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Trigu: l'alta cucina a Sassari tra coraggio e buone idee

Trigu: l'alta cucina a Sassari tra coraggio e buone idee
Vincenzo Russo, già allievo di Antonino Cannavacciuolo a Villa Crespi e al Bistrot di Torino, si è trasferito sull'isola. Porta a tavola un menù che intreccia una fortissima vena campana con la terra di approdo
2 minuti di lettura

Baccalà, pomodori, olive e capperi. Un concentrato di mediterraneità campana, un piatto povero e casalingo racchiuso in un morso essenziale ed elegante. Tutto su una tavola sarda, nel centro di Sassari. Quella gestita da Vincenzo Russo, giovane chef pieno di talento che sul curriculum vitae vanta sette anni nella cucina del Villa Crespi e una lunga esperienza come sous-chef nel Cannavacciuolo Bistrot di Torino. Poi il suo nome ricompare nella città che ha dato i natali a Enrico Berlinguer, Antonio Segni e Francesco Cossiga (e, di fatti, non lontano dalle case né del Segretario né dei due Presidenti), fuori da qualsiasi rotta gastronomica, in una città che non offre particolari alternative di livello. Ma ben saldo al timone del suo Trigu

 

Trigu, ovvero grano, in sardo. Un nome di un ristorante che fa pensare a un ristorante ben saldo con le radici nelle tradizioni. E in parte è così. Dopo alcuni passaggi di timone, tra cui una brevissima consulenza di Anthony Genovese, il grano sembra finalmente aver germogliato. Anche se la tradizione di cui parlano i piatti non è sarda ( non totalmente almeno, e proprio per questo riesce a portare l'offerta al di sopra della media dei ristoranti tradizionali locali) ma un fusion tutto mediterraeo, che gioca tra belle idee e qualche citazione. Il tutto con uno stile pulito, gentile, senza piatti eccessivamente roboanti o auto compiacenti, bensì con esecuzioni lineari e esperimenti coraggiosi. E indovinati. 

 

Il piatto bandiera del menu invernale è sicuramente il Baccalà che abbiamo citato in apertura. E che apre il menu degustazione da 9 portate (che si porta a casa con un rapporto qualità prezzo decisamente notevole), regalando in un solo morso la completezza del piatto napoletano, spogliandolo dalle ingenue concretezze della cucina popolare per renderlo più leggero e contemporaneo, senza però privare il morso né della sua grassezza originale né di nessuno dei suoi sapori. Il Muggine Ostriche e Champagne rielabora lo stesso procedimento creativo portando però a nord il Muggine, che è di casa molti chilometri più a sud, negli stagni di Cabras e lo rende una pelle soffiata, appoggiandola su cime di rapa, ostrica e champagne. 

 

Le perle del mare
Le perle del mare 

Il pasto verrà accompagnato dalla sala, professionale e attenta (anche se in alcuni tratti del personale leggermente ingenue nei modi). Se non scegliete il menu a mano libera e volete invece pescare dalla carta, fate attenzione che nel percorso ci siano Le perle del mare (gnocchi di sgombro e lattuga di mare, crema di patate) un piatto tanto creativo nell'essenza della ricetta quanto estroso nell'estetica (la crema di patate è con il nero di seppia) e soprattutto piacione al gusto, affascinante e sornione. Elemento che non sempre si abbina ai piatti di ricerca. Le Tagliatelle di ceci, 'nduja e vongole sono golose, ma a volte potrebbero risultare lievemente scivolose verso la 'nduja. Decisamente creativo il Wellington di rapa, cavolfiore e liquirizia: creativo e coraggioso, dove la liquirizia lega elementi apparentemente slegati e incollegabili tra di loro, creando una sinfonia vegana decisamente convincente. 

 

Sottobosco
Sottobosco 

 

Da non dimenticare i dolci, tutti firmati Paolo Ecca, il pastry chef della struttura (nonostante il predessert possa essere migliorato). Dopo l'esperienza al Corsaro, ristorante Stella Michelin del capoluogo di regione, a Trigu porta dolci moderni ma non troppo, che sanno veramente di dolce nonostante le frequenti incursioni con altre tipologie di ingredienti. Come in Sottobosco (che strizza l'occhio all'autunno, ma funziona benissimo anche in inverno): un dolce al cioccolato ottimamente fatto, che però a ogni cucchiaiata si incontra con porcini e tartufo in polvere. Nessuno degli ingredienti emerge troppo e tutti si sposano in un equilibrio perfetto. 

 

Un ottimo inizio ( magari quello giusto per questo ristorante che comincia ad avere una cifra stilista interessante). E siccome Trigu solitamente in un detto sardo diventa sinonimo di fortuna, è proprio buona fortuna che auguriamo allo chef e alla sua squadra.