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Joe Bastianich: "Sulle strade di Pechino Express, tra piatti di riso e incontri illuminanti"

Joe Bastianich: "Sulle strade di Pechino Express, tra piatti di riso e incontri illuminanti"
Il "restaurant man" reduce dalla vittoria della decima edizione del programma: "Un'esperienza unica, ma ho anche progettato nuovi affari: un birrificio in India e una sede dell'Antico Vinaio a Singapore"
3 minuti di lettura

All'indomani della vittoria della decima edizione di Pechino Express Joe Bastianich è a Milano con Andrea Belfiore. Li conosciamo anche come Gli Italo Americani e ora come vincitori dello show che li ha fatti percorrere in dieci puntate La Via delle Indie, oltre 8 mila chilometri con un euro al giorno a disposizione. "Sono tornato con tre nuovi progetti - racconta Bastianich mentre il programma Sky Original realizzato da Banijay Italia registra il miglior risultato di ascolti di sempre -. Ho investito in un birrificio in India; con Nick il ragazzo cambogiano che ci ha accompagnato nell'ultima puntata aprirò un punto vendita dell'Antico Vinaio in Singapore. Mentre Amrat suonerà nel mio prossimo disco. Questo per dire come abbiamo vissuto questa esperienza. Abbiamo coinvolto queste persone in una maniera così reale che anche le conseguenze saranno reali".

Restaurant man anche in trasferta non ha perso occasione per fiutare il business

"Cerco di raccogliere il talento nella vita. Mi spiace, mi arrabbio, quando incontro persone che hanno un potenziale ma gli manca un passo per fare il salto nella vita. È il mio modo di pensare, di essere, ed è stato così anche nel viaggio".

 

Ha detto che tutti siete andati a Pechino Express con una missione. Qual era la sua?

"Volevo fare una cosa che non avevo mai fatto, il concorrente. La strategia, la motivazione, è stata in evoluzione, dopo una o due puntate ho capito veramente cosa stavo facendo e anche la mia esperienza è cambiata".

 

Perché non l'ha fatto prima, a 40 anni?

"A 40 anni avevo più paura di lasciarmi andare, ero più riservato con la mia immagine. Adesso, a 55 anni era il momento giusto. È stato un processo anche liberare il mio modo di essere. Fa parte dell’evoluzione della mia vita. Dò più importanza ad altre cose, non più solo soldi. Ci sono altre cose che arricchiscono la vita. L'incontro con le persone. A Pechino Espresso (continua a chiamarlo così, ndr) bisogna essere capaci di condividere la tua umanità. Devi convincere le persone che incontri che sei meritevole del loro aiuto. Non puoi fingere".

 

Mentre andava in onda il programma teneva d'occhio i social?

"No, non li guardo mai"

 

Tutto questo tempo lontano dalla comfort zone cosa comporta?

"Il cambio più forte è stato passare dall'essere conduttore, autore ad essere un concorrente. Mi serviva aggiustamento mentale. Un cambio emotivo. Stare senza telefono è stato il minimo. Alla prima puntata ho capito che era tutto vero: che si mangiava davvero il riso, che si doveva anche andare in bagno senza carta igienica. Non abbiamo fatto televisione. Abbiamo vissuto in pieno ogni secondo".

 

L’ultima notte ha detto che le sarebbero mancate un po’ di cose. Cosa le manca?

"Ti manca l'intensità dell'esperienza. Stare tutti i giorni e le ore insieme con Andrea, la gara. È intenso e stancante. La prossima volta mi propongo per la conduzione. È un viaggio unico che non potrai mai fare nella vita reale. Sono ancora nel processo di digestione delle emozioni".

Qual è stato il momento fisicamente più impegnativo?

"Quando mi sono fatto male, non si è visto molto dal montaggio, ma mi sono infortunato seriamente. Quando sono tornato a New York ho subito due interventi e fatto un mese di terapia. Non mi sento ancora al cento per cento. Ho pianto davvero. Mi sono sentito vulnerabile e ho pensato di non riuscire a portare a termine la trasmissione".

 

Emotivamente invece?

"La storia di Elvis in Cambogia mi ha commosso molto. Stavamo ascoltando le ultime parole della sua vita. Mi sono sentito privilegiato ad aver sentito la storia di questo uomo, una storia di guerra, di migrazioni. E poi mi ha molto stupito il mondo dei sikh indiani. A New York ce ne sono molti, ma non mi ero mai soffermato a capire la loro cultura. Ora invece mi si è aperto un mondo. Il fatto di aver conosciuto queste persone, questa famiglia mi ha fatto venire molte curiosità che voglio approfondire".

 

Che persone ha incontrato nel viaggio, chi le è rimasto impresso o l'ha fatta riflettere?

"Sapevo che sarei andato a vivere un'esperienza molto forte, ma non sapevo quanto. Sono diversi i valori umani, incredibile la diversità rispetto al mondo in cui viviamo. Ho in mente quell'uomo indiano che ci ha ospitato per una notte e ha dormito fuori dalla stalla per terra su un tappeto, per proteggerci. Pensiamo se in Italia o negli Usa qualcuno bussasse alla nostra porta per chiederci ospitalità cosa saremmo disposti a fare".

 

Come avete fatto a vincere contro la Pellegrini e Giunta?

"Tecnicamente erano più forti, ma nella vita bisogna vincere nei momenti importanti e noi l’abbiamo fatto. Avevamo tante armi a disposizione. Anche la chitarra ha funzionato. Poi il fatto che in India conoscessero Masterchef Usa mi ha aiutato. Ma la finale l'abbiamo vinta grazie al naso di Andrea. Abbiamo accumulato minuti di vantaggio e siamo riusciti a recuperare anche l'errore dell'ultimo momento".

 

Cosa farà ora con Andrea?

"Stiamo lavorando ad un progetto musicale. Abbiamo le stesse passioni: amiamo cucinare e fare musica. Con o senza telecamere".