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Orgogliosa Lituania, torna in tavola la storia del Paese

Cepelinai
Cepelinai 
Il territorio più a sud della penisola baltica vive un rinascimento. Gli chef riscoprono e rivisitano le antiche ricette di famiglia, a partire dalla zuppa fucsia di barbabietole amata da Petrini
3 minuti di lettura

La bandiera è una pennellata di creativa euforia, nelle terre bianche e fredde delle Repubbliche Baltiche, ricorda quelle dell’Africa: ha il giallo del sole, il verde dell’erba, il rosso del sangue versato per la patria. Dimentichiamoci la plumbea tristezza e austerità sovietica, di cui resta comunque traccia in qualche palazzone di periferia: la Lituania oggi è vivace, allegra, colorata come la sua bandiera, contemporanea, piena di arte, turisticamente in ripresa - nel 2022 l’hanno visitata 22mila italiani, +65% rispetto al 2021 - e sempre più interessata a farsi conoscere, anche a tavola.

Orgoglio e innovazione sono gli ingredienti di questa “cucina neo baltica”, com’è ormai comunemente definita, con protagonisti salmone, aringa, patate, capriolo, agnello e zuppe di verdure. Una passione per le lunghe cotture, l’affumicatura, e il mix and match di sapori. Un esempio? La tartare di manzo con midollo, tuorlo d’uovo affumicato e ribes nero fermentato o il toast di guanciale e marmellata di mele del Dziaugmas (vuol dire Gioia), locale scurissimo, pareti color ardesia e luci fioche puntate come fari di scena sui piatti minimalisti, un gorilla in pietra ad accogliere gli ospiti, spezie, vini naturali, verdure di stagione. È nel centro storico di Vilnius, patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, si raggiunge perdendosi nel dedalo di vicoli dove convivono tanti stili, dal gotico della chiesa di Sant’Anna (costruita con 39 tipi diversi di mattoni) al barocco di San Casimiro (patrono della Lituania), e poi mercati, botteghe del lino, del legno, dell’ambra, e la più alta concentrazione di ristoranti, pub dell’intero Paese dove bere la birra locale, particolare grazie a un lievito che non ha eguali al mondo. 
 

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C’è molta ricerca, storica e geografica, nelle carte dei migliori chef. Si guarda al Nord, all’avanguardia e alle atmosfere scandinave, ma anche alle cucine delle nonne, soprattutto da quando i cuochi – complici le richieste dei turisti – hanno intuito che il valore aggiunto, ciò che più incuriosisce i palati, non sono i menù internazionali, ma le antiche ricette, identitarie e semplici. Oggi gli chef le riscoprono, le rivisitano, consapevoli di quanto lo storytelling faccia bene a questo rinascimento gastronomico. Ecco allora la mitica “fosforescente” Šaltibaršciai, la zuppa fucsia di barbabietole, simbolo lituano, servita con panna acida e germogli che la fanno sembrare un quadro di Pollock. Per Carlin Petrini, patron di Slow Food, “è la zuppa fredda più estetica del mondo”. Provatela da Ertlio Namas, un ristorante ricavato in un palazzo del 1600, dove tra divani di velluto e lampadari a gocce la servono anche calda nel rispetto della tradizione del XVI secolo, con agnello e porcini essiccati e seguita dal capriolo con torta di miele e purè di partinaca, o dall’oca con la verza e la salsa di nocciole nella ricetta del XVIII secolo.

Šaltibaršciai
Šaltibaršciai 

Gli imperdibili della cucina lituana hanno tutti qualcosa di giocoso, come i Cepelinai, traduzione di Zeppelin, perché ricordano la forma del dirigibile tedesco, grandi gnocchi di patate ripieni di carne o formaggio. Assaggiarli da Etno Dvaras è come tornare indietro nel tempo: per preparare il menù e allestire il locale si sono consultati con gli etnologi del Centro di cultura etnica. Goliardico, e per stomaci capienti, pure il Vedarai, salsiccia di patate tritate farcita con intestino di suino, o lo Skilandis, salume speziato, affumicato e insaccato nella vescica del maiale. Il dolce più famoso sembra fatto con i Lego, si chiama Sakotis, che significa “albero con molti rami”: strati di cialde cotte con lo spiedo sul quale viene fatto colare l’impasto. Ha lavorato al Noma di Copenhagen, e lì si è ispirato, il più pirotecnico degli chef, Deivydas Praspaliauskas, dell’Amandus, cucina a vista e piatti esplosivi, letteralmente, come il dessert al cioccolato che scoppietta in bocca, ultima delizia di un menù degustazione da 10 piatti, sintonizzati sulle stagioni (auguratevi di capitare nei mesi della ciambella di grano saraceno con storione affumicato o del baccalà artico): “La mia è una cucina anti-spreco e sostenibile. Amo sperimentare, il mio ingrediente preferito è la natura”.

 

La più a sud delle Repubbliche Baltiche – le altre sono Lettonia ed Estonia – e la prima a proclamare l’indipendenza nel 1990, “è anche la più intellettuale delle tre”, racconta Gintas Zabulenas, storica guida di Lithuania Travel, all’interno dell’Università di Vilnius, la più antica dell’Europa orientale (1579), oggi frequentata da 20mila studenti e visitata alla pari di ogni altro monumento. Attenzione, è richiesto uno spiccato senso dell’orientamento per non perdersi nei 13 cortili – uno per ogni facoltà – incastonati come una matrioska: “Apparteniamo a una cultura che si è formata a prezzo di innumerevoli turbolenze, problemi di occupazione e abbiamo imparato a volare basso e ad apprezzare la pace”. Silenzio surreale, misticismo e poesia si respirano al Monastero di Pažaislis, gioiello barocco del XVII secolo, premiato nel 2020 con il Best European Film Location Award. Siamo vicini a Kaunas, capitale della cultura europea 2022. Qui, accanto alle 10 suore dell’ordine di San Casimiro rimaste nel complesso monastico, ci sono un hotel e il ristorante Monte Pacis dove provare la zuppa di spinaci e la trota affumicata.
 

Kaunas
Kaunas 

Merita una tappa la più gettonata tra le mete lituane, assieme alla collina delle Croci con le sue 400mila croci piantate per devozione dai pellegrini e alle dune di sabbia di Neringa, sul Baltico: è la regione di Trakai, vicino all’omonimo castello, che pare uscito da una fiaba dei Fratelli Grimm, tra foreste e un lago da presepe. Provate i Kibinai: mezze lune di pasta sfoglia ripiene di agnello, montone o manzo e cotte in forno, il piatto dei Karaiti – minoranza di ceppo e lingua turchi, ma per credo più vicino all’ebraismo – arrivati 600 anni fa dalla Crimea. Oggi sono una quarantina, tra loro c’è Lena Spalovska, la trovate da Kybynlar e vi aiuterà a preparare i Kibinai in una cooking class: “Era il piatto delle feste”. Oggi è lo street food più amato della Lituania.