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Davide Scabin a Bologna: lo chef che cucina sulle montagne russe

Il geniale cuoco del Carignano di Torino sarà uno dei grandi protagonisti della festa del Gusto a Bologna
1 minuti di lettura

Si scrive “Scabin”, si legge “genio”. Tanto si è detto su questo cuoco istrionico e appassionato, forse troppo, sicuramente non tutto, ma iniziamo dalla fine. Davide Scabin, è notizia di qualche settimana fa, riparte dal Carignano di Torino, non solo dal ristorante stellato di fine dining (lasciato da Fabrizio Tesse), ma prendendo tutto l’intero comparto ristorativo del Grand Hotel Sitea. Un bel filotto, anzi straordinario, rifilato a chi già intonava il “De profundis” dopo la chiusura dello “Scabin q.b.” al Mercato Centrale di Torino.

Davide Scabin
Davide Scabin 


Scabin che risorge dalle sue ceneri come l’araba fenice, ancora una volta, per essere più bello e stupefacente di prima, o perlomeno è questo quello che tutti sperano, lui compreso, felice come un bambino al quale hanno ridato il suo giocattolo preferito.
Una vita, quella di Scabin, fatta di continui “Up&Down” come da sempre recita il mantra della sua filosofia ristorativa messa a punto proprio al Combal.zero, il primo ristorante italiano all’interno di un museo d’arte contemporanea. Filosofia che prevedeva un percorso degustativo che iniziava subito dal piatto più strutturato e calorico per finire in leggerezza.

 

“Mangiare è come una corsa. Allo start i succhi gastrici sono pronti ai blocchi di partenza. Si aspettano un boccone importante per sedare quella fame. Se inizi con le “cosine”, al terzo giro (portata, ndr.) sei bollito” – disse la sera in cui mi spiegò la filosofia dell’Up&Down. Questo studio culminerà nel 2018 con “Viaggio verso Atavica”, la sua ultima sinfonia al castello di Rivoli. Un viaggio incredibile, barbaro e romantico al tempo stesso. Piatti bianchi, classici, come negli anni’80 e cibo al centro del piatto, senza arie, spume e soprattutto senza fiori eduli tranne che per un dolce, un cioccolato al miele. “I fiori servono per dare astringenza, tannino, quello che manca a un piatto dolce. Sono stanco di vederli sui piatti buttati alla meno peggio. Il mio è primo locale deflorizzato d’Italia”.

 

Eccolo qui il fustigatore della banalità, la sua scaglia d’artista, la provocazione di una mente consapevole che porta il peso della sua genialità. La stessa che lo ha portato a creare il “Cyber Egg”, un divertissement, di cui tutti parlano. Pochi ricordano invece il lavoro pazzesco fatto sulla pasta scotta, il cosiddetto “pongo” col quale creò un piatto condito con se stesso, il “Rigatone Himself”. Potremmo parlare per ore delle sperimentazioni del mago di Rivoli, ma preferiamo farvele raccontare da lui stesso, a Bologna il 5 e il 6 novembre: “C’è più Gusto”.