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Il patto dell'Amarone: pace fatta tra Consorzio della Valpolicella e Famiglie Storiche

Christian Marchesini e Pierangelo Tommasi
Christian Marchesini e Pierangelo Tommasi 
Dopo otto anni di tensioni e contenziosi, accordo fra le due realtà del territorio del vino veneto. Marchesini (Consorzio): "Porte aperte a tutte aziende per lavorare insieme". Tommasi (Famiglie): "Rispetto reciproco, guardiamo al domani"
3 minuti di lettura

Pace è fatta. Dopo otto anni di tensioni, contenziosi e ricorsi, torna il sereno nel mondo dell’Amarone. Il Consorzio per la Tutela dei Vini Valpolicella e la società Famiglie Storiche, in causa dal 2015 per l’utilizzo della Docg “Amarone della Valpolicella”, hanno raggiunto un accordo. Le due realtà, che fino ad oggi hanno viaggiato separatamente nella promozione dello stesso territorio, sono pronte a riprendere un percorso comune.

 

È questa l’intenzione dichiarata ufficialmente da entrambi i protagonisti: “Consorzio e Famiglie Storiche condividono l’obiettivo di agire, ciascuno per quanto di propria competenza, per lo sviluppo della Docg “Amarone della Valpolicella” e delle altre denominazioni, favorendo un clima di equa competizione tra produttori, rispetto reciproco, collaborazione e dialogo; ribadiscono l’importanza della difesa della Docg “Amarone della Valpolicella” e delle altre denominazioni del territorio e della loro promozione in Italia e all’estero, con l’obiettivo di favorire la loro conoscenza e di consolidarne il successo, nell’interesse di tutta la collettività”. Lo sguardo è dunque proiettato in avanti. “Guardiamo al futuro per il bene della denominazione”, è il commento a caldo del presidente delle Famiglie Storiche, Pierangelo Tommasi. E chissà se la prossima edizione di Amarone Opera Prima potrà essere portata avanti in modo unanime. È quanto auspica Christian Marchesini, presidente del Consorzio della Valpolicella: “Noi, che sul territorio siamo l’istituzione, abbiamo le porte aperte per tutti gli utilizzatori della denominazione, e auspichiamo un rientro delle aziende familiari nel sistema”.

Il contenzioso fra Consorzio e Famiglie Storiche era iniziato nel 2015, con un contrasto incentrato sull’utilizzo del termine “Amarone”, anche se alla base delle incomprensioni fra le due realtà c’erano anche le diverse filosofie di approccio al mercato (prezzi medi, rese, ettari vitati e così via). A partire dalla questione dell’uso del marchio Amarone poi, dopo un confronto avviato dal Consorzio con il ministero dell’Agricoltura sul tema della gestione del marchio che spetta appunto al Consorzio, nel 2015 è partita un’azione legale. I primi due giudizi (nel 2017 e nel 2019) hanno dato ragione all’istituto di tutela della Valpolicella. Poi le Famiglie hanno presentato ricorso in Cassazione che, una volta raggiunto l’accordo,  è stato ritirato.

 

“Le Famiglie Storiche in questi anni hanno rispettato tutti i punti delle sentenze – spiega Marchesini – e i sempre più frequenti confronti con loro hanno favorito un dialogo proficuo. Questo processo di chiusura del contenzioso è iniziato con Alberto Zenato, ex presidente delle Famiglie Storiche che ringrazio, e si è chiuso con Tommasi. E voglio dire grazie anche a sette famiglie in particolare, che avrebbero potuto chiedere risarcimento danni per concorrenza sleale, ma che hanno rinunciato per il bene della denominazione, proprio per favorire la chiusura del contenzioso: sto parlando di Cantina di Soave, Cantina di Colognola AI Colli, Corte Rugolin, Corte Figaretto, Roccolo Grassi, Sartori Vini e Zyme”.

 

Il territorio che ruota intorno all’Amarone ha un valore oltre 600 milioni di euro, con 70 milioni di bottiglie prodotte in tutta la denominazione (Amarone, Valpolicella Ripasso, Recioto e così via) di cui circa 17 milioni di solo Amarone. La quota export rappresenta il 75% del totale, e negli ultimi anni c’è stata anche una riscoperta da parte del mercato italiano. Il Consorzio coinvolge 2280 soci di cui 326 imbottigliatori. Gli ettari vitati sono 8586 ettari. “Il tempo sarà galantuomo e ci indicherà la strada della collaborazione – dice Marchesini – E se le Famiglie decideranno di rientrare nel Consorzio, ne saremo molto lieti. Con Tommasi c’è un dialogo sul futuro”.

 

Le Famiglie, dal canto loro, sono sollevate per la conclusione della causa, ma sulla possibilità di rientrare nel Consorzio sono caute e stanno valutando il da farsi. Stiamo parlando di un gruppo di 13 aziende, nato nel 2009, che dal 2010 gestisce in modo congiunto il prestigioso locale Antica Bottega del Vino a Verona, locale che vanta le sue radici nel lontano Cinquecento.  In tutto le famiglie gestiscono 800 ettari di vigneti di proprietà dedicati all’Amarone, il cui valore medio al consumatore al livello mondiale è di 35-36 euro. E sul fatturato totale della denominazione il gruppo delle 13 incide per il 22-23%. “Finalmente il contenzioso è chiuso e ne siamo contenti tutti, ho avuto l’onore di ereditare un anno fa dal precedente presidente Zenato un lavoro già avviato che siamo riusciti a portare a termine: la volontà c’era e i tempi erano maturi – dice Pierangelo Tommasi  - I tempi si sono allungati oltre il dovuto anche per la burocrazia, ma l’intenzione di fare pace c’era già, e ora finalmente s’è concretizzata. Rientrare nel Consorzio? Vedremo in futuro: ne parleremo nel gruppo famiglie, ma già questa conclusione è importante. Per favorire la pace è stato ritirato il ricorso in Cassazione. Ora lavoriamo con maggiore serenità, quando c’è una causa in essere c’è sempre disagio, la pace è importante anche per l’aspetto emotivo, oltre che per quello operativo”. Tommasi sottolinea gli interessi e gli intenti che le famiglie hanno in comune: “Siamo gruppo attivo, gestiamo manifestazioni in Italia nel mondo, abbiamo l'Antica Bottega del Vino di Verona, e portiamo avanti un importante lavoro di squadra, pur essendo competitor. Ma la nostra è competizione sana, che ci spinge ad alzare l’asticella per innalzare il livello medio dell’Amarone nel mondo”.

A questo proposito, Tommasi a nome delle famiglie sottolinea come l’Amarone abbia tutte le caratteristiche per far parte dei fine wines, i vini di pregio, insieme ad altre importanti  denominazioni nazionali: “A tale proposito, il Consorzio, come ha fatto e sta facendo, deve lavorare per far crescere il valore medio dei terreni e del prodotto finito. In Italia, facciamo vini di estrema qualità e, come accade in altri Paesi d’Europa (come la Francia, ndr), dobbiamo cooperare in questa direzione: è vero che il Consorzio non ha il controllo sul prezzo del vino, ma può imporre certe scelte coerenti con questa filosofia di qualità assoluta”.