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Settimio e Cesare, così la trattoria moderna fa rinascere quella antica

Settimio e Cesare, così la trattoria moderna fa rinascere quella antica
Roma, dal matrimonio con la squadra di Cesare al Casaletto rinasce la storica insegna di Settimio al Pellegrino, che aveva chiuso per "raggiunti limiti di età" dei titolari. Mantenendo forte il suo dna, ma con qualche sguardo verso il futuro
1 minuti di lettura

In via del Pellegrino al numero 117 il tempo sembra essersi fermato. Teresa, ostessa d’acciaio, che arrivò qui col marito Mario Zazza più di mezzo secolo fa, ogni tanto si affaccia per vigilare sulla preparazione delle polpette di bistecca macinata, e il locale – appena restaurato – conserva i tratti inconfondibili della trattoria di quartiere. Ma se ad un’occhiata distratta la carrozzeria col marmo alle pareti e il lavandino incassato in un angolo appare quella di una volta, il motore è nuovo di zecca: è un sei cilindri costruito in periferia, da Cesare al Casaletto, altra insegna storica della capitale. 


Quando - il secolo scorso - bussavo alla porta di vetro ermeticamente sigillata per filtrare gli avventori, la scelta delle pietanze era limitata, anzi per il vino la scelta non esisteva affatto: dovevamo accontentarci di un Cesanese del Piglio che mai riuscii ad apprezzare. Roba da diventare astemi. Il tono e lo stile erano quelli di una mensa familiare, ma fino a un certo punto, con i proprietari che regolavano la clientela selezionando i vicini, gli intellettuali e gli uomini di spettacolo: Monicelli, Tognazzi, Gassman, Sordi, Benigni. Dimenticavo gli aristocratici, nobili romani in auge o un po’ decaduti, eppure sempre avvantaggiati dal sangue blu. Anche i giovani giornalisti squattrinati erano ammessi, purché dotati di una certa eleganza. Era tutto un ‘professore esimio’, ‘maestro’, ‘marchese caro’, e per fortuna al saluto rispettoso ogni tanto poteva seguire un immediato sfottò. 
Attenzione però: guai a lamentarsi se non si volevano fare arrabbiare i padroni di casa: burberi e benefici finché non si incazzavano. Osti!
 


Un mondo sparito per colpa del tempo che corre inesorabile e che ha ricevuto un colpo di grazia dalla lunga parentesi imposta ad ogni attività dalla pandemia. Da qualche giorno l’insegna centenaria è tornata a splendere, ma dal nuovo logo aggiunto nella parte bassa della vetrata si capisce che a suonare la musica è arrivata la ben collaudata squadra di Leonardo Vignoli ai fornelli e Maria Pia Cicconi in sala. E dal matrimonio è nato Settimio - Da Cesare al Pellegrino

Leonardo Vignoli
Leonardo Vignoli 

Nel menu – pura cucina romana - restano piatti fondamentali, e assaggio la bollente minestra broccoli e arzilla (piatto povero del Venerdì Santo), il lesso alla Picchiapò (altra ricetta di recupero) e la crostata con marmellata di visciole: un riuscito salto nel passato. Nelle prossime settimane, seguendo il calendario quotidiano delle pietanze, si annunciano gnocchi di patate, tagliatelle fatte a mano, coda alla vaccinara, saltimbocca, vitello alla genovese. Un ritorno al futuro felicemente innaffiato da una selezione di vini, bianchi e rossi, classici e pop. Imbevibile Cesanese, addio!