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Salvate il soldato cuoco

La critica gastronomica tra social e simili è ormai un tiro al bersaglio a senso unico dove chef e sala non hanno diritto di replica. Si perdono di vista il fattore umano e la grande fatica dietro ai piatti. Mentre il palato è pura soggettività
1 minuti di lettura

La critica selvaggia che da Tripadvisor ai social colpisce la ristorazione di tutto il mondo non è una novità, il fenomeno è una consolidata, pessima abitudine. Il diritto di critica, se esercitato con rispetto, è strumento di crescita anche per chi la riceve, ma trasformare il linciaggio gastronomico di una cucina o di una sala in un palcoscenico per sfogare frustrazioni è un problema.

Abbiamo contribuito tutti a trasformare i cuochi in personaggi pubblici. La loro voce è stata in molti casi fondamentale per raccontare il valore culturale della cucina italiana, per trasformare il lavoro degli chef dall’azione dello sfamare a quella del produrre made in Italy.

Festival Gusto 2022 - Tutta colpa di Masterchef: il lavoro in cucina è un'altra storia


Il mito di Masterchef, ovvero la convinzione che la trasmissione abbia avuto un ruolo decisivo nella canonizzazione pubblica degli chef italiani, è un’arma a doppio taglio perché a volte trasforma in macchiette i protagonisti, diventano caricature di se stessi e il pubblico finisce per pensare che la loro presenza nello show sia figlia solo della capacità di fare audience con una smorfia o una battuta ripetuta all’infinito. 


Il risultato di questi fattori è lo scatenarsi da troppo tempo di una gogna continua nei confronti di chi cucina nei locali. Uno stillicidio di parole senza diritto di replica che trasforma in pistola carica ogni momento della comunicazione di un cuoco. I più fragili finiscono per essere vittime di quella pletora di presunti comunicatori – li troviamo in tutte le declinazioni del mondo enogastronomico dai giornalisti, ai blogger, ai content creator fino ai trip advisored  seriali – che barattano recensioni con pasti. I più forti non hanno questi problemi, però sono a volte vittime di codazzi adoranti che  si schierano come groupie di uno o dell’altro ristorante, senza esercitare il diritto di critica, ma soltanto la cieca dedizione.


In ogni caso, è il momento di salvare il “soldato cuoco” con una ribalta seria dove parlare di cucina e magari confrontarsi serenamente con il pubblico. Una platea ampia dove non siano solo adoranti addetti ai lavori ad ascoltare, ma un pubblico che davvero dia loro la dimensione di alfieri della cultura italiana. Noi de ilgusto ce lo prendiamo come missione.