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Riforma delle pensioni in Francia, Macron scavalca il Parlamento con la fiducia. Tre mozioni contro il governo, migliaia in piazza e cariche della polizia in Place de la Concorde

Un atto di forza dettato dal fatto che l'inquilino dell'Eliseo nella Camera bassa del Parlamento ha solo la maggioranza relativa

danilo ceccarelli
Aggiornato alle 4 minuti di lettura

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PARIGI. Cariche della polizia in Place de la Concorde, a Parigi, dove migliaia di manifestanti protestano contro la riforma delle pensioni che il governo ha fatto passare evitando il voto e ponendo la questione di fiducia. Le forze dell'ordine hanno effettuato una serie di cariche per spingere i manifestanti a sgomberare la piazza. La polizia ha fatto uso di idranti per allontanare la folla che occupava il centro della piazza e che aveva acceso diversi fumogeni dopo aver dato fuoco a materiale di cantiere trovato poco lontano. La protesta è contro il ricorso all'articolo 49 comma 3 della Costituzione per approvare la riforma delle pensioni. Numerosi agenti delle forze dell'ordine tengono la situazione sotto controllo, anche perché, a poche centinaia di metri, dall'altro della Senna, si trova il Palais Bourbon, sede dell'Assemblea Nazionale, dove la premier Elisabeth Borne ha annunciato il ricorso al 49.3, privando i deputati della possibilità di esprimersi sul testo. Mnifestazioni spontanee sono nate a Bordeaux, Marsiglia e in altre città come Lione e Grenoble.

Per far approvare la riforma delle pensioni, che tra le varie misure prevede l'innalzamento dell'età pensionabile da 62 a 64 anni, il presidente Emmanuel Macron ricorrerà all'articolo della Costituzione che consente al governo di evitare il dibattito parlamentare all'Assemblea nazionale. Un atto di forza, dettato dal fatto che l'inquilino dell'Eliseo nella Camera bassa del Parlamento gode solo di una maggioranza relativa. La decisione è arrivata dopo l'ennesima riunione tenutasi all'Eliseo, alla quale ha partecipato la premier Elisabeth Borne, alcuni ministri e diversi esponenti della maggioranza.

Tre mozioni contro il governo
Ma stando alle ultime dichiarazioni dei partiti francesi, sarebbero tre le mozioni di censura contro il governo francese in preparazione all'Assemblea nazionale: una della Nupes, Nouvelle Union populaire écologique et sociale, coalizione di partiti politici francesi fondata da movimenti di sinistra ed ecologisti, una già preannunciata ufficialmente dal Rassemblement National ed una terza, di più partiti, che potrebbe essere firmata dal gruppo Libertés, Indépendants Outre-mer et Territoires (Liot), che conta 20 deputati e dai deputati de Les Républicains. Potrebbero parteciparvi anche deputati Nupes ma non de La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon. Quest'ultima mozione appare l'unica in grado di raccogliere i 289 voti necessari per essere approvata. Se ciò avvenisse, il governo di Elisabeth Borne sarebbe rovesciato. Macron avrebbe allora la scelta di nominarla nuovamente per formare un nuovo governo o scegliere un altro premier o ancora sciogliere l'Assemblea nazionale.

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Le motivazioni di Macron
Il presidente ha giustificato il ricorso all'articolo 49.3 sostenendo che l'eventuale bocciatura avrebbe comportato «rischi economici troppo grandi». «Il mio interesse politico e la mia volontà politica era di andare al voto», ha dichiarato durante un Consiglio dei ministri straordinario, ma «ritengo che allo stato attuale i rischi finanziari ed economici fossero troppo grandi».

