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Il mulino calabrese nato grazie al crowdfunding che (in Toscana) sforna il pane più buono d'Italia

Stefano Caccavari
Stefano Caccavari 
Nuovi riconoscimenti per Mulinum, l'azienda fondata da Stefano Caccavari (diventato a soli 35 anni Cavaliere). I prodotti realizzati nella sede in Val D'Orcia vincono il Premio Roma
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Il pane di campagna, il pane fatto in campagna, con i grani antichi e i cereali poveri come la segale: così Mulinum Toscana arriva a vincere in due categorie il “Premio Roma”, l’iniziativa della Camera di Commercio dedicata ai migliori forni d’Italia. Ma dietro c’è una storia di impegno e buone pratiche che parte dalla Calabria e porta la firma di Stefano Caccavari, che è diventato Cavaliere a meno di 35 anni, con speciale deroga concessa dal presidente della Repubblica. Prima una lotta contro una grande discarica di rifiuti tossici, spacciata per isola ecologica, poi gli orti solidali, infine il crowdfunding per recuperare i mulini a pietra: così, partendo dal piccolo borgo di San Floro, nel punto più stretto fra Jonio e Tirreno, Caccavari è diventato un simbolo, con le tecniche moderne del marketing, un uso non banale dei social, mischiato alla memoria contadina. Ecco quindi il recupero delle qualità antiche come il farro monococco, il senatore Cappelli, il grano tenero Verna: tutti macinati a pietra di quarzo francese, a freddo.

 

“Un giorno Guido Venturini del Greco, che possiede seicento ettari in Val d’Orcia, ha ascoltato la mia storia alla radio e mi ha voluto conoscere. Così è nata Mulinum Toscana, inaugurata un anno fa, nell’azienda Castelnuovo-Tancredi. E un anno dopo - racconta Stefano Caccavari - ho detto a Guido: cominciamo a liberare una parete per i trofei”. Unica azienda toscana premiata dalla Camera di Commercio, unica con il forno all’interno: parliamo di pane a metri zero. Vittoria in due categorie: quella dei pani funzionali arricchiti ai cinque semi (girasole, sesamo, lino, papavero blu, zucca). E poi il pane con i cereali minori, qui Stefano Caccavari ha una punta d’orgoglio, perché ha vinto con un pane fatto con un’antica varietà di segale, recuperata e coltivata in Mulinum. “Un cereale usato per la zootecnia, insomma in genere è mangime per animali: noi invece abbiamo creato un pane buono chiamato “hermano”, che sarà al centro della ‘Festa della Trebbiatura' di quest’estate. La segale è un cereale minore, uno scarto: noi lo valorizziamo, come se dal piombo venisse fuori un’opera d’arte”. 

Il polo di San Floro (Catanzaro) e quello di Buonconvento (Siena) hanno una funzione diversa: il primo è la base per l’e-commerce, l’altro sta al centro del granaio d’Italia e offre - oltre ai prodotti e a una pizzeria - corsi di panificazione e di aggiornamento, per la gioia dei turisti americani che riempiono la zona. L’entusiasmo di Caccavari arriva a intaccare dogmi propri del territorio senese: “Siamo andati oltre il pane sciapo, un punto di sale non è un sacrilegio. Tanto si tratta sempre di farine integrali, crusca, fibre. In un anno siamo diventati fornitori di resort e ristoranti della zona”. 

Ma Caccavari non si ferma, nonostante la burocrazia (tre anni per documenti di Mulinum Toscana). Il prossimo passo è l’apertura di un Mulinum nel Salento, a Mesagne. Anche questa un’impresa etica, con un crowdfunding in corso. Fra i tanti incontri di questi mesi, un’altra piccola svolta è arrivata con Stefano Romano e Francesca Soprani, che si definiscono imprenditori sociali e vogliono aprire un Mulinum alle porte di Milano. “Ormai non vado più a caccia dei mulini a pietra che i contadini dismettevano: a casa ne ho dieci. Ora cerchiamo casolari alle porte della città, per recuperarli e valorizzarli. Il mio sogno è aumentare la collezione e la valorizzazione dei grani antichi: mi vengono in mente il Gentil Rosso, il gentil Bianco che hanno quasi cento anni di vita, non vedo l’ora di coltivarli. Il nostro Paese deve riempirsi di oasi biologiche, Mi ha colpito una frase ascoltata durante la premiazione: il lievito madre è il nostro vero patrimonio, il savoir-faire degli italiani nel mondo”. Per una volta, quindi, una storia al contrario. Dal Sud non partono gli emigranti, ma gli imprenditori. “E di sicuro ci portiamo qualche ricetta”.