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Dal sushi-burger al ramen fino agli spaghetti meatballs: storia del panino dalle mille vite

Il sushi burger
Il sushi burger 
Il mondo celebra l’Hamburger Day: nato sulle navi amburghesi, poi approdato sulle sponde americane dove ha fatto fortuna, oggi spopola nelle versioni gourmet. E trova nuova vita nella variante smashed: ecco come farne uno perfetto
4 minuti di lettura

Classico, vegetariano, vegano, proteico, alla frutta, di ramen, di spaghetti, di avocado, agli insetti e, naturalmente, smashed. L’hamburger accontenta davvero tutti e oltrepassa gusti e generazioni. Oggi si celebra l’Hamburger Day: la giornata dedicata al panino più amato al mondo nelle sue svariate declinazioni. Ma da dove parte questa preparazione diventata prima icona di una nazione e successivamente tendenza gastronomica mondiale?

Avocado burger
Avocado burger 

Naturalmente, come spesso accade per i piatti più famosi, tutti cercano di accaparrarsene la paternità, quindi se avete tempo (e voglia) la rete è un florilegio di teorie mirabolanti sulla nascita e sullo sviluppo della famosa polpetta di carne grigliata. Noi ci fidiamo della storia e questa ci riporta alla fine dell’800 nei freddi mari europei, ma facciamo un passo indietro.
Se per hamburger intendiamo semplicemente della carne “da passeggio” dobbiamo scomodare addirittura i tartari e viaggiare nel tempo fino al XII secolo. Era infatti loro abitudine, durante le spedizioni, mettere dei pezzi di manzo sotto le selle per ammorbidirli e per mangiarli successivamente. Loro però, con buona pace della carica batterica e delle norme igieniche del tempo, la consumavano cruda. Da qui il termine “tartare”.

L’idea di cuocerla e metterla fra due fette di pane fu del cuoco tedesco Otto Kuasw che alla fine del’800 decise di sbatacchiare una salsiccia sulla griglia, cuocendola con del burro, spesso insieme ad un uovo. Il tutto veniva assemblato all’interno di due fette di pane. Questa moda di mangiare la carne trasbordò immediatamente in mare, o meglio sulle navi del porto più importante d’Europa, quello di Amburgo. I marinai che attraversavano l’Atlantico per giungere in America portavano con loro anche le tradizioni gastronomiche del Paese che lasciavano, e a quanto pare su quelle navi il panino di Kuasw, facile da preparare e molto nutriente, era l’alimento più gettonato. Successivamente gli emigranti, al grido di “Hamburger uber alles!”, hanno continuato a preparare queste polpette poco costose chiamandole “hamburger steak” e poi semplicemente “hamburger”, che in tedesco vuol dire per l’appunto "proveniente dalla città di Amburgo".

L'hamburger classico americano @GettyImages
L'hamburger classico americano @GettyImages 

In poco tempo questa pietanza spopolò in tutti gli States fino ad esserne totalmente assorbita dalla cultura indigena. Il resto è storia, con l’hamburger eletto a piatto nazionale, identificativo al punto tale da far dimenticare praticamente della genesi teutonica. Fatta pace con la storia, i fatti raccontano di un piatto che sta vivendo un momento di splendida forma, versatile e al passo con le ultime tendenze gastronomiche.

Ad esempio è moda degli chef contemporanei declinare il famoso burger in varianti gourmet. Da Ferran Adrià col suo hamburger “gastronomicamente corretto” ad Alain Ducasse con i suoi “veg burger” in piazza della Bastiglia a Parigi, passando ai “super succulenti” di Gordon Ramsey per le cucine dei suoi ristoranti stellati statunitensi, fino ad arrivare in Olanda dallo chef Diego Buik, chef executive del ristorante South of Houston all’Aia, con l'hamburger “normale” più caro del mondo, composto da Wagyu, Black Angus, aragoste Oosterschelde, foie gras, formaggio Remeker, tartufi bianchi e neri, prosciutto iberico e caviale. Non può mancare la foglia d’oro a suggellare il prezzo di oltre 2.000 euro. Per dovere di cronaca riferiamo che l’hamburger più caro al mondo è ancora quello del Juicys Outlaw Grill, a Corvallis, in Oregon, Stati Uniti, che viene venduto a 5mila dollari. Parlavamo di normale prima, perché questo ha le dimensioni di un’utilitaria. 


