Covid, i numeri tornano a salire. In una settimana 549 morti e 181.181 nuovi casi
L’incidenza settimanale dei casi ogni 100 mila abitanti da 283 sale infatti a 307, mentre l’Rt, l’indice di contagio da 0,95 cala a 0,83
paolo russoCreato da

Sono 181 mila 181 i nuovi casi Covid, con 549 morti, nella settimana dal 3 al 10 novembre in Italia, secondo i dati aggiornati del bollettino ormai settimanale pubblicato dal ministero della Salute. Il 3 novembre il totale dei contagi era pari a 23.642.011 rispetto ai 23.823.192 del 10 novembre, i decessi totali sono passati da 179.436 a 179.985.
Mentre si torna a discutere di un colpo di spugna sulla quarantena dei positivi, il cruscotto del Monitoraggio settimanale a cura dell’Iss, all’esame stamane della cabina di regia, mostra una leggera ripresa dei contagi dopo settimane di ostante calo. L’incidenza settimanale dei casi ogni 100mila abitanti da 283 sale infatti a 307, mentre l’Rt, l’indice di contagio da 0,95 cala a 0,83. In discesa anche i ricoveri nei reparti di medicina dove dal 10,4% dei letti occupati si passa al 10 netto, mentre nelle terapie intensive dal 2,4 si va al 2%.Ma Rt, ricoveri e decessi sono indicatori che iniziano a muoveri dopo almeno due settimane dalla ripresa dei contagi.
I decessi sono 536 contro 559. In calo anche gli attualmente positivi (441.425 contro 499.999), le persone in isolamento domiciliare (434.535 contro 492.661), i ricoveri con sintomi (6.658 contro 7.106). Restano stabili le terapie intensive (232 contro 232).
Il calo dei nuovi positivi riguarda tutte le Regioni (dal -10,2% della Basilicata al -46,8% del Piemonte). Ad esclusione della provincia di Prato (+2,1%), in tutte le Province si registra una diminuzione dei nuovi casi (dal -4,9% di Brindisi al -53,6% di Biella). L'incidenza supera i 500 casi per 100mila abitanti in 4 Province: Rovigo (591), Padova (584), Venezia (557), Belluno (509).
Secondo la rilevazione dell'8 novembre effettuata negli ospedali sentinella aderenti alla rete Fiaso la distribuzione geografica evidenzia una discesa più significativa negli ospedali del Nord (-9,3%) e al Sud dove i pazienti calano dell'8%. Nelle strutture ospedaliere del Centro, invece, la situazione appare sostanzialmente stabile (-0,6%). I no vax in terapia intensiva - sottolinea ancora la Fiaso - hanno in media 63 anni mentre tra i soggetti vaccinati l'età media sale a 70 anni. Complessivamente negli ospedali sentinella Fiaso il 44% dei pazienti è costituito da ricoverati Per Covid, con sindromi respiratorie e polmonari; la restante parte del 56% è rappresentata da pazienti Con Covid, trovati incidentalmente positivi al tampone pre-ricovero ma arrivati in ospedale per curare altre patologie.
Anche tra i pazienti minori di 18 anni, conclude il report Fiaso, si osserva una stabilità dei ricoveri. Ci sono piccole oscillazioni, ma il numero dei ricoverati è sempre molto limitato.
Con tutti i parametri epidemici in discesa la fine dell'isolamento per i positivi al covid è una cosa «in discussione, so che se ne sta parlando». Lo ha detto Giovanni Rezza, direttore generale della prevenzione sanitaria del ministero della Salute.
«Abbiamo assistito alla fine sociale della pandemia - ha continuato - il che significa che tutti quei provvedimenti che erano stati presi prima della pandemia non verranno più presi perché la popolazione ha acquisito delle difese che, anche se non proteggono completamente, ci permettono di convivere col Covid». E ancora: «È vero che non c'è stata ancora la fine biologica della pandemia, ma il virus ormai tende a endemizzarsi. L'impatto clinico è diminuito e anche le ondate che vediamo si autolimitano, nel tempo e nell'entità, senza che a livello sociale si prendano provvedimenti particolari come facevamo prima. Speriamo che a breve il Covid cominci a comportarsi come un virus stagionale».
In attesa che questo accada, nuovi studi mettono in guardia da infettarsi troppo allegramente più volte con il Covid. «Le infezioni ripetute da SARS-CoV-2 aumentano il rischio di danni d'organo a vari livelli, raddoppiano il rischio di morte e triplicano quello di ricovero ospedaliero», rivela uno studio sugli esiti delle reinfezioni condotto presso la Washington University School of Medicine in St. Louis e pubblicato sulla rivista Nature Medicine.
«Negli ultimi mesi si è diffusa un'aria di invincibilità tra le persone che hanno avuto il Covid o tra i vaccinati, e soprattutto tra le persone che hanno avuto l'infezione e fatto anche il vaccino; alcuni hanno iniziato a riferirsi a questi individui come se avessero una sorta di superimmunita' al virus», ha detto Ziyad Al-Aly, MD, epidemiologo che ha coordinato il lavoro. «La nostra ricerca dimostra che contrarre il virus una seconda, terza o quarta volta contribuisce ad aumentare i rischi per la salute nella fase acuta, ovvero i primi 30 giorni dopo l'infezione, e nei mesi successivi, ovvero nel long Covid». Inoltre, lo studio ha indicato che il rischio sembra aumentare ad ogni infezione. Tra gli esiti considerati ci sono il ricovero in ospedale, disturbi che interessano i polmoni, il cuore, il cervello e i sistemi sanguigno, muscoloscheletrico e gastrointestinale e persino la morte. La reinfezione contribuisce anche al diabete, alle malattie renali e ai problemi di salute mentale.
I ricercatori hanno considerato 5,3 milioni di persone che non sono risultate positive al Covid-19 dal 1 marzo 2020 al 6 aprile 2022, un gruppo di oltre 443.000 persone che erano risultate positive al Covid e un altro gruppo di quasi 41.000 persone con due o più infezioni documentate alle spalle (la maggior parte dei quali aveva due o tre infezioni, un numero ridotto aveva quattro infezioni e nessuno aveva cinque o più infezioni).
Le persone con reinfezioni, quindi secondo i dati analizzati nello studio, avevano il doppio delle probabilità di morire e il triplo di essere ricoverate in ospedale rispetto a quelle senza reinfezione. Inoltre, le persone con infezioni ripetute avevano una probabilità 3,5 volte maggiore di sviluppare problemi polmonari, 3 volte maggiore di soffrire di problemi cardiaci e 1,6 volte maggiore di soffrire di problemi cerebrali rispetto ai pazienti che erano stati infettati dal virus una volta.
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