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La tavola all'opera: quando i compositori si danno delle grandi "arie" in cucina

La tavola all'opera: quando i compositori si danno delle grandi "arie" in cucina
Dalla Pasta alla Norma al Filetto alla Rossini una carrellata di piatti d'autore. La passione di Giuseppe Verdi per il cibo e il vino. La ricetta di Nicolò Paganini per i ravioli alla genovese
4 minuti di lettura

Non solo "Pasta alla Norma". Il legame fra il cibo e la grande musica operistica è molto stretto e spazia dagli spartiti dei grandi compositori alle passioni culinarie degli stessi musicisti che si intrecciano fra palco e tavola. Dandosi "grandi arie" anche in cucina. 

D'obbligo iniziare questa carrellata di menu ad "alto respiro" con il famoso piatto siciliano che concentra i sapori della cucina mediterranea ed è legato a doppio filo all'opera di Vincenzo Bellini. Anche se esistono più versioni riguardo all'origine del nome il riferimento al compositore siciliano dell'800 non manca. Secondo alcuni fu il commediografo catanese Nino Martoglio, che davanti a un gustoso piatto di pasta condito con pomodoro, melanzane fritte, ricotta salata grattugiata e basilico fresco (gli ingredienti indispensabili per realizzare questo capolavoro del gusto) avrebbe esclamato "È una Norma!", paragonando il sapore all' opera di Bellini. L'episodio sarebbe avvenuto ai primi del '900 molti anni dopo la prima dell’opera che esordì alla Scala di Milano il 26 dicembre 1831. Ed è proprio alla messa in scena della Norma che è legata la seconda versione dell'origine del nome che coinvolge direttamente il musicista e i primi spettacoli milanesi che non avevano avuto molto successo. Si racconta che un cuoco siciliano avesse reinterpretato il piatto proprio per servirlo al tavolo dell'artista e risollevarne il morale. Risultato: la pietanza che conosciamo in qualche modo dedicata anche al cognome della soprano dell'opera belliniana che si chiamava Giuditta Pasta

Gira ininterrottamente intorno al cibo e al vino la produzione, e la stessa esistenza, di Giuseppe Verdi, palato sopraffino e bevitore di gran gusto. Infiniti i riferimenti enogastronomici nei suoi capolavori. La Traviata inizia intorno a un tavolo: “Libiamo, libiamo ne’lieti calici”. L’Otello invece all’esterno di un’osteria e nel primo atto Jago fa bere Cassio: “Innaffia l’ugola! Trinca, tracanna!”.  Rigoletto prende le mosse in un’atmosfera conviviale, in una festa. E sarà durante un banchetto che l’ombra di Banco apparirà in Macbeth. Brindisi anche nei Vespri siciliani e Falstaff, anche se vecchio e stanco, non può non sollevare il bicchiere all’Osteria della Giarrettiera: “Il buon vino sperde le tetre fole. Dello sconforto, accende l’occhio e il pensier”. Dal palcoscenico alla vita, il legame con i piaceri della tavola Verdi l'ha stretto fino all'ultimo. Si narra che alcuni giorni prima della sua morte avvenuta a 80 anni il 7 gennaio 1901, nel suo appartamento del Grand Hotel di Milano, si fece servire: risotto alla certosina, branzino bollito con maionese, brasato di manzo, costolette di agnello, parmigiana, tacchino arrosto, insalata, frutta e gelato al rum. Il tutto accompagnato da diversi vini. L'amore per il mangiare e il bere a 360 gradi era una sorta di eredità paterna: il padre era un oste, proprietario di una piccola locanda a Roncole di Busseto, vicino a Parma, dove vendeva anche vino, liquori, caffè, zucchero e altri prodotti alimentari. Tra i prodotti più popolari in casa del Maestro c’erano gli anolini e la spalla cotta di San Secondo e gli anolini, insieme a un bicchiere dei Colli Piacentini e Parmensi. Acquistò pure il terreno intorno a Villa Sant’Agata e vi impiantò un grande vigneto. Anche nelle lettere scritte da lui e dalla sua amata Giuseppina Strepponi ci sono consigli, ricette, note e aneddoti culinari.

