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Vinitaly 2023, Lollobrigida: "Le etichette devono informare, non condizionare"

Il ministro dell'Agricoltura, Francesco Lollobrigida
Il ministro dell'Agricoltura, Francesco Lollobrigida 
Il ministro dell’Agricoltura arriva al Vinitaly da protagonista: “Il settore del vino gode di buona salute, ma ci sono importanti sfide da affrontare anche sulla difesa di questa eccellenza”
5 minuti di lettura

Un ministro dell’Agricoltura che nasce il primo giorno di primavera si caratterizza come un uomo che vuole provare a portare un elemento di rinascita in un comparto, come quello agricolo, dove il bisogno di cambiamento, inteso come necessità impellente di adeguarsi ai tempi e alle nuove sfide, è l’imperativo principale. 
Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura scelto da Giorgia Meloni, lo sta interpretando con forza spiegando a tutti il vero significato di sovranismo alimentare così lontano dall’autarchia e molto più vicino a tutela e sviluppo. Lollobrigida, 51 anni da una settimana, arriva al momento del Vinitaly, una pausa di riflessione per il comparto enologico come l’ospite più atteso, quello che, nel bene e nel male ha finora mostrato la capacità di dire molte cose che i suoi predecessori non hanno avuto il coraggio di affermare. 

Francesco Lollobrigida e Giorgia Meloni
Francesco Lollobrigida e Giorgia Meloni 

Buongiorno ministro, benvenuto nella casa di carta de ilgusto.it. A Vinitaly la attendono con grande interesse, le sue parole indirizzeranno i temi chiave di un appuntamento che ogni anno ci porta a fare il punto sullo stato del mondo del vino. Lei ha subito mostrato la voglia di fare squadra con il mondo produttivo. Come pensa di dare valore a questo comparto?
“Il vino è il principe dell’export, protagonista di riconoscimenti internazionali e di etichette che valorizzano i meriti dei territori e del “saper fare” italiano, il settore del vino è in salute ma ci sono importanti sfide da affrontare sulla competitività e sulla difesa di questa eccellenza. Daremo valore al comparto puntando su marketing, sulla promozione, sulla corretta informazione dei benefici derivanti da un consumo moderato e puntando sull’enoturismo”. 


Il consumo moderato e l’educazione ai consumi sono un punto di partenza importante. Parlando del caso delle etichette irlandesi lei ha detto: le bugie nuocciono gravemente alla salute. Come pensa di far sentire di più la voce del vino italiano in Europa?
“Dire che il vino nuoce gravemente alla salute significa negare l’evidenza. Bere con moderazione, infatti, ha anche degli effetti positivi sulla salute. Stigmatizzare la qualità di questo prodotto serve ad indirizzare il consumatore verso altri prodotti, magari quelli iperprocessati come le bevande con alta presenza di zuccheri. Ho incontrato il collega irlandese Charlie McConalogue, parlato con gli omologhi di altre Nazioni per spiegare questo e per sottolineare che la battaglia contro l’abuso di alcol non può e non deve nascondere l’aggressione nei confronti di un prodotto che ha un legame millenario con la nostra civiltà. Insieme al ministro Tajani abbiamo scritto al Commissario europeo per il mercato interno e i servizi, Thierry Breton. Adesso attendiamo la risposta del WTO. La battaglia si gioca sia a Bruxelles sia a Ginevra, dove spiegheremo che questa norma non solo è sbagliata, ma è discriminatoria nei confronti di migliaia di produttori d’eccellenza italiani ed europei e rappresenta anche una barriera commerciale a livello internazionale”.


Il mondo del vino comunque si sente sempre più sotto attacco, crede che con la riforma della UE sulle IG anche il vino a Denominazione possa godere di una normativa capace di tutelarne le peculiarità che lo caratterizzano?
“L’obiettivo primario del Governo è quello di salvaguardare un sistema produttivo che vanta il maggior numero di eccellenze in Europa. Ci opponiamo all’esternalizzazione del processo di valutazione dei prodotti IG a un’agenzia esterna. La valutazione tecnica dei dossier debba essere mantenuta in capo alla Commissione UE e siamo contrari a ogni norma che vada a indebolire il ruolo dei Consorzi di tutela che, invece, deve essere ulteriormente valorizzato”.  


A lei cosa piacerebbe leggere sull’etichetta?
“Le etichette devono informare e non condizionare. Lavoriamo a un sistema di etichettatura sul quale le persone possano trovare tutte le informazioni utili ad un acquisto consapevole, come i benefici legati ad un consumo moderato e non solo dei rischi dettati da un abuso che, evidentemente, è sconsigliato”. 


Alleggeriamo un momento. Anche per ricordarci che il vino è sempre e soprattutto piacevolezza e convivialità. Quali sono i suoi vini preferiti? 
“Senza nulla togliere ad altri vini, il Cesanese resta tra le mie produzioni preferite, per il legame con il mio territorio e per l’identità che racconta”. 


