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Le vere origini della ricetta della carbonara

Si può definire "la più americana delle ricette italiane". Un piatto iconico, che però è entrato solo recentemente nella nostra tradizione, contrariamente a quanto si potrebbe pensare
3 minuti di lettura

Guanciale, uova, pecorino romano e pepe. Non si può sbagliare, questi sono gli ingredienti della carbonara, gli unici ammessi dalla ricetta canonica. La preparazione prevede che l’uovo - intero o solo tuorlo dipende dalle formulazioni - sia lasciato cremoso e avvolga delicatamente la pasta.

In molti sono pronti a giurare che si è sempre fatta così. Un’antica tradizione che risale alla notte dei tempi usando le materie prime che tutti avevano in casa. Altri intuiscono che la ricetta sia debitrice di un intervento degli americani durante la Seconda Guerra Mondiale, ma tutti sono concordi su un fatto: la carbonara è italiana. Anzi italianissima. Una sintonia tale non si vedeva dal gol di Schiavio contro la Cecoslovacchia nel ‘34.

Delle circostanze della sua nascita si sa poco o nulla, ma molto probabilmente venne ideata a Roma durante gli ultimi mesi del conflitto grazie alle razioni militari portate dagli alleati. La carbonara rappresentava la perfetta sintesi tra i gusti anglosassoni come le uova e il bacon e la pasta italiana. Il segreto del suo successo è proprio questo e senza l’apprezzamento degli stranieri, probabilmente la carbonara sarebbe stata condannata all’irrilevanza tanto quanto i rigatoni alla Severino.

Non è un caso se la prima ricetta pubblicata non la troviamo in Italia, bensì negli Stati Uniti e, più precisamente, sulla guida illustrata dei ristoranti di un distretto di Chicago scritta da Patricia Brontè dal titolo Vittles and vice: An extraordinary guide to what’s cooking on Chicago’s Near North Side. Il libro descrive diversi locali tra i quali anche il ristorante Armando’s in cui si serve la carbonara. I proprietari, Pietro Lencioni e Armando Lorenzini sono di origine italiana e dettano la ricetta lasciando anche qualche termine italiano. Gli ingredienti sono quelli che domineranno la scena per diversi anni: taglierini all’uovo, uova, pancetta e Parmigiano.

 

Sappiamo però che la carbonara è italiana e forse vale la pena dare un’occhiata alla prima ricetta pubblicata nel nostro Paese. Bisogna aspettare un paio di anni per trovarla sul numero di agosto del 1954 della rivista La Cucina italiana. Questa formulazione prevede tra gli ingredienti la pancetta, il Gruviera e l’aglio, oltre alle solite uova e al pepe. Il colpo di grazia è dato dalle indicazioni di lessare gli spaghetti 15 minuti e di ripassare tutto in padella fino a «le uova si saranno un poco rapprese». Niente male come partenza, ma possiamo fare di meglio.

C'è più Gusto a Bologna: i 70 anni della carbonara, ecco la prima ricetta

Nello stesso anno appaiono due resoconti sulla carbonara che viene servita in altrettanti ristoranti romani. La prima cronaca è di Elizabeth David e si trova nel libro Italian food in cui viene ringraziato il signor Osvaldo del ristorante “Il buco” di Roma, autore della ricetta. In questo caso i salumi si moltiplicano, lasciando la scelta al lettore tra prosciutto, pancetta o coppa da tagliare a fiammifero e ripassare nel burro per versarli nel «composto sui maccheroni nel momento preciso in cui le uova cominciano ad addensarsi, in modo che presentino con un aspetto leggermente granuloso». D’obbligo e senza appello, l’unico formaggio ammesso è il Parmigiano, da servire anche a parte in tavola.

 

Ancora più interessante è il resoconto di Samuel Chamberlain per la rivista statunitense Gourmet. Durante il lungo tour del Belpaese visita il ristorante Tre scalini in Piazza Navona e la ricetta è del signor Ciampino patron del ristorante, Oltre due tipi di salumi, pancetta stesa e prosciutto, troviamo anche funghi a fettine sottili da saltare velocemente in padella. A concludere il classico pecorino - citato per la prima volta come prima scelta sul Parmigiano - e le immancabili uova sbattute.

Queste versioni “fantasiose” non si trovano solo nei ristoranti della Capitale, ma anche nelle case. Ce lo racconta Marisa Merlini, la celebre attrice romana, la cui ricetta finisce su Stampa Sera nel 1958: «Tuorli d’uovo, prosciutto di San Daniele, pepe e Parmigiano, la cui miscela va tenuta pronta in un tegame, appena la pasta sia giunta a punto di cottura, e venga così impregnata di quel succo che farebbe risuscitare un morto. È questa una specialità romanesca che può essere interpretata anche con altri ingredienti e che va accompagnata con un bianco secco». Se qualcuno nutrisse ancora dubbi, questa è l’ennesima prova che la carbonara “originale”, “vera” e “tradizionale” non è altro che una chimera creata a tavolino molti anni dopo la sua nascita.

 

Il guanciale entrerà tra gli ingredienti solo nel 1960 e lo ritroviamo in una ricetta di Luigi Carnacina, forse la più alta autorità gastronomica di quegli anni. Sorpresa: insieme al guanciale fa la sua comparsa per la prima volta anche la panna liquida per rendere più cremosa e avvolgente la preparazione. Non deve stupire l’inserimento di questo ingrediente che inizia la sua ascesa sulla tavola degli italiani negli anni ‘60 e conoscerà l’apice negli anni ‘80, la famigerata epoca che i puristi della carbonara vorrebbero cancellare.

Su questa specialità si sono misurati un po’ tutti, anche i monumenti dell’arte culinaria come Gualtiero Marchesi che nel 1989 la introduce nella sua La cucina regionale italiana. Con un quarto di litro di panna su 320 grammi di spaghetti (80 gr di guanciale, 2 tuorli e 20 gr di pecorino) si assicura una carbonara super cremosa che oggi farebbe inorridire chiunque.

La ricetta si stabilizza nella versione attuale solo negli anni ‘90, ma ancora all’epoca non viene considerata una vera ricetta romana, almeno per chi conosce bene la tradizione culinaria della Capitale. Livio Jannattoni, un’autorità in materia, nel suo ricettario La cucina romana e del Lazio del 1991 le dedica un capitolo che non lascia spazio ai fraintendimenti fin dal titolo: «Spaghetti alla carbonara e altre pastasciutte quasi-romane» in cui inserisce i piatti che «hanno quasi maturato un diritto provvisorio di cittadinanza romano-laziale».

 

La più americana delle ricette italiane gode oggi di un consenso universale, ma più di ogni altra ha contribuito a spazzare via i veri piatti dell’antica tradizione romana, come le fettuccine con le rigaglie, gli agnolotti, e soprattutto i cannelloni.