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La lezione del Monferrato: "Il vino aiuta a vivere meglio, basta non eccedere"

Il fascino delle colline del Monferrato
Il fascino delle colline del Monferrato 
Via al Wine Festival di Costigliole d'Asti con un dibattito su vino e salute. Calabrese: "È il troppo che va frenato". Mentre dai Paesi della World Trade Organization arrivano pareri contrari agli alert sanitari sulle bottiglie chiesti dall'Irlanda 
5 minuti di lettura

Bere responsabilmente, senza eccedere, un bicchiere al giorno le donne, due gli uomini – come ricorda Giorgio Calabrese, studioso e docente di dietetica e nutrizione - E godere dei paesaggi vitivinicoli che offre l’Italia e che fanno parte del patrimonio culturale del Paese, oltre che dell’Unesco. Come le colline del Monferrato. È proprio al tema attualissimo delle connessioni fra consumo di vino e benessere che è stato dedicato il convegno inaugurale del Monferrato Wine Festival in un incontro organizzato dal Consorzio di Tutela della Barbera in collaborazione con ilGusto che ha visto protagonista il professor Calabrese. Tre giorni quelli della kermesse, a Costigliole d’Asti dal 19 al 21 maggio, all’insegna di incontri, visite in cantina e degustazioni, con la presenza di Helmuth Kocher, fondatore del Merano Wine Festival e critico enogastronomico, dedicati alla bellezza di una delle zone del vino su cui l’attenzione internazionale è più viva.

Il taglio del nastro del Monferrato Wine Festival
Il taglio del nastro del Monferrato Wine Festival 

E per partire, l’obiettivo si stringe proprio sul binomio vino-salute. Tematica percepita sempre più come prioritaria nel dibattito mediatico, politico e sociale. “Lo scopo è porre sotto i riflettori questo importante legame – dice Filippo Mobrici, presidente del Consorzio di tutela dei vini del Monferrato - Non si vuole negare che il vino, somministrato in eccesso e non responsabilmente, possa portare a conseguenze negative per il corpo umano ma, allo stesso modo, non si può dimenticare cosa questo prodotto rappresenti per la storia e la tradizione italiana".

“È importante delineare un chiaro confine fra l'assimilazione di alcool in età giovanile e il momento in cui una persona può iniziare a godere di un calice di vino in maniera sicura - spiega Giorgio Calabrese, che è stato tra i primi ad aver definito il vino un “alimento liquido -  ed è fondamentale tenere presente che ci sono un un quantitativo minimo e uno massimo che può essere introdotto nel corpo umano. Questo limite è dettato dal fatto che l’alcool può essere assimilato e metabolizzato solo grazie all’esistenza di quattro enzimi che, fino ai 18 anni di età, non sono ancora correttamente formati: Enzima alcoldeidrogenasi (ADH), Sistema microsomiale di ossidazione dell'etanolo (MEOS), Enzima Catalasi, Enzima Acetaldeide deidrogenasi (ALD). Il loro lavoro permette all’alcol di non trasformarsi in acetaldeide, sostanza tossica e che può scatenare reazioni metaboliche nell’organismo. Questa trasformazione non è possibile che avvenga prima dei 18 anni di età, proprio per la mancata maturità degli enzimi contenuti nel corpo di un adolescente. Per questo motivo, fino al sopraggiungere dei 18 anni, è bene evitare la somministrazione anche del vino, in attesa di un periodo di vero e proprio svezzamento, abituando il corpo a poco a poco all’assunzione di questo “alimento liquido”, capace di impastarsi con ciò che si mangia. E per questo il vino deve essere sempre accompagnato al consumo di cibo e mai bevuto a digiuno, seguendo le indicazioni della medicina”.

L'assessore regionale del Piemonte all'Agricoltura Marco Protopapa e il professor Giorgio Calabrese
L'assessore regionale del Piemonte all'Agricoltura Marco Protopapa e il professor Giorgio Calabrese 

Ma in Italia il vino non è solo un alimento, è cultura, emozione, storytelling, passione. “Un racconto – sottolinea Mobrici - che inizia millenni fa e che perdura dai greci ai giorni nostri, creando un immaginario tangibile nella storia, nella cultura, nei paesaggi italiani e nella vita quotidiana di gran parte della popolazione. Liquidarlo mantenendosi solamente sulla posizione “il vino fa male” sarebbe semplicistico, un approccio che in questa sede verrà chiarito. Il Monferrato, con le sue colline profilate dai filari, nondimeno è stato proclamato Patrimonio Mondiale dell’Umanità, e questo obiettivo è stato raggiunto in quanto territorio custodito da aziende e famiglie che si impegnano quotidianamente nella produzione di un prodotto naturale, non sintetico ma che arriva direttamente dalla terra. Un’eccellenza portatrice di molteplici significati, tutti di rilevante importanza, che non può essere equiparato a bevande come e i super alcolici e può essere comunicato in modo positivo, come bevanda di cui si può godere con un consumo pensato e responsabile". 

