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In Adriatico l’invasione dei granchi blu: "Ma può essere una risorsa in cucina”

Carlotta Santolini
Carlotta Santolini 
Il crostaceo arrivato nelle lagune dell'Adriatico rappresenta un potenziale disastro ecologico. La startup Blueat prova a trasformarlo, con l'aiuto degli chef, in ingrediente 2.0 
2 minuti di lettura

Chissà se il granchio blu riuscirà a diventare simbolo di una cucina dell'Alto Adriatico in versione 2.0: ristoratori e pescatori ci sperano, anche per fermare un potenziale disastro ecologico ed economico. Tutta colpa di questo crostaceo giunto nelle lagune che corrono tra la Serenissima e il delta del Po attraverso le acque di zavorra – pare - delle navi provenienti dall'Atlantico. «Di fatto non ha antagonisti naturali e si è moltiplicato a dismisura fino a diventare una minaccia per le specie autoctone: è un predatore formidabile che si nutre di qualsiasi altra specie, dalle uova, agli altri crostacei» spiega Carlotta Santolini, biologa marina che da anni studia il fenomeno. «La buona notizia è che non solo è commestibile, ma è addirittura prelibato. E può avere un futuro sia nella ristorazione che, a partire da oggi, nella grande distribuzione».

Il granchio blu
Il granchio blu 

Santolini è tra le fondatrici di Blueat, startup riminese che ha lanciato il progetto Mariscadoras: per valorizzare il granchio blu come risorsa, si è resa disponibile ad acquistare tutta la quantità di granchio blu pescato nell’Adriatico e Ionio (Zona FAO 37.2) a un prezzo convenzionato presso il punto di sbarco dei pescatori o il mercato della loro cooperativa.

 

«Paradossalmente, questo crostaceo può salvare il futuro dei pescatori, dopo aver provocato danni inenarrabili all'ecosistema lagunare, tra cui una quasi scomparsa delle moeche, i tradizionali crostacei che rappresentano da sempre una tipicità dalla laguna di Grado fino al delta del Po. Si mangia perfino le vongole, non appena uscire dal loro guscio» spiega Paolo Mancin, presidente del Consorzio di Tutela Cozza di Scardovari. «Le moeche a sud Chioggia non ci sono più: ma il granchio blu, apprezzato anche dal mercato orientale, sta creando opportunità alternative che possono salvare la pesca in Alto Adriatico: costa meno, ma c'è più quantità disponibile e, a differenza delle moeche, si pesca tutto l'anno e non solo in primavera e autunno. Senza fermo pesca, peraltro».

Il team di Blueat
Il team di Blueat 

Per la cucina veneziana può essere un'innovazione: il paragone corre all'arrivo del baccalà nei primi decenni del XV secolo. Anche quella volta si riuscì a trasformare una disgrazia in un successo, con l'importazione dello stoccafisso da Røst e dalle isole Lofoten dove il mercante e senatore veneziano Pietro Querini approdò, dopo un naufragio, nel gennaio 1432. «Quella fu davvero una rivoluzione» commenta Ermanno Tagliapietra, che proprio sul commercio del baccalà ha costruito il valore internazionale della sua azienda. Dal baccalà al granchio il passo è breve e i Tagliapietra sono al lavoro per la sua trasformazione e distribuzione, ad esempio come sughi pronti. Intanto il granchio blu si misura con il segmento della ristorazione gourmet, come spiega Chiara Pavan, ai fornelli del ristorante gastronomico Venissa, nel cuore della città lagunare.

«Non è l'unica specie invasiva che abbiamo messo in menu, rendendole al centro di un percorso di degustazione. Ha un gusto più dolce rispetto alla granseola, incuriosisce e affascina i commensali, ai quali viene ovviamente spiegato a dovere». Da Venissa, ad esempio, è in carta «il chawanmushi di granchio blu dove si utilizzano polpa, la sua bisque e una crema di latte di soia, oltre a scarti e carapaci per il fondo di cottura. Lo serviamo con fiori di timo e glicine. Abbiamo preparato anche un raviolo di granchio blu con una yuba (pellicina sottile) di latte di soia, servito con tuorlo d'uovo e fiori e foglie di maggiorana».

 

Il nuovo crostaceo conquista anche i palati del Ferrarese e del delta del Po, entrando ad esempio negli antipasti – e nelle paste fresche – della cucina di Maria Grazia Soncini alla Capanna di Eraclio a Codigoro. «È entrato subito nelle simpatie gastronomiche dei clienti, chi lo assaggia torna a chiederlo». Insomma, guai a dire che “prendere un granchio”, anche se blu, equivale a un errore.