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Cucinare il mare con la sapienza delle Cesarine

 Uno dei pranzi di Barbara Olcese
 Uno dei pranzi di Barbara Olcese 
Dalla Sicilia alle Cinque Terre, l'accoglienza è di casa. Tra le mura più intime la comunità Slow Food insegna il rispetto della natura
3 minuti di lettura

Una terrazza sul mare. Non quella di Caruso, ma quella di Luisa, o magari Maria, impegnate ad arrotolare pesce crudo e cucinare contorni in attesa degli ospiti da accogliere. Luisa e Maria non esistono, non con questi nomi forse, ma si incarnano in quelle donne di costa che scelgono di fare dell’accoglienza e del cibo la loro missione. Ovvero le Cesarine di mare. Che forse non esistono, come Maria e Luisa, eppure analizzando le loro storie una per una, che siano isolane o arroccate su spiagge rosse della Sicilia del sud, ci si rende conto che hanno un’importanza fondamentale. Quella di raccontare le bontà italiane, si dirà, come tutte le Cesarine. Si, ma anche e soprattutto quella di fare da argine a una cultura media dei prodotti ittici sempre più massificata, uniformante e alienante.

 

Le Cesarine sono comunità diffusa Slow Food e all’alba di Slow Fish assumono ancora più importanza, se si pensa che nella media dei ristoranti si consumano sempre le stesse tipologie di pesce: calamari, polpo, cozze e prodotti di allevamento.  Un lavoro appassionato è il primo avamposto della cultura. Lo è quello di Gilda Failla, Cesarina di Siracusa. Di giorno impiegata in banca, ha lavorato e studiato in tutta Italia per poi tornare nella sua isola e dare voce alla sua grande passione: la Sicilia e i suoi sapori. Che promuove e difende con il semplice gesto della cucina casalinga.

Gli spazi di Gilda Failla a Siracusa
Gli spazi di Gilda Failla a Siracusa 

“Lavoro molto con i turisti americani - dice - e mi rendo conto di quanto non abbiano consapevolezza della reale ricchezza del mare”. Ogni gruppo che arriva da Gilda fa un’esperienza immersiva, a partire dal mercato di Ortigia in cui scelgono insieme gli ingredienti da preparare poi nelle cooking class nella casa sul mare. “Preparare gli involtini di pesce spada, o la caponata (tra i piatti più richiesti, ndr) guardando il mare ha un altro impatto, anche emotivo. Si crea un legame tra loro, me e il territorio in cui ci incontriamo, tanto che molti dopo anni continuano a seguirmi”.

 

Magari tornano, tornano sempre dove sono stati bene. Come Annamaria, che ogni anno dalla costa toscana si trasferisce sull’Isola del Giglio e apre “la casa dell’anima. Qui accolgo i miei ospiti da poco più di un anno (la sua avventura come
Cesarina è recente, ndr) su una terrazza che dà sul mare, con il bel tempo si vedono l’Elba, la Corsica e un tramonto mozzafiato. Nelle mie cene e nelle mie classi propongo solo il pescato che io e mio marito riusciamo a raccogliere ogni giorno nelle nostre scorribande in mare. La pesca è la mia passione di sempre e in questo modo riesco a trasmetterla e a dargli un senso”. Turisti tedeschi, principalmente, o inglesi che “raramente si aspettano poi quello che realmente trovano a casa mia”.
 

 La bellissima terrazza nelle Cinque Terre di Barbara Olcese
 La bellissima terrazza nelle Cinque Terre di Barbara Olcese 

“Per chi come noi lavora sul mare è tutto molto diverso, sia nelle aspettative che nella realtà. Non solo perché guardare l’orizzonte in blu fa passare qualsiasi pensiero o dolore, ma anche perché i nostri ospiti possono avere un rapporto con il territorio che in città è impossibile avere. Nonostante la bravura di chi cucina” racconta con piglio intenso Barbara Olcese, un attimo dopo aver concluso una classe di cucina a Riomaggiore, la più orientale e meridionale delle Cinque Terre. Lei è solita
lavorare immersa tra le vigne di Sciacchetrà, il vino magico di questa costa “così complessa. Lavorare nel mio territorio è difficilissimo, eppure magico. È questo che cerco di raccontare ai miei ospiti: cosa rende speciale il nostro vino, perché nascono i muretti a secco”, che la pesca artigianale del Golfo di Noli “o i gamberi rossi del mar ligure sono diversi da qualsiasi altra tecnica o mollusco si possano assaggiare. E che cucinarli è un atto d’amore” che non va fatto a cuor leggero. Ma con gioia, così come ognuna di loro ogni giorno cucina e racconta la sua storia e quella dei nostri mari.

 

La ricetta

Involtini di pesce spada alla siciliana (ricetta di Gilda Failla)

Ingredienti: 400g pesce spada tagliato tipo  carpaccio; 100g caciocavallo ragusano a dadini; 40g pecorino canestrato siciliano Dop grattugiato; Q.b. prezzemolo fresco; 5 pomodorini secchi (facoltativo); 120g di pane grattugiato; Q.b. Olio evo; Q.b. capperi dissalati; Q.b. Sale e pepe macinati; 1 manciata di pinoli e olio evo

Preparazione:

Mescolare in una ciotola pane grattugiato, pecorino siciliano, prezzemolo e capperi tritati finemente, un pizzico di sale e il pepe. Aggiungere olio Evo per ottenere un impasto morbido ma sgranato. Assaggiare e aggiustare di sale. Tritate i pomodori e uniteli alla farcia. Tagliare a dadini piccoli il caciocavallo (o provolone). Disporre le fettine di pesce spada, mettervi sopra farcia e dadini di formaggio. Ripiegare i lati lunghi delle fettine verso l’interno, arrotolare le fetta su se stessa dal lato corto e formare un fagottino. Infilare l’involtino in uno stecchino di legno e ripetere per tutti. Ungere le braciolette di pesce spada alla messinese con olio. Riscaldare la griglia leggermente unta di olio e cuocere gli involtini a fuoco basso. Dorati, rigirarli e proseguire la cottura. In tutto, 10 minuti, 5 per lato.