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Alla riscoperta dell’orto perduto

Lo chef Crippa insegna i segreti dell'orto ai bambini
Lo chef Crippa insegna i segreti dell'orto ai bambini 
La forza dell’alta cucina è nelle materie prime scelte. Da Crippa a Klugmann l’Italia privilegia la terra con un unico obiettivo: essere golosi e sostenibili
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"La sostenibilità ha fin da subito accompagnato l’evoluzione di Piazza Duomo: il nostro orto, in totale conduzione biologica e biodinamica, rifornisce quotidianamente i menu di Crippa». Sono le parole che Federico Ceretto, dell’azienda omonima, ha pronunciato sul palco dell’ultima edizione di Identità Golose, il 29 gennaio 2023, parlandone come di un approccio alla ristorazione a 360°. 


Una dichiarazione d’intenti che non a caso vede al centro l’autoproduzione ortofrutticola e la sostenibilità: il rapporto con l’orto e un nuovo approccio alla terra è da anni uno dei grandi temi dell’alta cucina di ritorno. Di ritorno alla vita dopo la pandemia, sicuramente. Ma anche e soprattutto di ritorno alla concretezza: abbandonati - in parte - i grandi cataloghi, la riscoperta delle materie prime del nostro territorio è un leit motiv lungi dall’essere abbandonato. Perché è ecologico, ma anche sostenibile a livello sociale ed economico. Enrico Crippa e il suo già citato Piazza Duomo è stato tra gli apri fila di questo movimento, con le oltre 400 specie vegetali coltivate nel suo orto, ma decisamente non è più il solo. E non unicamente perché nomi importanti come Cristiano Tomei si definiscono «orgogliosamente contadini». Il senso è nel movimento autonomo che riunisce la Penisola.

Parte dell'orto dello stellato Fradis Minoris, in Sardegna
Parte dell'orto dello stellato Fradis Minoris, in Sardegna 

L’esperienza di Antonia Klugmann è tra quelle maggiormente d’ispirazione, non è un caso se in ognuno dei suoi piatti troviamo borragine, elicriso, finocchietto, lavanda o maggiorana. Apparentemente povere, queste erbe che raccoglie nei pressi del suo Argine a Vencò, tracciano tutta la storia della sua cucina di confine e la semplicità di una donna che vive lontano dai riflettori. Una storia diversa da quella assolata dei pomodori che Peppe Guida coltiva in Penisola Sorrentina, molto più a sud rispetto a quel Friuli in cui insiste la stella Michelin della Klugmann. Il rapporto con la terra, quindi, come viatico per raccontare una filosofia di concretezza, con il ristorante di alta gamma che eredita, consapevolmente, quel legame vero tra tradizione e cliente che prima era interpretato da trattorie e locande. Basti pensare a Caterina Ceraudo, il cui orto è parte consistente dell’azienda agricola di cui il ristorante Dattilo (Strongoli) è solo una parte. «È tutto ciò da cui nasce la nostra filosofia», racconta, «la cura per la materia prima, l’attenzione per i particolari e un rispetto doveroso per il corso della natura» che le è valso la stella verde che la Guida Michelin ha istituito da alcuni anni. In questa caldera stellata si possono pescare altri nomi interessanti: il neostellato Fradis Minoris di Pula, sud Sardegna, che oltre al pescato locale va a ritrovare la materia prima vegetale nelle campagne circostanti, l’orto biodinamico di Marco Rispo alle Trabe (Paestum), le auto produzioni del SanBrite di Cortina d’Ampezzo o dell’Osteria Enoteca Gambrinus, a San Polo di Piave. 

I prodotti dell'orto di Caterina Ceraudo, chef del "Dattilo"
I prodotti dell'orto di Caterina Ceraudo, chef del "Dattilo" 

Un percorso che, oramai è chiaro, va ben oltre il tanto osannato (e vituperato) concetto di km0. Ovvero una bandiera che per anni è stata fin troppo innalzata, portando spesso gli appassionati alla noia e i clienti meno addentro alle tematiche della ristorazione a credere a specchietti per le allodole, che profumavano di quello che oggi chiameremmo green washing. Non è un caso se Carlo Cracco i suoi prodotti li coltiva a Santarcangelo di Romagna, in provincia di Rimini, per poi portarli a Milano tanto quanto a Portofino, o se Gabriele Bonci dichiara con grande orgoglio di voler diventare «entro qualche anno totalmente autosufficiente per quanto riguarda la materia prima vegetale dei miei punti vendita». Non è la prossimità alla terra, ma il rapporto diretto con l’orto a essere centrale. Il motivo? L’utilità: sapere sempre da dove arriva una melanzana, piuttosto che un pomodoro, e poter trattare direttamente con chi la terra la coltiva è un valore aggiunto non solo per la quota romanticismo, ma soprattutto per quella che risponde alle voci economia e praticità.