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Slow Fish, la sfida di Nikki: "Coltivo alghe per salvare il pianeta"

Nikki Spil
Nikki Spil 
La testimonianza di Nikki Spil, architetta e manager 33enne di Câr-Y-Môr, società di allevamento di alghe, molluschi e ostriche sulla costa ovest gallese: "Ottime come cibo ma anche riciclate per creare fertilizzanti e plastiche bio
4 minuti di lettura

Nikki Spil a vent’anni viveva nel Nord dell’Olanda, in un’area industriale, ricca di grandi fabbriche, e studiava per diventare architetta. “Poi un giorno un amico, che all’università frequentava corsi sulla biodiversità, mi disse: c’è bisogno di coltivare alghe nel mare, per combattere l’inquinamento, per ridurre la presenza di metalli pesanti, per dare i nutrienti dal mare come fosforo e minerali”. Quelle alghe si potevano usare come filtro naturale biologico per pulire il mare. E così lui mi ha dato l’idea”. Oggi Spil di anni ne ha 33, vive in Galles ed è una delle direttrici di Câr-Y-Môr, società che si occupa di allevamento di alghe, molluschi e ostriche sulla costa ovest gallese nel Pembrokeshire. Sono pionieri nel settore: non solo coltivano le alghe come cibo, ma le usano come “no food” in una serie di usi, tra cui fertilizzanti naturali e bioplastiche. Ma Spil e il suo gruppo, che il 2 giugno a Slow Fish ha tenuto una conferenza per spiegare la sua attività, vogliono andare oltre, e lanciano la sfida al futuro: vogliono essere un punto di riferimento per le comunità e per i pescatori che vogliono dare una svolta alla loro vita professionale, virando dalla pesca alla coltivazione di alghe come alternativa ecologica.

Lo staff di Câr-Y-Môr al lavoro in mare (ph @Câr-Y-Môr)
Lo staff di Câr-Y-Môr al lavoro in mare (ph @Câr-Y-Môr

Non tutti sanno che le alghe, oltre ad essere un ingrediente gustoso, nutriente e versatile in cucina amato dagli chef che puntano sulla cucina vegetale (oltre che di tendenza) possono essere un toccasana per gli oceani perché funzionano da filtro naturale e possono avere altri mille impieghi: dalla produzione di materiale per l’isolamento degli edifici a quella di biostimolanti per le colture agricole. Ed è questa la mission di Spil.

 

“Da piccola vivevo in una regione dove l’inquinamento era molto elevato – racconta la 33enne - La biodiversità mi ha sempre interessato, per questo pulivo le spiagge nel tempo libero e soffrivo vedendo quanto il mare fosse inquinato”. Così tanto sporco, soprattutto in prossimità dei porti industriali olandesi, da non permettere la coltivazione di alghe commestibili. È con questa spinta e con la voglia di cambiare le cose sul serio e non per slogan, che nel 2016, a 26 anni, Spil con il suo amico inizia a studiare le alghe in tutte le loro possibili applicazioni, per poi approdare nel 2019 a Câr-Y-Môr. Si tratta di una compagnia che quest’anno toccherà un milione di fatturato e che è in crescita. “Per ora siamo in 14, lavoriamo moltissimo, ma nuove persone si aggiungeranno allo staff, ne abbiamo bisogno”, dice la manager che sottolinea come l’azienda sia anche una società benefit dedita alla rigenerazione dell’ambiente costiero nel Pembrokeshire e soprattutto al benessere della comunità.

Il fascino delle alghe marine @GettyImages-
Il fascino delle alghe marine @GettyImages- 

In tre ettari di area vengono coltivati, all’anno, 82mila chili di alghe, 300mila kg di cozze e 50mila di molluschi.  “Oggi abbiamo tre fattorie oceaniche – continua l’esperta - dove cresciamo alghe, molluschi, ostriche e cozze, tutte nella stessa area, nell’estremo ovest del Galles, in acqua. Questi esseri viventi prendono nutrimento dal mare: puoi mangiarli, ma puoi anche usarli come biofiltri. E noi li impieghiamo anche per produrre biostimolanti per l’agricoltura e dall’altro lato  bioplastiche, quindi qualcosa di completamente diverso. Questo mostra la versatilità di impiego delle alghe e anche le diverse opportunità di business”. Un business che fa bene al pianeta, non lo distrugge. In un recente articolo su The Guardian, la scienziata Jessica Knoop, esperta di sostenibilità, è arrivata alla conclusione che la raccolta locale in Galles non stava avendo un impatto negativo sugli stock selvatici, anzi, ha sostenuto che il futuro delle alghe in Europa è l'acquacoltura. "La coltivazione dell'alga è decisamente possibile", ha detto la studiosa, anche se "sono necessarie ulteriori ricerche" per migliorare il rendimento e la commerciabilità.

