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Caso Orlandi, è scontro. Il fratello di Emanuela: “Mai accusato Wojtyla di abusi”. Il Vaticano: “Pietro e l’avvocato Sgrò rifiutano di fare nomi”. Il pm Diddi: “Battuta d’arresto”

La Santa Sede: il parente «della ragazza scomparsa non ha indicato le fonti delle informazioni al Promotore di Giustizia. Ci si attendeva che lo facesse il legale, che nei mesi scorsi aveva più volte lamentato di non essere stata ancora convocata: ma ha sorprendentemente scelto di opporre il segreto professionale». La replica: è contro «la libertà attaccare il mio segreto professionale»

domenico agasso
Aggiornato alle 5 minuti di lettura

Creato da

Pietro Orlandi e il suo avvocato Laura Sgrò

 (ansa)

CITTÀ DEL VATICANO. Si infiammano gli animi nell’inchiesta sulla ragazza d’Oltretevere scomparsa nel 1983. Da una parte le dichiarazioni di Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, e le iniziative legali relative all'indagine, dall’altra i media vaticani impegnati a proteggere e tutelare da sospetti e accuse «infamanti» la memoria di papa san Giovanni Paolo II. La giornata comincia con un incontro-lampo tra il promotore di giustizia Alessandro Diddi e l'applicato Gianluca Perone con la legale della famiglia, avvocato Laura Sgrò, convocata come «persona informata dei fatti» per riferire origine e fonti delle informazioni depositate e riportate da Pietro nel lungo colloquio col magistrato avvenuto martedì scorso. La legale ha però scelto di opporre il segreto professionale. Dopo le feroci polemiche sulle frasi di Orlandi relative al Pontefice polacco, i media della Santa Sede - il sito Vatican News e il quotidiano L'Osservatore Romano - hanno reagito con ulteriore durezza tramite un articolo intitolato «Accuse a Wojtyla, Pietro Orlandi e l’avvocato Sgrò si rifiutano di fare nomi». Per il Pm la loro è una «battuta d’arresto».

Il Vaticano scrive sui suoi Media che «l’avvocato ha scelto di opporre il segreto professionale e dunque si è rifiutata di riferire da chi lei e Pietro Orlandi abbiano raccolto le “voci” sulle presunte abitudini di Papa Wojtyla che, secondo quanto raccontato dal fratello di Emanuela durante la trasmissione di Martedì, “la sera se ne usciva con due suoi amici monsignori polacchi” e “non andava certo a benedire le case”». Parole che «Pietro Orlandi ha pronunciato in diretta su La7 la sera dell’11 aprile, dopo essere stato lungamente ascoltato dal Promotore di Giustizia, lasciando così intendere di voler in qualche modo asseverare il contenuto di un audio nel quale un membro della Banda della Magliana faceva pesanti allusioni sul Pontefice polacco».

Il Promotore di Giustizia «nei giorni scorsi aveva assicurato di voler andare fino in fondo e di indagare ogni pista possibile per cercare la verità sulla scomparsa di Emanuela, avendo ricevuto per questo un mandato dal Papa e dal segretario di Stato». Come ha raccontato «lo stesso Pietro Orlandi in trasmissione, durante la sua lunga testimonianza resa l’11 aprile, aveva fatto presente al magistrato inquirente le accuse contenute nell’audio dell’esponente della Banda della Magliana e anche le voci che circolavano in Vaticano sulle presunte abitudini di Giovanni Paolo II. Richiesto di fornire informazioni che consentissero di portare avanti l’indagine riferendo da chi avesse appreso queste informazioni Orlandi non ha indicato nomi. Ci si aspettava dunque che questi li potesse fornire l’avvocato Sgrò, anch’essa convocata sulla base delle sue ripetute richieste al termine dell’audizione di Pietro Orlandi. Oggi però il legale, inaspettatamente e sorprendentemente, ha preferito opporre il segreto professionale decidendo così di non collaborare con le indagini dopo che più volte e pubblicamente, negli scorsi mesi, aveva chiesto di poter essere ascoltata».

Immediata la reazione via Facebook di Pietro Orlandi: «Ma sono impazziti, ma cos’è questo gioco sporco? Ma chi si rifiuta di fare i nomi? Ma se gli abbiamo dato una lunga lista di nomi, ma perché? Altro che strumentalizzare le parole, qui in questo titolo c'è il peggio del peggio. Ma come, sono andato in primis a verbalizzare proprio per fare i nomi, tra gli altri, riguardo i famosi messaggi whatsapp affinché fossero convocati e interrogati e ora hanno il coraggio di dire che non ho fatto nomi?».

