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E tra Milano e Bergamo scoppia la "guerra" del Sant'Ambroeus

L'ingresso del Sant'Ambroeus di Milano
L'ingresso del Sant'Ambroeus di Milano 
Lo storico locale milanese, nato come pasticceria nel 1936 e ora di proprietà di un gruppo Usa, ha fatto causa a un'omonima trattoria bergamasca per utilizzo abusivo del nome: "Ma noi siamo nati 30 anni fa!"
3 minuti di lettura

Chissà se anche questa volta Sant'Ambrogio riuscirà a metter pace tra i due contendenti: ci riuscì proprio con la sua elezione a vescovo, acclamato a furor di popolo come elemento di equilibrio tra le opposte fazioni della chiesa del tempo. Dall'anno 374 di acqua ne è passata sotto i ponti (dei Navigli, s'intende) e il buon nome di Sant'Ambroeus, che di Milano nel frattempo è diventato patrono, è oggi anche una prova del nove per ogni buon lombardo: va pronunciato a dovere, con la “oeu” che diventa una “o” chiusa e grave.


Ma veniamo ai fatti, o alla pietra della contesa di due realtà che hanno scelto entrambe il nome del santo milanese in declinazione dialettale: la prima, a Milano, è una storica pasticceria aperta nel 1936 – autentico salotto buono della città – che lo scorso anno ha vissuto una ristrutturazione per riaprire ai milanesi (sempre in corso Matteotti 7) con una formula che prevede anche la ristorazione. Negli ultimi anni, l'insegna è stata acquisita da Sa Hospitality Group (Sahg) di New York e il suo nome portato nel mondo il nome (insieme alla sua cucina di impronta milanese), con anche anche la registrazione di marchio e sito. Insomma, un presente-futuro che è ormai proiettato sul palcoscenico internazionale e in più location, anche negli Stati Uniti.


Il gruppo americano Sahg è nato nel 2003, creato da Gherardo Guarducci e Dimitri Pauli. Pauli è il figlio di Hans Pauli e della moglie Francesca. Furono loro, nel 1982, quando ancora erano titolari del Sant Ambroeus di Milano, di fondare una succursale a Manhattan, portando quell'anima milanese nel cuore della Grande Mela. La cucina del Sant Ambroeus milanese è oggi sovrintesa dallo chef Walter Casiraghi, con Iacopo Falai nel ruolo di direttore culinario: c'è un bel menu tutto dedicato alla colazione, mentre a pranzo e cena in carta (ampia e di respiro) non mancano evergreen milanesi come cotoletta e ossobuco.

Il Sant'Ambroeus di Bergamo
Il Sant'Ambroeus di Bergamo 

Ma veniamo al problema: nel 1994, di Sant'Ambroeus ne è nato un altro. Non a Milano ma a Bergamo, non ristorante di alta cucina ma orgogliosamente “trattoria”. Non è nemmeno 'unica altra insegna che porta il nome dialettale d'impronta meneghina (ce ne sono diverse altre tra hotel, bar e ristoranti, senza contare attività al di fuori dal mondo del cibo).
«Che è successo? Semplice: un brutto giorno, dopo quasi trent'anni di attività, riceviamo una citazione in giudizio per l'utilizzo del nome del locale E ora toccherà al tribunale decidere sulla vicenda». A parlare è Stefano Canziani, uno dei due titolari insieme a Samuel Perico, lo chef: i loro piatti spaziano dalla più canonica tradizione bergamasca, come i casoncelli, a incursioni golose in Valtellina o sul lago di Como, da cui arrivano i missoltini.


A complicare le cose, anche il fatto che «il nome del patrono di Milano, nel nostro caso c'entra poco o nulla. Il ristorante fu chiamato così dal nome del primo proprietario, Franco Santambrogio, originario di Como. Oggi, oltre ai missoltini, il ristorante ha ricevuto in dote anche il suo cognome». Senza pretese di santità, ovviamente.
I due soci, Canziani e Perico, inziarono a lavorare con Santambrogio come dipendenti, poi decisero di condurre il ristorante come soci lavoratori. Entrambi sono comprensibilmente dispiaciuti, ma determinati: «A quel nome teniamo, perché è un omaggio al nostro maestro, scomparso nel 2018. Gestì un sacco di locali qui in provincia di Bergamo, compresa quella Trattoria del Sommelier dove oggi c'è Lio Pellegrini, e che nel 1981 conquistò la stella Michelin». La volontà di comporre la vicenda? «Noi rimaniamo fiduciosi, siamo convinti di non dar fastidio a nessuno e abbiamo anche invitato a pranzo la controparte. Preciso che sono il primo a essere contento del successo Sant Ambroeus milanese, un indirizzo di grande storia e prestigio. Noi siamo una trattoria, cerchiamo di fare bene il nostro lavoro, convinti che ci sia spazio per tutti».

In merito alla vicenda, Sahg chiarisce la sua posizione con una nota: “Il Sant Ambroeus è un locale storico ed opera ormai da quasi un secolo, in centro a Milano e da decenni è uno dei luoghi iconici di incontro di milanesi, italiani e stranieri. Sahg, proprietaria del Sant Ambroeus di Milano, sin dal 1950 è legittima titolare di validi marchi registrati relativi al nome “Sant Ambroeus” e sta semplicemente esercitando i propri diritti di tutela del marchio storico e rinomato “Sant Ambroeus”.

Ancora, Sahg ha precisato che “Per quanto attiva dalla metà degli anni ‘90, la trattoria Sant Ambroeus non ha alcun marchio registrato. Non corrisponde al vero che l’azione giudiziaria è giunta inaspettata ai soci della trattoria di Bergamo, essendoci stato, su iniziativa di SAHG, un lungo confronto tra le parti al fine di risolvere in via amichevole la questione relativa al marchio. Non essendo stato possibile giungere ad un accordo, Sahg si è vista costretta a tutelare i propri legittimi diritti e ad instaurare un contenzioso dinnanzi al Tribunale di Brescia del quale attende con serenità e fiducia la sentenza”.

 

La parola quindi ora al tribunale. O forse a Sant'Ambrogio, quello lassù, perché sistemi le cose, magari davanti a un buon risotto giallo.