Rapporto profondo fra cibo e sette note anche per Gioacchino Rossini. Le cronache dei tempi riportano che scrisse l’aria di Tancredi "Di Tanti Palpiti" mentre era seduto a tavola in un ristorante di Venezia in attesa del suo risotto. E per questo l'aria in questione fu poi soprannominata  ‘’l’aria del riso’’. Il compositore pesarese non aveva dubbi: "Non conosco un’occupazione migliore del mangiare, cioè, del mangiare veramente -ripeteva-. L’appetito è per lo stomaco quello che l’amore è per il cuore. Lo stomaco è il direttore che dirige la grande orchestra delle nostre passioni". E ancora: "Mangiare, amare, cantare e digerire sono i quattro atti di quell’opera comica che è la vita". Diventò amico del cuoco più famoso dell'epoca Antonin Carême durante gli anni trascorsi a Parigi e creò lui stesso delle ricette d'autore come l’Insalata alla Rossini: "Prendete dell’olio di Provenza, mostarda inglese, aceto di Francia, un po’ di limone, pepe, sale, battete e mescolate il tutto; poi aggiungete qualche tartufo tagliato a fette sottili. I tartufi danno a questo condimento una sorta dl aureola, fatta apposta per mandare in estasi un ghiottone. Il cardinale segretario di Stato, che ho conosciuto in questi ultimi giorni, mi ha impartito, per questa scoperta, la sua apostolica benedizione". Poi c'è il Filetto alla Rossini ovvero i Tournedos. Termine francese che se scomposto dignifica fondo schiena (tournez-dos). Sembra che a determinare il nome sarebbe stato il maggiordomo dell'artista: per poter mantenere segreta la procedura del taglio della carne, la finiva voltando la schiena agli invitati. Secondo altre versioni nascerebbe durante un pranzo al Café Anglais a Parigi. Consigliando la ricetta allo chef del ristorante con interruzioni durante la preparazione del piatto e conseguenti rimostranze da parte del cuoco, Rossini rispose: "Et alors, tournez le dos!" (E allora, voltate la schiena). 

Un'altra ricetta d'autore arriva da un manoscritto autografo conservato presso la Library of Congress di Washington. La firma è quella di Niccolò Paganini che propone la sua personale versione del sugo di manzo per i ravioli alla genovese. Eccola: "Per una libbra e mezza di farina due libbre di buon manzo magro per fare il suco. Nel tegame si mette del butirro, indi un poco di cipolla ben tritolata che soffrigga un poco. Si mette il manzo, e fare che prenda un po’ di colore. E per ottenere un suco consistente si prende poche prese di farina, ed adagio si semina in detto suco affinché prenda il colore. Poi si prende della conserva di pomodoro, si disfa nell’acqua, e di quest’acqua se ne versa entro alla farina che sta nel tegame e si mescola per scioglierla maggiormente, e per ultimo si pongono entro dei fonghi secchi ben tritolati e pestati; ed ecco fatto il suco. Ora veniamo alla pasta per tirare le sfoglie senza ovi". 

Le ricette della Pasta alla Norma 

La ricetta tradizionale 

Ingredienti per 4 persone:
400 gr Sedanini rigati
200 gr Ricotta salata
500 gr Melanzane
900 grPomodori ramati
200 gr Ricotta salata
2 spicchi Aglio 
10 gr Basilico in foglie
Sale qb
Olio extra vergine d'oliva qb

Procedimento: 
Soffriggere l'aglio con un filo di olio, aggiungere i pomodori ramati mondati e tagliati in quarti. Cuocere per un 20 minuti a fuoco basso con il coperchio aggiustando di sale.
Togliere l'aglio e passate il pomodoro cotto al passaverdure, ottenendo una salsa sugosa e liscia. Tagliare le melanzane lavate a fettine di pochi millimetri. Friggerle in olio abbondante e caldo a 170c°, quando dorate scolarle, asciugarle bene e salarle.
Cuocere la pasta al dente in acqua salata e bollente. Versare nel sugo caldo i sedanini ben scolati e le foglie di basilico tagliate a julienne. Mantecare la pasta con un filo di olio. Impiattare la pasta, ricoprirla con le melanzane fritte in abbondanza. Spolverizzare con la ricotta salata e decorare con una foglia di basilico.


La ricetta del Raviolo alla Norma di Simone Strano

Ingredienti per 4 persone:
400 gr Melanzane 
250 gr Pomodoro ciliegino 
150 gr Ricotta salata
100 gr Panna fresca
250 gr Farina
3 Uova 3
Basilico q.b.
Sale q.b.
Pepe q.b.
Olio extravergine d'oliva q.b.

Procedimento:
Impastare la pasta con la farina e le uova fino a ottenere un impasto omogeneo e conservare in frigorifero per qualche ora. Pelare le melanzane tagliate a cubetti e fare appassire in forno a 200 gradi per circa 10 minuti
Per il ripieno: unire il pomodoro ciliegino tagliato a metà e precedentemente asciugato al forno a 100 gradi per circa 2 ore.
Stirare la pasta e formare i ravioli con la farcia.
In un pentolino rendere omogenea una crema con la ricotta grattugiata e la panna fresca. Cuocere la pasta ripiena in acqua bollente e salata per 5 minuti. Comporre il piatto con la crema di ricotta, i ravioli e qualche fogliolina di basilico.