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Mauro Uliassi e il suo mare: "Quelle sogliole pescate da bambino mi hanno fatto innamorare"

Mauro Uliassi
Mauro Uliassi 
Lo chef tre stelle Michelin di Senigallia: prima o dopo il servizio, devo scappare anche solo mezz’ora a respirare l’aria salata
3 minuti di lettura

“Io vivo da sempre in una città di mare e di marinai. Sono influenzato dall’energia che il mare sprigiona e proprio in questo angolo in cui la spiaggia incontra la banchina ho voluto il ristorante, la casa del mio percorso professionale”. Mauro Uliassi chef del ristorante che porta il suo nome a Senigallia, quasi si illumina quando parla del suo rapporto con il mare, di cui ama tutto, anche quando è scuro e agitato e fa da specchio al cielo in quel momento elettrico prima della tempesta: “Con il sole è un paradiso, ma ha il suo fascino anche quando si alza il vento di Grecale che soffia a Nord-Est e gli schizzi delle onde arrivano a bagnare il viso”, dice.

Una delle creazioni di Mauro Uliassi
Una delle creazioni di Mauro Uliassi 

La Banchina di Levante è una lingua-promontorio dove da adolescente veniva con gli amici a prendere la rincorsa per poi tuffarsi in acqua con la bicicletta (“Che matti!”) e dove qualche anno fa si è innamorato di un “bilancino” col suo casottino: è una piccola costruzione, tipica della costa cittadina, in cui i pescatori tengono gli attrezzi per curare le reti che – come una bilancia appunto – si calano e tirano su con l’aiuto di un contrappeso. Nel casottino c’è di solito un angolo cottura per cucinare subito il frutto della pesca, per lo più sarde. Ha notato che nessuno veniva mai a usarlo, ha rintracciato i proprietari e lo ha comprato. Ora è il suo rifugio, prima o dopo il servizio, dove scappare anche solo mezz’ora a respirare l’aria salata, guardare i gabbiani a caccia di pesciolini sul pelo dell’acqua o, la sera, contare le stelle.

Il ristorante di Senigallia
Il ristorante di Senigallia 

Quali sono i primi ricordi legati al mare, quelli di bambino?

“D’estate era la festa che si annunciava ogni mattina. Gli zii con cui abitavo portavano me, mio fratello e i cugini in spiaggia. Partivamo alle 7 del mattino, con la Seicento carica di salvagenti, secchielli e formine. Stretti in sei in un’utilitaria, per me il mare era l’odore del pvc. Poi ricordo il profumo della colazione: le pesche. Erano speciali. Siamo abituati a mangiarle fredde di frigo. Ma dopo il bagno alle 11 erano calde. Le premevamo per farne succo. Forse già lì avevo desiderio di cambiare la struttura degli alimenti. Il mare era il luccichio creato dal sole sull’acqua trasparente. In autunno era pescare sulla barca a motore per prendere sogliole con papà”.

 

E che cosa la affascina oggi?

“Amo quando la bora parte da Trieste e arriva dal monte Conero. Il mare da bora ha un fascino incredibile, lo capisci subito, vedi i gabbiani intirizziti sugli scogli e senti un odore del bagnasciuga specie in autunno, quando i sedimenti sono sul bagnasciuga e fermentano, un odore che senti fino alla campagna. Insomma, è un’esperienza visiva e olfattiva costante. Vivendo a Senigallia lo senti sempre. Il mare ti entra dentro e ci resta. Penso sia come la montagna per chi vive in montagna, di cui noi gente di mare forse riusciamo a cogliere solo il 10 per cento: non basta una settimana bianca per capire”.

È preoccupato per i cambiamenti avvenuti in questi anni nell’ambiente marino? 

“Le cose in effetti sono cambiate. Fino a 15 anni fa c’erano le flotte, le barche di pescherecci. Ma ora non più. I marinari sono ormai ultra 80enni e non trovano eredi. Forse ormai certe professioni non esistono più. Non si trovano giovani a cui tramandare. Come altre forme di artigianato, la pesca non ce la fa”.

 

Che cosa potrebbe migliorare la situazione?

“Andrebbe incentivato l’artigianato – anche quello del mare – a livello governativo. I giovani non ne vedono la bellezza. Ormai si vuol fare il tronista in tv, l’influencer sui social. Ma non è colpa loro: se non si dà importanza a pescatori, falegnami e scalpellini, chi è giovane pensa che non siano mestieri stimabili. In Francia ci sono 1300 categorie e ogni anno si dà un premio a un esponente di questi mestieri. Dal ciabattino al cameriere all’imbianchino. Questo fa sì che anche un artigiano veda una luce sulla sua professione. In Italia abbiamo bisogno di questo. Di rendere onore a tutti i mestieri, il pescatore, il cameriere, il sarto”.

E per gli stock ittici in pericolo e l’inquinamento?

“Il mare sicuramente non è più quello di una volta. Basta guardare la trasparenza stessa dell’acqua. Prima si vedeva il fondo, anche a largo. Ora è più torbido. Un po’ l’inquinamento, un po’ l’innalzamento delle temperature che creano elementi in sospensione. E poi, c’è chi ha fatto danni. Le vongolare pescavano con gli aspiratori, che oggi sono vietati. Hanno fatto tabula rasa. Ma ci sono altre forme di inquinamento poco conosciute. Per esempio i cannolicchi hanno modificato il loro comportamento, me lo ha spiegato un biologo marino. Pensavo che ce ne fossero di meno, invece mi ha spiegato che si sono semplicemente allontanati più a largo, infastiditi dall’inquinamento acustico. Per fortuna qui abbiamo l’area marina del Conero e il parco marino del Piceno per salvaguardare la pesca. Stiamo cercando di arginare i problemi della pesca a strascico che nel tempo ha modificato molto l’equilibrio che garantiva la biodiversità”.