Anche in Italia l’hamburger gourmet va per la maggiore. Il primo a sdoganarlo fu il criticatissimo Gualtiero Marchesi, maestro di tutti e padre della santificata cucina italiana, che nel 2011, fregandosene del gastrofighettismo già imperante, decise di creare in partnership con McDonald due panini, il Vivace e l’Adagio. Fu impallinato dai più, ma riuscì nell’intento di avvicinare i palati più giovani a sapori non convenzionali. Massimo Bottura, neanche a dirlo, ha una sua versione del panino, l’Emilia burger, con un concentrato di Emilia Romagna. All’interno si trovano infatti gelatina di cotechino, Parmigiano Reggiano e una salsa all’aceto balsamico.

 

Il celebre spaghetti meatballs hamburger
Il celebre spaghetti meatballs hamburger 

Fuori dal mondo dell'alta ristorazione le possibilità di mangiare un burger non convenzionale sono molteplici. Dall’hamburger di sushi agli “avocado burger” color fluo criptonite, con il pane che viene realizzato con polvere di avocado. Nell’ampio panorama del “tutto vale” anche i quotatissimi burger di ramen dello chef nipponico Keizo Shimamoto. Gli fanno il verso quelli del degrado gastronomico italo americano con i celeberrimi “spaghetti meatballs”, con la pasta al sugo rappresa e messa in contenitori che regaleranno la forma del pane e la polpetta in mezzo a guisa di burger. 

Ramen Burger
Ramen Burger 

La nuova tendenza, questa volta buona, anzi buonissima, è quella degli smash burger, che hanno il pregio di aver svecchiato il concetto stesso del panino e averlo allontanato dalle imbarazzanti derive del foodporn. La carne infatti viene schiacciata, smashata appunto, e cotta rapidamente su piastra rovente. A differenza del tradizionale hamburger alto, questo risulterà succulento dentro, per via della brevità della cottura dovuta al poco spessore della carne e croccante fuori grazie alla reazione di Maillard, processo di reazione fra gli amminoacidi delle proteine e gli zuccheri, che creerà la famosa crosticina marrone che tanto ci piace, insieme ad un complesso di profumi e sapori che accompagnano la crosta stessa. Decisamente irresistibili. In realtà i famosi smash burger esistono fin dagli albori, anzi era proprio la metodologia di cottura utilizzata dai tedeschi che col tempo cedette il passo alla classica polpetta di carne alta che non veniva schiacciata per preservarne i succhi.

 

Lo smash burger
Lo smash burger 

Infine se volete gustarvi il burger del momento a prova di cottura (e crosticina) ecco i segreti per non fallire uno smash.
Il primo trucco è tirar fuori la carne dal frigo appena prima della preparazione. La carne fredda infatti trattiene i suoi grassi allo stato solido e conseguentemente anche i suoi succhi. Mentre la carne deve essere fredda, la piastra invece deve essere rovente.
Quando la “pallina” di carne viene appoggiata sulla piastra (o in padella) la polpetta va schiacciata entro i primi 30 secondi con forza, facendo pressione per circa 10 secondi. Per farlo bene, sarà utile avere i giusti utensili.
Una volta schiacciata per bene, la carne non andrà più pressata. Il rischio della perdita dei famosi succhi, infatti, risiede tutto in questa eventuale deprecabile tendenza a “smashare” ancora il disco di carne. Non fatelo.
La carne infine va girata una volta sola, quando vedremo i suoi bordi imbruniti, e cotta ancora al massimo per una manciata di secondi.