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La terra che cura, per coltivare campi e relazioni

La terra che cura, per coltivare campi e relazioni
Alla Casa Comune di Avigliana, in provincia di Torino, tre giorni di incontri e seminari: ci saranno don Ciotti, Barbara Nappini e Luciano Cavazzoni
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“Dobbiamo abituarci a conoscere e riconoscere che ci sono due agricolture. Diverse per processo e implicazioni. Che producono due cibi diversi, due campagne e due paesaggi diversi, che lasciano due suoli diversi ed infine provengono da due impostazioni ideali opposte – spiega Lucio Cavazzoni, presidente di GoodLand e promotore del corso La terra che cura, tre giorni di seminari e pratica ospitato dal 12 al 14 maggio alla Casa Comune di Avigliana (TO) per cercare di offrire una nuova visione del mestiere di agricoltore, dei suoi prodotti e del mercato.

 

Non si parla di agricoltura, ma di agricolture, un plurale che vuole distinguere due mondi diversi, quello industriale e quello artigianale, che generano non solo due prodotti differenti ma due modi antitetici di relazionarsi alla terra e di conseguenza all’ambiente.

“Dovremmo usare e pretendere anche nomi diversi: non si può chiamare allo stesso modo un latte o latticino da pascolo con uno ottenuto da quasi sola alimentazione importata a base di cereali e legumi; non si può chiamare con lo stesso nome un pomodoro totalmente industrializzato realizzato su monoculture di migliaia di ettari e quello ancora coltivato e trasformato artigianalmente”, continua Cavazzoni. La terra che cura è un corso per coltivare campi e relazioni, come recita il sottotitolo, un corso teorico e pratico dove mettere le mani nella terra e nei semi. Perché il distinguo tra un’agricoltura artigiana e una artigianale non sta solo nella qualità della produzione, che deve essere un prerequisito, ma va cercata laddove si compie un approccio diverso nei confronti dell’ambiente e della società.

Tra i docenti, oltre allo stesso Cavazzoni, anche Maurizio Agostino (coordinatore della Rete Humus) che insegnerà a riconoscere e degustare (letteralmente) le terre di diverse aziende agricole biologiche; Salvatore Ceccarelli, genetista, impegnato nella divulgazione delle proprietà e libertà e circolazione dei semi; la poetessa Chandra Candiani a proposito di biodiversità umana, e naturalmente don Luigi Ciotti, presidente del Gruppo Abele, di Libera e patron della Casa Comune che ospita il corso.

 

I relatori sono chiamati a raccontare e condividere la loro esperienza ma anche delineare insieme l’evoluzione di un percorso che mira a essere una alternativa concreta.

Il corso è destinato ad agricoltori, amministratori pubblici, gruppi e associazioni ambientaliste e a chiunque sia interessato alle opportunità di una nuova visione dell’agricoltura legata alle relazioni (in primis quella con la terra che si abita e si coltiva) e a chiunque voglia farsi partecipe nel portare queste tematiche alla ribalta della politica, delle istituzioni e dell’opinione pubblica. “Nel mondo del cibo e della produzione agricola ci sono tante comunità diverse e tante associazioni, ma ognuna è chiusa in se stessa e raramente c’è scambio e interazione. Noi proponiamo invece una comunità nuova e aperta”, spiega Cavazzoni.

La Terra che cura, ha radunato gli esponenti delle più grandi associazioni nazionali (nella giornata di domenica è in programma un dibattito “Come costruire maggiore visibilità, riconoscimento e infine forza per intervenire nella politica. Proposte per agire”, a cui parteciperanno tra gli altri anche Angelo Gentili, Responsabile Agricoltura Legambiente e Barbara Nappini, la presidente di Slow Food Italia.

“Tutti insieme, perché – continua Cavazzoni – vorrei che smettessimo di dividerci sui temi che ci rendono distanti e iniziassimo a lavorare insieme sulle basi comuni. Creare comunità aperte è il contrario del sovranismo alimentare”. Per il presidente di GoodLand, occorre che la piccola e media agricoltura abbia una rilevanza politica maggiore. La sua proposta? “Penso al Brasile di Lula quando nel 2012 istituì due ministeri diversi per l’agricoltura: il Ministero dell’Agricoltura Industriale che presidiava e regolamentava le grandi produzioni, per esempio, di mais, sorbo e soia e il Ministero dell’Agricoltura Famigliare, con logiche e missione completamente diversa. La differenza sta nella relazione che si istaura tra l’uomo e la terra, una relazione che si sposta dal produrre e basta al riprodurre sempre di nuovo”.

 

Per informazioni e iscrizioni: 

Casacomune

tel 0113841049/3423850062;

email casacomune.laudatoqui@gmail.com