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A Slow Fish la sfida dei piccoli pescatori ai "Giganti del mare"

Le storie di chi naviga sotto costa: "Di sola pesca non si vive se non cambiano le regole". E c'è chi a vent'anni sogna di aprire un ittiturismo
4 minuti di lettura

Avere vent'anni e andare per mare: Leonardo Cavero non ha avuto dubbi. Già da bambino accompagnava il padre nelle battute di pesca, nel mare che circonda l'Isola del Giglio, in Toscana. "Mi ha tramandato la passione", racconta a Genova, con il Porto Antico disegnato da Renzo Piano trasformato per quattro giorni in palcoscenico di Slow Fish. "La mia giornata? Sveglia attorno alle 5,30, mi metto in barca, il tempo di calare le reti e aspettare un'ora, un'ora e mezza. Poi metto il pesce sotto ghiaccio e rientro in porto". Ad aspettarlo, ristoratori e commercianti della zona. "Nella rete posso trovare scorfani rossi, aragoste, pesce azzurro", che finisce così sulle tavole dei locali e nei piatti dei clienti. Tutto nel giro di poche ore.

Leonardo Cavero, intervenuto a Slow Fish (@marcodelcomune)
Leonardo Cavero, intervenuto a Slow Fish (@marcodelcomune) 

Pesce fresco, freschissimo. E non è un claim per i piccoli pescatori. E' la realtà quotidiana che si tramanda di generazione ma che si rischia di perdere nei paesi del Mediterraneo - Italia in primis - a fronte dell'arrivo nei mari di flotte di pescherecci che alimentano un mercato ormai fortemente condizionato dalla richiesta di "quantità" più che di "qualità". 

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Le difficoltà non sono solo quelle che arrivano dalle flotte. "Le principali sono di tipo burocratico - racconta Leonardo Cavero - ma anche di costi oltre che di esperienza: per andare in mare devi avere qualcuno che prima te lo insegni, che ti sappia far capire che cosa significa fare questo mestiere. L'idea o la passione non bastano. Con la pesca, da sola, è difficile guadagnarsi uno stipendio, nella nostra realtà puoi andare in mare cinque o sei mesi l'anno". Per questo servono sogni: quello di Cavero è l'ittiturismo, ovvero "cucinare agli ospiti quel che abbiamo pescato assieme". 

La barca di Robi e Joy Zentilin
La barca di Robi e Joy Zentilin 

Ed è quello che sono riusciti a fare Robi Zentilin e Joy Marvona, a Marano Lagunare, in quello spicchio della provincia di Udine che si affaccia sull'Adriatico. "Da sei anni facciamo pescaturismo - racconta Joy Marvona - ora, da due mesi, da quanto la Regione ne ha autorizzato l'attività, abbiamo iniziato con l'ittiturismo". Sul fiume Stella, al villaggio dei Casoni, è possibile vedere la loro barca da pesca avere le reti da traino calate (dal mare aperto si pescano invece seppie o sogliole), con un raccolto di cefali che poi vengono cucinati in diversi modi a quegli stessi turisti che hanno partecipato alla pesca. "Austriaci e tedeschi sono i più interessati a vivere esperienze simili - racconta ancora la pescatrice friulana - che sono ideali per famiglie con bambini. Siamo in una riserva naturale e si possono trascorrere ore in autentico contatto con l'ambiente". 

Cosimo De Biasi
Cosimo De Biasi 

Proprio in una Riserva naturale, è nata una nuova opportunità per un gruppo di pescatori della provincia di Brindisi. Nell'Oasi marina di Torre Guaceto, dopo non poche situazioni di difficoltà, si è arrivati alla ripresa di una forte attività di pesca. Cosimo De Biasi e Teodoro De Vitis sono due dei pescatori arrivati a Genova in occasione di Slow Fish per raccontare la loro storia e i loro prodotti. "In questa riserva di otto chilometri c'è pesce in abbondanza - sottolinea De Biasi - tanto da permetterci ormai di pescare una volta alla settimana salvaguardando l'habitat e il ciclo naturale di vita di una specie".