"È l'eccesso che va frenato - ribadisce Calabrese - ma bevuto nelle giuste quantità il vino ha anche effetti benefici sulla salute grazie agli antiossidanti". Senza contare l'aspetto emotivo che fa sì ch sempre più wine lover siano coinvolti nell'enoturismo e nel racconto che ruota intorno ai paesaggi e alle storie dei produttori.

Il dibattito che ruota intorno a vino e salute è diventato ancora più centrale dopo la richiesta dell’Irlanda all’Europa di appore sugli alcolici etichette sanitarie, sulla falsa riga di quelle già presenti sulle sigarette, per avvertire i consumatori sui rischi che l’assunzione dell’alcol può avere sulla salute, creando un collegamento diretto fra il bere e il cancro. L’Ue, dal canto suo, non si è espressa in proposito, e il suo mancato intervento è stato, giocoforza, interpretato come un silenzio-assenso. Tuttavia, prima di procedere in qualsiasi direzione, lo scorso febbraio l’Irlanda ha notificato alla World Trade Organization (WTO) la sua intenzione: la decisione irlandese ha infatti delle implicazioni commerciali inerenti l’export. Se la sua proposta fosse accolta, su tutti gli alcolici che dai vari Paesi del mondo vengono esportati a Dublino, dovrebbero essere riportate le etichette sanitarie, creando una disparità all’interno di quello che è il mercato unico europeo e creando complicazioni anche al commercio internazionale. Tanto che Usa, Australia, Regno Unito Cuba e Repubblica Dominicana hanno espresso parere negativo. E il 21 giugno è fissata una discussione formale sul tema all’interno de WTO.

Calici di Barbera d'Asti
Calici di Barbera d'Asti 

“Questa situazione internazionale porta con sé una serie domande e questioni a cui l’Irlanda dovrà rispondere – spiega l’eurodeputato Paolo De Castro – E finché non risolve i quesiti, la WTO non può muoversi: tutti i produttori che esportano dovrebbero adeguarsi alla decisione irlandese, posizione che però è contro il mercato unico. E così Dublino rischia di essere accusata di creare problemi commerciali in Europa e al livello internazionale”.

Varie organizzazioni europee del vino hanno fatto obiezione in proposito: Mauricio González-Gordon, presidente del Ceev, Comitato delle imprese del vino europee, ha espresso parere critico. E anche il segretario generale dello stesso comitato, Ignacio Sánchez Recarte, ha sottolineato come possa essere complicato per l’Ue spiegare la compatibilità fra l'iniziativa irlandese e il mercato unico.

Unione italiana vini, dal canto suo, nella persona del presidente Lamberto Frescobaldi, sollecita l’adozione di una stessa regola in tutta l’Europa, per evitare disparità rispetto ai singoli Paesi “altrimenti – chiosa Frescobaldi - il mercato unico va a farsi benedire". “Il paradosso – fa notare De Castro - è che laddove la WTO difende il mercato unico, la Commissione Ue invece ha taciuto”.

Una situazione non facile, soprattutto nel momento in cui l'Irlanda si trova a combattere contro l'alcolismo che si presenta come una vera piaga sociale: secondo una recente ricerca, il 70% degli uomini e il 34% delle donne irlandesi sono considerati a rischio di problemi con l'alcol.

Il Ceev, cercando soluzioni uniformi per tutta l’Europa, sta vagliando la possibilità di far apporre volontariamente sulle bottiglie di alcolici dei claim generici e universalmente riconosciuti che invitano le persone a bere senza eccessi, a discrezione dei singoli produttori, del tipo: “Bevi responsabilmente” “L’alcol fa male alle donne incinte” “No alcol per i minori”. Ma anche questa opzione solleva dubbi legati alle differenti normative vigenti nei singoli Paesi. Il punto su cui riflettere, per Domenico Bosco, responsabile nazionale del settore vinticolo per Coldiretti, è legato a come ci si rapporta alla questione alcol. “In Italia c’è un approccio formativo basato sulla responsabilizzazione di chi beve: Coldiretti da almeno 7-8 anni nelle sue iniziative usa lo slogan "bevi responsabilmente". Approccio, il nostro, che si scontra con quello anglosassone che appare più sbrigativo: metto un bollino, un alert sul prodotto e questo basta quello per risolvere il problema, un po’ come accade con il Nutriscore. Ma in realtà, non è sufficiente apporre l’avvertenza, servono un’attenta comunicazione e un'adeguata formazione. E poi è necessario trovare meccanismi per coinvolgere il mondo produttivo affinché le stesse aziende possano dare una mano in questa direzione”.

Ricordiamo che il settore vino muove un giro di affari di oltre 15 miliardi i cui 8 di export. “Dovremmo riuscire a convincere il decisore politico europeo (quindi la commissione Ue) ad avere approccio educativo al tema, anche se non è facile – chiosa Bosco - In Irlanda e in alcuni Paesi del nord Europa il bere è fine a sé stesso. Ma da noi non è così, è parte integrante del nostro modo di vivere”.