Spil entra nel dettaglio  dell’impiego delle alghe. “Il 20% della nostra produzione è cibo, l’80% sono prodotti bio tech, che si dividono sostanzialmente in biostimolanti per l’agricoltura e bioplastiche per grandi industrie”. Come si fa a creare queste sostanze? “Nelle alghe ci sono una parte solida e una liquida – spiega la 33enne – Noi estraiamo liquido e lo concentriamo per formare i prodotti concimanti. Nel Regno unito sono ottimi per l’agricoltura, in particolare per le patate e tutto ciò che ha foglie. D’altro canto, riusciamo a lavorare vasi da fiori, packaging biodegradabili con una società di Londra (la Notpla, ndr) e stiamo anche facendo ricerca per creare materiali per le costruzioni”. Al momento la Câr-Y-Môr non esporta perché c’è bisogno della  certificazione bio per i prodotti, cosa che arriverà il prossimo anno (attualmente solo la fabbrica è certificata biologica).

Nikki Spil e Gabriel Davies di Patagonia  a Genova per Slow Fish
Nikki Spil e Gabriel Davies di Patagonia  a Genova per Slow Fish 

La sfida al futuro

“La cosa più importante che proviamo a fare è ridurre il gap fra la terra e il mare perché spesso dimentichiamo che l’ecosistema è uno e che è caratterizzato sia dall’agricoltura sia dalla coltivazione nell’acqua, è la stessa cosa! – spiega la manager - Noi portiamo e coltiviamo le alghe nel mare, ovviamente, per favorire i microrganismi, per nutrire i pesci, pulire l’oceano, ridurre la Co2, dare il cibo agli esseri viventi, ma dall’altro lato con i prodotti proviamo a ridurre i fertilizzanti sintetici che uccidono l’ecosistema attraverso i prodotti no food (stimolanti per le piante e bioplastiche)”. Questi ultimi rappresentano la parte più sostanziosa del business come rendimento, e sono anche più costosi di quelli chimici, “ma noi proviamo a essere competitivi, mettendo all’incirca lo stesso prezzo perché vogliamo dimostrare agli agricoltori che un’alternativa è possibile. Abbiamo iniziato prima che il mercato si espandesse, cosa che è successa nel 2022 - in Inghilterra oggi ci sono 5 fabbriche nel settore, noi stiamo facendo del nostro meglio, siamo dei pionieri”, sottolinea Spil.

Slow Fish, il baccalà dalla Norvegia (come si produceva 100 anni fa) e altre meraviglie

Il mercato delle alghe oggi nel mondo è in espansione, ma ancora molto piccolo rispetto ai volumi enormi di cui ci sarebbe bisogno per combattere davvero la crisi climatica. “Occorrerebbero decine di milioni difabbriche come la mia per ridurre l’inquinamento – dice Spil – Sono numeri enormi, ma pensiamo che se riusciamo a  convincere i pescatori a produrre anche loro alghe, siamo a buon punto, abbiamo fiducia, ma serve anche fortuna!”.

La costa gallese dove ha sede l'allevamento di alghe  (ph @Câr-Y-Môr)
La costa gallese dove ha sede l'allevamento di alghe  (ph @Câr-Y-Môr) 

È questa la mission di persone che come Spil riescono a dare il via a un processo che sembra impossibile, ma solo finché non si inizia a mettere la prima pietra. E il primo passo è provarci, e crederci: “La cosa importante per il futuro è avere un impatto su biodiversità e clima, e vogliamo raccontare la storia di come costruire questo ponte, questo circolo fra terra e mare. Vogliamo essere un catalizzatore per altre fabbriche che vogliono iniziare a coltivare alghe e iniziare a pensare alle fabbriche “rigeneranti”. Se coltivo ostriche, se sono un pescatore e aspiro a un’alternativa sostenibile, avrò bisogno di capire come cogliere quell’opportunità e metterla in pratica: bene, noi vogliamo per quella persona un punto di riferimento e rispondere alla domanda, come posso fare questo lavoro in modo più sostenibile? Possiamo essere coloro che danno informazioni su come iniziare, su come fare per coltivare alghe e inquinare meno. C’è bisogno di un sacco di stimolanti biologici per ridurre l’impatto ambientale. Questo è l’obiettivo, in assoluto!”

Ed è per questo che Spil insieme all’Ocean Manager di Patagonia, Gabriel Davies, hanno mostrato al pubblico di Slow Fish dei filmati sulla pulizia dei mari e spiegato quanti possibili impieghi si possono avere dalla coltivazione di alghe.

“La cosa più incredibile è che ciò che adesso sta inquinando l’acqua, è ciò di cui abbiamo bisogno per fare i prodotti stimolanti. Ma servono alti volumi per stabilizzare l’ecosistema che oggi soffre per il sovra inquinamento”.