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Qui si pesca con reti a maglia larga per evitare di intrappolare gli esemplari più piccoli, ma sufficienti per raccogliere triglie, scorfani e saraghi che alimentano i mercati locali (e da qui, quelli nazionali). Un esempio? "I cefali arrivano di solito verso settembre, ma non attendiamo settimane in più, permettiamo loro di deporre le uova". Così il Consorzio Torre Guaceto è diventato un esempio di come da un divieto (quello sopraggiunto dopo l'isituzione dell'Oasi) sia nata una opportunità professionale. 

La pesca delle Masculine, in Sicilia
La pesca delle Masculine, in Sicilia 

In Sicilia, il presidio Slow Food "Masculina da Magghia" ha dato invece una nuova impronta e nobilitato il lavoro della trentaina di pescatori che ancora pescano le alici con l'antica tecnica della menaide (nella zona del Cilento nota invece come "menaica"). Gaetano Urzì è uno dei simboli di questo ultrasecolare mestiere che oggi conta una flotta con poche barche. "Dobbiamo salvaguardare questa tradizione", ripete Urzì ricordando le caratteristiche organolettiche mantenute dalle alici pescate con questa tecnica. "Le reti stanno in mare 25-30 minuti, si pescano gli esemplari più grandi, vengono smagliati, con questo tipo di pesca la carne è più dolve e ha una consistenza più soda. Poi vengono lavorate e messe nei "pugnetti", vasi di terracotta, per la conservazione". E quindi arrivano in commercio, filetti sott'olio delicati e da assaggiare.

I problemi in Sicilia? "Sempre meno pesce, è l'effetto del clima, anche le date del pescato variano e gli esemplari non crescono più come prima: una volta - dice Urzì - servivano 32-38 esemplari per un chilo di prodotto, oggi siamo tra i 42 e i 50". Le cause? "Il sovrasfruttamento dei mari, l'uso di lampare ampliato tutto l'anno, lo strascico, le flotte". 

La sede di Marpesca
La sede di Marpesca 

Dalla Sicilia alla Calabria, dove Piergiorgio Ceravolo racconta la propria esperienza imprenditoriale a Vibo Valentia Marina. Ceravolo ha 34 anni, con il fratello maggiore Francesco guida la società armatoriale del gruppo Marpesca. "Tonno rosso e pesce spada, in un mercato esigente dove riusciamo a garantire la qualità del prodotto a miglio zero, raggiungendo il consumatore in tutto il Paese in meno di ventiquattro ore". E nel rispetto dell'ambiente, tanto da vantare la certificazione "Friend of the Sea". "Sul tonno non c'è più overfishing - aggiunge Ceravolo - tra controlli, quote di pesca e procedure varie si è riusciti a regolarne la pesca". Il risultato è "un prodotto con qualità ancora maggiori, carni rosse e compatte e caratteristiche organolettiche rispettate".

Peschereccio nel golfo di Genova @GettyImages
Peschereccio nel golfo di Genova @GettyImages 

Storie di pesca, storie di resistenza, ma anche richieste di aiuto. Perché per chi pesca sotto costa il problema c'è, esiste. Urzì, il pescatore catanese, chiede di "rivitalizzare la pesca artigianale, allontanare attività di pesca a strascico sotto costa, salvaguardare quella che è un'impronta identitaria dei borghi. Perché la pesca è cultura e non dobbiamo puntare alla durabilità delle risorse naturali". E così la pensa Felice Mammoliti, pescatore di Calata Vignolo, a Genova, che in modo tranchant spiega: "Non è un problema di mare o di giovani che non fanno i pescatori, ma solo di legislazione: è evidente che tutto ciò che è piccolo sparisce, lo stesso mediterraneo che è una pozza rispetto agli oceani è destinato a sparire. Oggi i piccoli pescatori non sono tutelati, ma messi alla stregua dei grandi armatori. Sì, ma in 139 giorni di pesca autorizzati quelli pescano un'infinità di volte quello che raccolgo io con la mia barca. Come possiamo essere sottoposti alla stessa regolamentazione e sopravvivere?"