Il sindacato della Cfdt annuncia nuove mobilitazioni
Dopo l'incontro, il Consiglio dei ministri si è riunito d'urgenza per dare il via libera al ricorso al tanto contestato articolo. L'Eliseo ha fatto sapere che «la prima ministra ha chiesto al presidente di poter impegnare la responsabilità del suo governo sul testo proveniente dalla commissione mista paritaria». Nei giorni scorsi la premier ha cercato in tutti i modi di convincere i Repubblicani ad appoggiare la riforma all'Assemblea nazionale, ma molti deputati del centro-destra restano reticenti a sostenere la maggioranza. Questa mossa, però, rischia di riaccendere le proteste contro una riforma che secondo tutti i sondaggi non è approvata dai francesi. Il leader del sindacato della Cfdt, Laurent Berger, ha annunciato «nuove mobilitazioni» che saranno decise questa sera dall'intersindacale.

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Fischi alla seduta della Camera bassa
La seduta nella Camera bassa del Parlamento, iniziata poco dopo l'annuncio del ricorso al 49.3, si è aperta con i fischi dei deputati delle opposizioni. Alcuni di loro hanno accolto Borne intonando al Marsigliese in segno di protesta. Il leader del Partito socialista, Olivier Faure, ha denunciato i «capricci» del capo dello Stato, mentre il rappresentante dei comunisti, Fabien Roussel, ha affermato che «questo governo non è degno» della Quinta Repubblica. La leader del Rassemblement National Marine Le Pen ha invece dichiarato che il ricorso al 49.3 è un «fallimento totale» per Macron.

L'unica speranza adesso per le opposizioni è quella di far passare una mozione di censura, che in caso di approvazione porterebbe ad una caduta del governo. Le varie formazioni hanno tempo 24 ore per presentarle. Il voto si terrà lunedì Marine Le Pen ha già annunciato che ne depositerà una, aggiungendo che voterà anche a favore di quelle della sinistra. Anche altri leader della gauche si sono detti pronti a presentare le loro mozioni. Le possibilità di far cadere il governo, però, sono scarse, visto che Repubblicani e centristi difficilmente voteranno a favore di una censura.

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Macron pronto a scarificare Borne
Macron ha preso la decisione consapevole del rischio al quale espone il suo governo, guidato da Elisabeth Borne. Al ricorso del 49.3 i principali partiti dell'opposizione, esclusi i gollisti Republicains, hanno annunciato che depositeranno delle mozioni di sfiducia nelle prossime ore. Qualora una sola di queste fosse approvata, l'esecutivo dovrà dimettersi e la riforma non sarà più legge. Marine Le Pen, presidente dei deputati del Rassemblement National, ha annunciato una mozione di sfiducia. Lo stesso hanno fatto alcuni deputati della Nupes, la grande coalizione di estrema sinistra guidata da Jean-Luc Melenchon. Il presidente dei Republicains, Eric Ciotti, ha invece assicurato che i suoi deputati non voteranno a favore di alcuna mozione per «non aggiungere caos al caos». Ma emergono i primi mal di pancia nel partito e la compattezza del gruppo non è affatto garantita. Anzi. Alcuni deputati hanno già chiaramente detto che voteranno la sfiducia. Macron ha deciso di sacrificare la Borne perché la posta in gioco è troppo alta. Se dovesse andare male, potrà sempre dire che ha fatto tutto il possibile per salvare il Paese, per mettere in sicurezza i conti pubblici. Borne stessa, nella riunione che si è tenuta all'Eliseo questa mattina con Macron, avrebbe affermato che in caso di ricorso al 49.3 sarebbe stata una sorta di «fusibile». E così rischia di essere, anche se Macron spera ovviamente che, alla fine, la maggioranza dei Republicains non voti la sfiducia per senso di responsabilità, evitando di far cadere il Paese nel caos.

Il precedente col governo Pompidou
Soltanto una volta nella storia della V Repubblica in Francia un governo è caduto in seguito a una mozione di censura delle opposizioni, strumento utilizzato un centinaio di volte. Accadde nell'ottobre 1962 con Charles de Gaulle presidente della Repubblica. Ne seguirono le dimissioni del governo Pompidou e da parte del generale de Gaulle la risposta fu lo scioglimento del Parlamento. La mozione di censura riguardava l'intenzione di de Gaulle di riformare l'elezione presidenziale e di trasformarla da un voto di «grandi elettori» a un voto a suffragio universale in grado di garantire a lui maggiore legittimità in un periodo di grave instabilità politica.

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