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La legalità è come musica: l'Orchestra dei braccianti e la denuncia artistica

Foto Alessandro Bernocchi per Associazione Terra!
Foto Alessandro Bernocchi per Associazione Terra! 
Vittime di sfruttamento e caporalato, una volta liberi questi artisti hanno scelto di utilizzare la loro esperienza e portare così in tour la loro protesta pacifica verso un sistema criminale ancora troppo diffuso
2 minuti di lettura

La musica può essere un potente motore di integrazione e dialogo. Ecco perché, fra coloro che saliranno sul palco di “Cosa sarà – L’etica al lavoro” ci sarà anche l’Orchestra dei braccianti: musicisti, contadini e lavoratori di varie nazionalità uniti dal loro forte legame con l’agricoltura, testimoni viventi di storie difficili ma soprattutto scomode. A raccontare il loro percorso è Fabio Ciconte, direttore dell’associazione Terra!.

Com’è nato il progetto?
"L’Orchestra dei braccianti è un altro modo di denunciare il caporalato, attraverso la musica. In questi anni, con Terra!, abbiamo ricostruito il percorso dei prodotti agroalimentari dal campo allo scaffale del supermercato, individuando e rivelando le distorsioni che possono favorire lo sfruttamento lavorativo e il caporalato. Con l’Orchestra abbiamo poi deciso di dare voce alle donne e agli uomini che subiscono questo sistema e vivono ai margini delle nostre città, nei ghetti del Sud Italia. Con la nostra coordinatrice del progetto, Giulia Anita Bari, ci siamo recati in questi luoghi alla ricerca di talenti, che fossero in grado di esprimere, in note, la loro condizione".

Le prove dell'Orchestra
Le prove dell'Orchestra 

Quale musica riecheggia nei campi?
"Nel corso degli ultimi anni, il lavoro nelle campagne è cambiato, così come anche la musica e i canti che narrano le fatiche di questo mestiere e della vita quotidiana. Non troviamo più le voci delle mondine, le donne che lavoravano nelle risaie, ma una pluralità di voci provenienti da culture e luoghi diversi, dall’Africa all’Est Europa. L’Orchestra nasce proprio con questo obiettivo: farsi interprete di una nuova “colonna sonora” delle campagne. Per dare struttura al gruppo e per valorizzare il lavoro musicale, che al pari di quello agricolo è caratterizzato da una forte precarietà; tutti i musicisti sono stati iscritti alla Cooperativa Smart, che gli consente di percepire una regolare busta paga. Abbiamo inoltre voluto dare la giusta dignità professionale all’Orchestra, individuando un’agenzia di booking, la Low Fi Promotion, che ci ha aiutato a far crescere e a far conoscere il progetto".


In questo lungo periodo segnato dal Covid il lavoro nei campi non si è mai fermato, la vostra attività musicale è proseguita?
"Dopo aver suonato in decine di concerti in tutta Italia, con l’arrivo della pandemia l’Orchestra ha sospeso le sue attività dal vivo. Tuttavia, abbiamo fatto vivere il progetto on-line, con un supporto psicologico ai ragazzi stranieri, e attraverso delle performance “virtuali”. Sono nati tre video: “Bella Ciao”, il canto della Resistenza italiana, “Scura Maje”, un canto popolare abruzzese, e “Oh Freedom”, la rivisitazione di una delle più famose work songs, scritte e cantate dagli schiavi neri nelle piantagioni di cotone degli Stati Uniti. A febbraio siamo tornati in presenza, in occasione del lancio di “Euxploitation. Il caporalato, una questione meridionale. Italia, Spagna, Grecia”, il rapporto che Terra! ha realizzato sul caporalato in Europa. E adesso speriamo di poter proseguire con i concerti live, guidati dal nuovo direttore artistico Federico Pascucci".

 
Cosa suonerete per l’occasione?
"L’Orchestra eseguirà dei brani originali scritti dai diversi membri del gruppo e dei pezzi tradizionali, suonati anche con strumenti tradizionali come il dholak indiano, il davul e la tabla. Ad esibirsi a Turi sarà una formazione ridotta del gruppo, generalmente composto da Mbaye Ndongo, Joshua Ojomon, Adam, Poppi Aladiumpura, Federico Pascucci, Sergio Dileo, Giulia Anita Bari, Iacopo Schiavo, Marco Bruno e Luca Cioffi".