Arriva poi una lettera infuocata di Sgrò a Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la Comunicazione, Andrea Tornielli, direttore editoriale dei Media vaticani, e Matteo Bruni, direttore della Sala stampa della Santa Sede: Sgrò sostiene senza mezzi termini che «attaccare il segreto professionale è attaccare la libertà e la ricerca indipendente della verità. Tale attacco è ciò che avete fatto oggi». Precisa che «una mia personale audizione come persona informata sui fatti è evidentemente incompatibile con la mia posizione di difensore della famiglia Orlandi e dell'attività in favore della ricerca di Emanuela che sto svolgendo. Questo è quello che ho pacificamente rappresentato, come avevo già fatto telefonicamente e via mail, al Promotore di Giustizia e a tutti i presenti. Per quanto, poi, riguarda la mia posizione, violare il segreto professionale - dovreste ben saperlo - vuol dire non consentire a un difensore di mantenere la propria posizione differenziata, vuol dire alterare i propri rapporti, la propria credibilità, la propria libertà di azione, intralciando il diritto alle proprie autonome indagini. La violazione del segreto professionale impedisce a un avvocato di svolgere liberamente il proprio lavoro - afferma - Il segreto professionale è, quindi, baluardo della verità stessa e attaccarlo significa volere impedire a un avvocato di potere apportare il proprio contributo alla verità. Quanto leggo è una pressione su di me a violare la deontologia professionale cui sono tenuta e a cui non intendo, in alcun modo, derogare». La legale puntualizza che «Pietro Orlandi non ha mai accusato di nulla Sua Santità di Giovanni Paolo II e nessuna persona che io rappresento lo ha mai fatto. Ha chiesto approfondimenti su fatti a lui riferiti».

Dichiara Ruffini: «Avendo consultato l’Ufficio del Promotore di Giustizia posso confermare che quanto riferito da Vatican News in merito alle dichiarazioni fatte su Papa Giovanni Paolo II, in televisione, e alla testimonianza resa dinanzi al Promotore di Giustizia vaticano, risponde esattamente al vero. Né Pietro Orlandi né l’avvocato Laura Sgrò hanno ritenuto di fornire al Promotore nomi o elementi utili riguardo alle fonti di tali affermazioni e alla loro credibilità. Per la magistratura vaticana sarebbe stato essenziale conoscere la fonte delle voci riportate da Orlandi. Purtroppo ciò non è avvenuto. Nella sua comunicazione l’avvocato Sgrò sostiene anche che quanto da noi scritto sia una pressione su di lei tesa a indurla a violare la deontologia professionale e in particolare il segreto professionale. Anche questa affermazione non è veritiera. Vatican News si è limitato a riportare i fatti in maniera obiettiva e trasparente. La richiesta di incontrare il Promotore di Giustizia è stata fatta dall’avvocato Sgrò l’11 gennaio 2023. Ed è stata reiterata a più riprese a mezzo stampa nei mesi successivi l’intenzione di consegnare “personalmente” documenti al Promotore di Giustizia. Come già detto, il Promotore di Giustizia non ha ricevuto alcun nome o elemento utile relativamente alle accuse rivolte a Papa Wojtyla, come correttamente affermato nel titolo e nel testo dell’articolo di Vatican News».

E per Diddi questo «atteggiamento» di Sgrò «è una grande battuta d’arresto sul mandato del Papa di ricercare a 360 gradi la verità. Se è segreto professionale o meno lo stabiliremo, ci sono verifiche che andranno fatte. Per il momento - sottolinea all'Adnkronos - prendo atto che è una grande battuta d'arresto su quello che per anni la famiglia Orlandi ha chiesto di fare». Alla domanda se risponda a verità che Pietro Orlandi sul punto relativo a Papa Giovanni Paolo II e ad altre circostanze abbia rimandato all'avvocato Sgrò, Diddi preferisce il segreto istruttorio: «Io dico solo che non si gioca con la figura e la memoria di un Santo, certe accuse sono gravi due volte perché non dimostrate e perché rilanciate mediaticamente, e dunque vanno chiarite subito, senza se e senza ma. Cosa che Sgrò ha preferito non fare. Ecco perché per noi sentire l'avvocato della famiglia Orlandi che ripetutamente aveva chiesto di incontrare il promotore di giustizia, ovvero il sottoscritto, era importante. Pietro Orlandi ha parlato per ben 8 ore, ed è stato importante sentirlo per chiarire moltissime cose. Proprio per amore di verità, per quella verità che tutti giustamente invocano, era fondamentale sentire anche il suo avvocato che ha invece preferito “avvalersi”. Non ha senso, io proprio non lo capisco». Mentre a LaPresse Diddi dice che «il segreto professionale è un problema di coscienza, non è un obbligo professionale. Dopo che sono settimane che ci insultano perché non li avevamo ricevuti, adesso che siamo al cuore Pietro Orlandi e il suo legale si tirano indietro». Sulla questione «di Papa Giovanni Paolo II è stato Pietro a dirci che poteva riferire l'avvocato Sgrò, i nomi li hanno fatti ma non hanno indicato le fonti. Se vuoi farti aiutare dalla magistratura non taci le tue fonti. Sono molto amareggiato dall'atteggiamento di Orlandi e del suo difensore. Ci siamo messi a lavorare per venire incontro alle loro esigenze di urgenza perché loro insistono che vogliono essere ascoltati e quando li sentiamo non ci dicono le cose. È un atteggiamento irritante. Così come il fatto che avevamo chiesto di mantenere il segreto istruttorio su alcune questioni che invece sono state raccontate davanti alle telecamere».

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