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Le mille sfumature del brodetto: i sapori dell'Adriatico da Grado a Termoli

Il brodetto marchigiano
Il brodetto marchigiano 
È il cibo dei pescatori che nasce povero e arriva a conquistare le tavole degli stellati. Dalle coste abruzzesi al Veneto: le differenze trovano un fil rouge nella scarpetta
2 minuti di lettura

A volte si tratta di un’opera gastronomica che segue canoni fissi; in altri casi è un piatto di recupero, preparato con l’invenduto di una notte di pesca o con le pezzature di scarto. Ma è indubbio che il brodetto di pesce sia un esempio della straordinaria biodiversità marinara che corre lungo le coste italiane, in particolare quelle dell’Adriatico (anche se in stretta parentela con zuppe di pesce e cacciucco che si rintracciano in tutto il Mediterraneo tricolore). Le sue varianti raccontano storie eroiche di pesca, di resistenza e di povertà che salgono da Termoli fino a Grado e sconfinano anche oltre, sulla costa istriana: anche il suo nome cambia, seguendo lingue e influenze, come il brodeto di Chioggia che diventa broetto/broeto a Caorle, mentre persino in Croazia e sull’isola greca di Corfù si trovano, rispettivamente, il brodet o il bourdeto. 

Il brodetto abruzzese
Il brodetto abruzzese 

L’antica matrice è comune, nasce come piatto povero dei pescatori del mar Adriatico: le innumerevoli varianti sono determinate in primis dalla stagionalità, quindi dalle tradizioni locali: ma anche dal pomodoro, che inizia a entrarvi come ingrediente nell’Ottocento. Al centro-sud lo si accompagna con i crostoni di pane, in Veneto con la polenta. Non c’è tuttora il pomodoro, ad esempio, nella versione graisana (qualcuno lo mette ma è, al massimo, facoltativo): qui la quota della polenta è maggiore e il “boreto” è anche il tegame in ferro utilizzato per cuocere la zuppa dai pescatori che vivevano nei tipici casoni di canne e paglia sulla laguna di Grado. Il brodetto è di casa anche sulla costa dei trabocchi, le tipiche palafitte avvitate nel mare che bagna il litorale del basso Abruzzo, in provincia di Chieti: impressionarono persino Gabriele D’Annunzio, che ne parlò come “ragni colossali” nei suoi scritti. Sono delle strutture da pesca “a vista” diffusi tra la provincia di Chieti e Termoli, ma diffusi anche più a Sud, in Puglia, e presenti sporadicamente anche più a Nord: il principio è quello delle reti a bilancia. Molti, oggi, sono diventati ristoranti. 

 

Dal trabocco o dalla barca da pesca si ottiene la materia prima per il brodetto: seppie, triglie, sogliole, palombo, rospo, pannocchie (in romagnolo “canocchie”), scorfano, merluzzo, frutti di mare, calamari, razze, gallinelle, San Pietro, vongole, granchi, cozze e tracine. Tra le zuppe adriatiche più identitarie ci sono anche il brudèt romagnolo e quello di Fano, dove si svolge ogni anno il Festival internazionale del Brodetto e delle zuppe di pesce (Brodettofest) che, causa fermo pesca, quest’anno anticiperà dall’1 al 4 giugno anziché a settembre. 

Il brodetto diventa el brudettu a Porto Recanati, è declinato anche alla sanvitese e alla sambenedettese (lu vrëdètte), a Pescara è lu brudett e a Gulianova lu vedròtte, a Lanciano lu guazzett. Tra le ricette a canone fisso c’è quella del brodetto all’Anconetana, che rispetta la regola dei tredici pesci come ingrediente (si rifanno alle tredici cannelle della fontana del Calamo) che viene sfumato solo con l’aceto e mai con il vino bianco. A San Benedetto del Tronto lo si fa senza pomodoro, ma con l’aggiunta dei peperoni. A Vasto si utilizzano i pesci interi. Qui Jean Pierre Soria, al suo ristorante Cibomatto, ha proposto un’interessante innovazione, preparandolo in due servizi: dato che la quota liquida è generosa, una volta consumato il pesce, all’ampio tegame del brodetto vengono aggiunti i capelli d’angelo. In pratica, si fa scarpetta con una pasta fine. 


Il brodetto è anche innovazione: d’obbligo citare quello di Mauro Uliassi, in carta da oltre 15 anni: lo chef marchigiano lo elaborò nel 2008, quando conquistò la seconda delle attuali tre stelle Michelin. Negli anni è stato più volte rivisitato, accompagnandolo con piccoli crostini di pane o anche declinato a guisa di minestra, con molluscata e cavatelli. 
Il veneto Andrea Giulio Nocentini, invece, ha rivisitato quello di Caorle, lavorando sulla preparazione finale: un piatto che nasce dalla tradizione di recupero quando i pescatori caorlotti cucinavano il pesce invenduto a bordo barca o nelle rimesse in laguna: aglio, cipolla, conserva di pomodoro e aceto per sfumare, o il vino quando ce lo si poteva permettere. Anticamente lo si cuoceva a braci ancora vive. 
Le differenze dei brodetti trovano l’elemento unificante del mare. E con unaa regola comune e non scritta: fare una golosa e parsimoniosa scarpetta, sempre e comunque.