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Venezia e il vino, un evento per celebrare un amore senza fine

Dal 28 al 30 gennaio l'appuntamento con "Wine in Venice". L’assessore al Turismo Simone Venturini: «Laguna meta enogastronomica mondiale: stiamo riscoprendo le nostre radici»
2 minuti di lettura

L'imperatore bizantino Costantino VII Porfirogenito nel X secolo racconta che per sfuggire ad Attila i contadini e gli artigiani dell’entroterra veneto fuggirono nelle isole della laguna veneziana, da Torcello a Mazzorbo, fino ad allora pressoché disabitate. E con sé portarono la cultura della vite. Venezia ha un’anima agricola, un passato rurale millenario di cui ancora oggi si conservano le tracce: la città lagunare è ricca di orti e vigne.

Vignole, isola a pochi minuti da Murano (@lagunanelbicchiere.it)
Vignole, isola a pochi minuti da Murano (@lagunanelbicchiere.it) 

Li trovi dove non te l’aspetti, in un chiostro, alla fine di una calle, dentro una pizzeria, sul bordo di un canale. Coltivazioni che nei secoli sono state contaminate dall’urbanizzazione, ma mai estinte. Con il vino, prodotto e consumato, filo conduttore di un percorso storico in cui il legame con i veneziani non si è mai spezzato. Oggi più che mai quella catena torna a vibrare: dal 28 al 30 gennaio, a Venezia si svolgerà Wine In Venice, Red Carpet del vino, protagonista in location straordinarie quali la Scuola Grande della Misericordia e il Palazzo Ca’ Vendramin Calergi. Nei tre giorni dell’evento, venti cantine, una per regione, selezionate da 18 esperti, proporranno in degustazione i propri vini. E tante personalità del mondo enoico saranno al centro di un dibattito su etica, sostenibilità e innovazione. Con il Comune di Venezia a fare gli onori di casa. 

Wine in Venice, tre giorni in Laguna per scegliere il futuro del vino: il teaser

«La qualità dei nostri prodotti, come il vino, fa parte dell’anima di Venezia e sta acquisendo sempre più peso nell’offerta turistica – dice l’assessore comunale al Turismo Simone Venturini – Il recupero degli antichi vitigni che hanno caratterizzato le isole e gli antichi monasteri del centro storico e della laguna, oltre che il lavoro di tanti professionisti che hanno fatto di Venezia la loro casa, concorrono a inserire la città nella mappa delle grandi destinazioni enogastronomiche mondiali. Per sapere com’eravamo e come saremo a Venezia stiamo riscoprendo le nostre radici, letteralmente».

 

Persino in Piazza San Marco fino al 1100 c’era una vigna. Il vino a Venezia nell’antichità è materiale di scambio, è disinfettante, conservante. E ne vengono consumate quantità pro capite così importanti, che nel Trecento, come racconta Carlo Favero in “Il vino nella storia di Venezia”, ne viene vietato il consumo all’osteria. «All’epoca l’uso pro capite era di 8 litri – spiega Roberto Cipresso, winemaker veneto-toscano di fama internazionale, ospite a Wine in Venice – E prima che i dogi dragassero i canali, era usato per tenere lontani virus e batteri». 
Nel tempo, l’amore dei veneziani per il vino cresce, non solo per la Dorona, uva bianca autoctona dall’anima gentile, sopravvissuta persino all’acqua alta del 1966, ma anche per Malvasia, Trebbiano, rossi istriani (è per commerciare la Malvasia dell’isola di Candia – all’epoca colonia greca della Repubblica di Venezia – che il nobile Pietro Querini nel 1431 naufraga sulle isole Lofoten, importando baccalà, diventato cardine della cucina veneta). E diventa un must bere un’“ombra”, cioè un bicchiere così detto perché sorseggiato sotto il campanile di San Marco, con gli osti che spostavano i chioschi per sfruttarne l’ombra.

Il vigneto alla Giudecca (@www.lagunanelbicchiere.it)
Il vigneto alla Giudecca (@www.lagunanelbicchiere.it) 

Oggi Venezia è l’Eden dei vini naturali e biologici, prodotti e consumati. Il centro e le isole sono costellati di vigne per lo più legate a conventi medievali, che somigliano più a giardini, ville ed eleganti tenute. Una di queste è Venissa, progetto nato nel 2002, quando Gianluca Bisol investe a Mazzorbo e segna la rinascita della Dorona. C’è poi L’Orto di Venezia di Michel Thoulouze, a Sant’Erasmo. E c’è la Laguna nel bicchiere, nata nel 2008 da un’associazione no profit di 300 soci, cresciuta nelle scuole, che recupera e preserva le vigne, ed è fra i fondatori di Urban Vineyards Association con Villa della Regina di Torino. «Oggi gestiamo un vigneto nell’ex convento dei Camaldolesi nell’isola di San Michele dove c’è la cantina e dove coltiviamo Dorona, Glera, Malvasia; uno presso la chiesa di Sant’Elena con Merlot e Cabernet e una vigna alle Vignole con Verduzzo Dorato, Glera e Trebbiano – spiega Renzo De Antonia, presidente di Laguna nel bicchiere – Inoltre, produciamo il vino Bacò delle Streghe con l’uva della vite della pizzeria “Alla strega” in Barbaria de le Tole». Vigne a cui si aggiungono altri gioielli custoditi dal Consorzio Vini Venezia, come il giardino degli Scalzi. «A Venezia spesso si restaura solo ciò che diventa hotel – prosegue De Antonia – Noi preserviamo il paesaggio. Si lavora, poi ognuno porta qualcosa e si mangia insieme». Un’emozione senza fine.