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Calabria, la nuova frontiera del vino passa per Reggio

Calabria, la nuova frontiera del vino passa per Reggio
La zona, un tempo tra le culle dell'enologia, cerca di risollevarsi da anni di declino. Ecco le cantine che cercano la riscossa
2 minuti di lettura

Non solo Cirò: in riva allo Stretto qualcosa si muove. Nel calice. Il Consorzio Terre di Reggio Calabria, nato nel 2019, ha ricevuto il riconoscimento sulla tutela nel 2021: oggi riunisce circa trenta aziende vitivinicole ed è presieduto da Vincenzo Vozzo. L’auspicio, ma più che altro è un’impressione, è che possa replicare i successi del “cugino” Terre di Cosenza, che in 10 anni è passato da 10 a 60 aziende consorziate e oltre un milione di bottiglie prodotte.

Gli areali (tra i quali non rientra la Dop Bivongi) nel territorio reggino dominato dal “Greco nero”, comprendono Palizzi con il suo “Nocera”, Costa Viola (comuni di Palmi e Bagnara), Bianco (terra del Greco Dop), Pellaro con il “Nerello cappuccio” e Locride (Igp) con il “Mantonico”: terrazze naturali affacciate sul Mediterraneo, un crocevia di popoli e culture da cui riecheggiano anche suggestioni arcaiche: è il caso della Doc “Malvasia delle Lipari” di cui qualcuno rivendica, se non primogeniture, almeno “parentele” reggine. Di certo, sottolineano dal Consorzio, «la posizione geografica strategica all’interno del sistema mediterraneo ha permesso la contaminazione ampelografica e produttiva che non ha eguali con oltre 150 vitigni collezionati e la più alta concentrazione al mondo di palmenti rupestri con oltre 700 vasi vinari di cui 400 ancora intatti».

 

Come per alcuni olivicoltori, c’è qualcosa di eroico tra i vignerons reggini, spesso di seconda e terza generazione, che ricostruiscono vitigni autoctoni, lascito dei greci, cercando di ripopolare un paesaggio che tra gli anni 50 e 70 ha visto sparire tralci e grappoli, con un graduale crollo della qualità e relativo deprezzamento del vino: non è un caso se da 110mila ettari vitati in Calabria a fine novecento – più della cifra attuale della vicina Puglia – si sia arrivati a 26mila ettari nel 2020 (dieci anni fa erano 11.500, dati Uiv/Istat – Assovini).

Proprio di «consapevolezza dei contesti territoriali» parla Gennaro Convertini, presidente dell’Enoteca regionale. «I produttori di vino oggi non solo fanno business ma recuperano e custodiscono un patrimonio collettivo – aggiunge –. Il mare e la montagna, qui, hanno fatto già il loro: adesso c’è bisogno di enoturismo grazie all’alleanza tra istituzioni, produttori e consumatori». E curiosità, non solo tra i possibili fruitori ma anche da parte dei ristoratori: «Troppo spesso – nota Convertini – ci troviamo davanti a carte dei vini piatte e omologate» e d’altra parte non è raro trovare in alcune pizzerie gourmand della Calabria soltanto oli pugliesi che, per quanto eccellenti, forse per mere ragioni commerciali ed economiche vengono preferiti a prodotti calabresi altrettanto validi.  

 

Ma torniamo a guardare nel calice. Se per Giacomo Giovinazzo, direttore generale dell’assessorato regionale all’Agricoltura, «la Calabria è troppo piccola per avere quattro Consorzi», i sommelier Mattia Cianca e Michele Ruperto credono nella sfida. «Centocinquanta cantine calabresi producono quanto una cantina abruzzese, siamo anacronistici e microbici se non facciamo lo sforzo di unirci – commenta l’assessore regionale all’Agricoltura, Gianluca Gallo –. Dobbiamo capitalizzare una forza che forse non siamo consapevoli di esprimere, avere l’orgoglio dell’appartenenza e la consapevolezza di vivere in una terra superiore».

Ecco alcune aziende tra le magnifiche 30 in degustazione nei giorni scorsi a Reggio Calabria in occasione di un evento organizzato dal Consorzio con Comune e Regione, l’ateneo UniRc Mediterranea e la Camera di commercio presieduta da Antonino Tramontana: Cantine Ielasi, Lombardo, Maisano, Tenuta Dioscuri e Vigilanti (Greco di Bianco Dop); Caccamo, Calarco, Crupi, Oppedisano, Trimboli e Zagarella (Calabria Igp); Altomonte, Brancati, Cinque Talenti, Nesci, Tenuta Regina di Sant’Angelo e Terre Grecaniche (Palizzi Igp); Barone Macrì, Feudo Gagliardi e I Calanchi (Locride Igp); Calabrò, Malaspina e Tramontana (Pellaro Igp); Agri Costa Viola, Ceramida e Criserà (Costa Viola Igp).

 

La Regione – che al Vinitaly 2023 ha prenotato quasi 1400 metri quadri di spazi espositivi per 81 aziende contro i 350 del Veneto (lì il resto è in capo alle aziende) – mette sul tavolo 28 milioni «per la promozione delle eccellenze agroalimentari calabresi»; lo stesso Tramontana chiosa segnalando che circa 150 dei 200 milioni di export reggino interessano proprio quel settore, e va da sé che il vino sia tra i prodotti trainanti: il Consorzio può essere, al netto della presunta ridondanza, uno degli acceleratori di un processo già incardinato.