Dopo qualche fatica iniziale il mondo italiano ha finalmente compreso il concetto di sovranità alimentare. Quali saranno le azioni pratiche per renderlo ancora più chiaro?
“Sovranità alimentare, non mi stancherò di ripeterlo, non si traduce con il termine autarchia. L’obiettivo è quello di mantenere vivo e saldo il legame millenario tra terra e tavola, tra cibo e persone. Già in legge di Bilancio abbiamo istituito un fondo da 100 milioni di euro per sostenere le filiere agroalimentari italiane. La guerra russo-ucraina ci ha fatto scoprire che non possiamo essere dipendenti dall’approvvigionamento di materie prime da Nazioni guidate da chi ha un concetto distorto di democrazie e, all’improvviso, chiude i ‘rubinetti’. Lavoriamo sull’innovazione e sulla tradizione: in questo modo si traduce il concetto di sovranità alimentare per sostenere l’asset primario dell’Italia”.


Sono stato nei giorni scorsi in un supermercato a Bruxelles e sono stato molto colpito dal NutriScore. Io non capisco nulla di elettrodomestici e quando ne scelgo uno mi faccio influenzare dalle indicazioni dei semafori di sostenibilità energetica. Credo che il rischio che i semafori del NutriScore influenzino i consumatori meno attenti esista davvero. Per ora il problema è stato congelato per l’Italia in futuro può essere una difficoltà reale.
“Anche io, all’estero, ho vissuto la stessa esperienza in un supermercato. Sono contrario a usare dei codici, che come lei sottolineava nella domanda, riguardano più gli elettrodomestici. Per questo ho difficoltà ad associarli ad una corretta informazione. Vediamo cibi ipertrasformati, la cui produzione è delocalizzata e standardizzata, più facile da distribuire, con costi di produzione abbattuti e la possibilità di accentrare la produzione nelle mani di pochi. La battaglia sul Nutriscore è oggettivamente giusta, perché non informi con uno strumento che è simile al bollino che si appone sulle lavatrici. La tabella del Nutriscore, infatti, indica con il colore rosso alcuni alimenti cardine della dieta mediterranea, come la pasta, parmigiano e l’olio d’oliva. Questo non possiamo accettarlo. Perché non possiamo affrontare la crescita demografica e contrastare il fenomeno dell’insicurezza alimentare immaginando un mondo in cui i ricchi continueranno a mangiare bene e i poveri saranno costretti ad accontentarsi di cibo ultraprocessato”.


Lei ha chiarito molto bene il suo pensiero sulla carne sintetica, intesa come la carne prodotta in laboratorio e non il surrogato di derivazione vegetale, credo davvero che riusciremo a tenerla fuori dall’Italia? 
“Il Governo Meloni, grazie alla sinergia tra diversi ministeri, lavora in questa direzione. Vogliamo assicurare un livello massimo di tutela della salute umana e degli interessi dei cittadini oltre a preservare il patrimonio agroalimentare italiano. Il Governo intende mantenere vivo e saldo il legame tra agricoltura e consumo di cibo naturale, salvaguardando il settore agroalimentare dal punto di vista sanitario ma anche socio – economico”. 


Non pensa ci sia il rischio che attraverso l’abuso del termine sostenibilità, parola senza dubbio usata spesso a sproposito in questi tempi, in molti cercheranno di forzare la mano su temi come gli insetti e su norme che rischiano di depotenziare l’eccellenza del made in Italy? 
“Il rischio è reale. Per rendere i cittadini più consapevoli, puntiamo sulla trasparenza. Sempre secondo il principio di condivisione tra i diversi dicasteri di questo esecutivo, lavoreremo ad un’etichetta che informi con chiarezza i cittadini su cosa acquistano e portano in tavola”.


La ristorazione italiana nel mondo è il più straordinario veicolo di promozione del nostro Paese. L’idea di andare a valutare quei ristoranti è rivoluzionaria. Anche perché rafforza un legame con chi produce qualità italiana fuori dall’Italia e in qualche modo rafforza ovunque i nostri marchi. Come pensa di realizzarla?
“Ha detto bene. In questi primi mesi di Governo, sono state numerose le occasioni di confronto con le categorie dei cuochi e dei ristoratori. Ho trovato persone ricche di professionalità, spirito di sacrificio ed immensa passione per questa Nazione e le sue eccellenze. Sono ambasciatori del nostro stile di vita nel mondo e per questo vanno tutelati e sostenuti. Non è nostra intenzione valutare o sanzionare nessuno. Piuttosto, vogliamo riconoscere tramite una pratica certificata, con un marchio approvato dal Governo, chi adopera nei propri ristoranti prodotti italiani restituendo al pubblico un’esperienza che, in quel momento, rappresenta la nostra Italia e le nostre tradizioni. Nulla di extraterrestre, è una strada che, ad esempio, il Governo giapponese ha adottato da tempo e che noi intendiamo percorrere”.