e 18 i conferitori: di questi, otto fanno parte della filiera e dieci sono fornitori che vengono valutati di anno in anno sulla qualità. Essendo sparse su un territorio molto esteso che abbraccia quattro province, le aziende coinvolte assicurano ciclicamente una campagna di raccolta florida tutti gli anni: "L’estensione territoriale della filiera è funzionale alla stabilizzazione del prodotto in termini di qualità e quantità – spiega Renato Pata –, e in questo ci aiuta molto la conformazione della Calabria, una striscia di terra lunga e con notevoli variazioni climatiche. A rotazione si possono raggiungere gli obiettivi prestabiliti: un anno la raccolta può dare ottimi risultati nel Vibonese ma non nel Cosentino, mentre l’anno successivo questo scenario si può invertire. Essere presenti in quasi tutta la regione è fondamentale tanto per i numeri quanto per lo standard qualitativo alto che riusciamo ad assicurare. I conferitori sono parte attiva del percorso e sono fondamentali nel garantire l’assoluta tracciabilità della materia prima. Perché le olive sono tutte buone, ma i produttori no. Non solo: la raccolta, il processo e il trasporto possono compromettere la qualità del prodotto".

 

Renato Pata
Renato Pata 

In una regione dalla spiccata biodiversità, che nel settore olivicolo significa una settantina di varietà, la rete di cui Pata è capofila conta 760 ettari divisi tra Carolea (duttile, dolce e generosa, è la “principessa” calabrese, benché non endemica), la dolce di Rossano, la Ottobratica con la sua carica polifenolica molto alta, e dunque per bocche educate, e infine la cultivar calabrese Ciciarello. I tre capisaldi dell’Igp di Calabria, rigorosamente biologico. Il 100% italiano qui è la norma da oltre un secolo, ben prima che il concetto di sovranità alimentare entrasse in agende politiche trasversali (Carlo Petrini ha rivendicato una battaglia poi fatta propria se non scippata dal governo Meloni, con tanto di delega ad hoc ). Raccolta manuale ed estrazione a freddo fanno il resto: "Il consumatore è mediamente abituato a olii piatti, processati e normalizzati, la nostra sfida è educare più gente possibile al gusto, alzando l’asticella e controllando tutta la filiera", conclude Renato Pata. 

 

Ci sono, poi, gli aromatizzati, che l’azienda produce dagli anni Cinquanta e che da qualche tempo sono anche nel Pantheon di un marchio del calibro di Alce Nero, impegnati a occupare fette di mercato estero sempre più ampie: quindici anni fa il salto di qualità, con la creazione di macchine ad hoc per la produzione di una linea dal nome alquanto evocativo: "Ne “Le opere e i giorni” Esiodo ha tradotto in poesia la cura per la terra e il rapporto con l’uomo che tanto gli dona – spiegano dall’azienda –. Ci siamo lasciati ispirare dal poema di Esiodo e dai profumi del nostro Mediterraneo". I prodotti di questa linea sono ottenuti dalla molitura contestuale di olive appena colte e frutti freschi di Calabria come il limone, il mandarino e il bergamotto (nel 2012 i Pata sono stati premiati in Inghilterra come i migliori produttori al mondo del condimento al bergamotto); altri oli sono aromatizzati al rosmarino, basilico, cipolla rossa di Tropea Igp, peperoncino e infine aglio, pepe nero e aceto balsamico di Modena. "Il nostro è un processo naturale che avviene direttamente nel frantoio, senza aggiunta di aromi esterni, nessuna macerazione né utilizzo di olii essenziali". Quattro i passaggi della produzione: raccolta manuale, frangitura contestuale, estrazione a freddo e decantazione naturale. 

 

La sede commerciale dell’azienda è a Bologna, ma aver deciso di mantenere il presidio principale a Limbadi è stata una scelta di campo, un po’ come quella di Unirimi, il centro intitolato a Rossella Casini in un bene confiscato del centro del Vibonese noto anche per essere sede di Caffo, colosso internazionale dei liquori. Se nel caso di Unirimi (Università della Ricerca, della Memoria e dell’Impegno) la pratica quotidiana della legalità è declinata attraverso l’esempio della studentessa universitaria fiorentina legatasi sentimentalmente a un uomo rivelatosi successivamente esponente della malavita calabrese, quando si parla di Pata si devono raccontare pratiche innovative come la tutela della biodiversità delle tenute, messa in atto già dal 1998; la fitodepurazione delle acque di processo attiva dal 2001; la scelta dell’abolizione della chimica fertilizzante dal 2003; l’autonomia energetica dal 2008; la realizzazione di una filiera agro-economica ad alto valore aggiunto che dal 2019 fa rete sul territorio regionale iniziando col mettere insieme 8 aziende diffuse tra Cosenza, Catanzaro, Crotone e la stessa Vibo (per un totale di 450 ettari) e due frantoi oleari (su Catanzaro e Crotone). Ogni azienda agricola partecipa al progetto dando evidenza del numero delle piante coltivate e della varietà, della coltura e della potenzialità produttiva espressa in quintali di olive: tutti i soggetti della filiera sono vincolati a protocollo e verifiche della Iso 22005, un contratto sottoscritto a quattro mani dalle aziende agricole, dalla Coldiretti, da Filiera Agricola Spa e da famiglia Pata.

 

Tra gli obiettivi c’è poi l’incentivazione dell’olivicoltura eroica, che produce una gamma di oli di eccellenza in quantità limitata, unica nel panorama oleario italiano. "Con gli oli da agricoltura eroica e i condimenti fruttati al naturale, una ricetta di famiglia, vogliamo farci apprezzare, oltre che per il pregio dei prodotti, anche per la fatica impiegata per ottenerli". Il concetto di agricoltura eroica, censita anche dal ministero delle Politiche agricole, rimanda a situazioni di agricoltura praticata in condizioni estremamente difficili: appezzamenti il cui abbandono da parte dei produttori sarebbe la scelta più semplice ed economica da fare. L’azienda calabrese si è data il compito di preservare gli uliveti per le generazioni che verranno nei luoghi particolarmente impervi, coltivati solo a mano.  Si tratta di terreni scoscesi e dunque diseconomici – come ce ne sono tanti in Calabria – che raccontano il fenomeno dell’emigrazione oltre che della graduale e inesorabile scomparsa della sapienza contadina: un patrimonio che questo progetto tenta di rilanciare e preservare. Riattivare questi terreni ha anche una ricaduta ambientale, oltre che socio-economica: è come assicurare una manutenzione del territorio, peraltro in una zona ad alto rischio idrogeologico. Oggi l’agricoltura eroica si pratica su una decina di ettari sparsi in una quindicina di terreni nel Vibonese, ed è stato creato un marchio per l’olio da agricoltura eroica con Slow Food e Coldiretti Fdai (“Firmato dagli agricoltori italiani”). Biologici ed eroici.