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Il cane Arcibaldo, Ludovica e le sedute per curare un buio nel cuore

Il cane Arcibaldo, Ludovica e le sedute per curare un buio nel cuore
3 minuti di lettura

Questa è la storia di Arcibaldo, un cane, la sua proprietaria, Ludovica (nome di fantasia), e un’aggiustatrice di cuori.

Arcibaldo è entrato a far parte della vita di Ludovica durante la pandemia, in un momento particolarmente buio della sua salute e della salute del mondo.

 

Ludovica e il suo buio nel cuore
Ludovica ha trentasei anni, vive da sola e svolge un lavoro molto prestigioso che l'ha portata a vivere costantemente in giro per il mondo. Ha sempre sofferto di depressione, quel tarlo invisibile ma visibile ai legittimi proprietari che rende la vita faticosa e buia. Piena e vuota. Drammatica e acrobatica. Fare qualcosa, anche le cose semplici come la doccia o la spesa, quando era in preda al buio era per lei impossibile. Alternava momenti di falsa quiete, durante i quali i sintomi stavano buoni e zitti, ad altri devastanti.

La sua depressione la ammanettava all’incapacità di provare emozioni. Non mangiava niente o mangiava tanto. Non dormiva o dormiva tanto. Aveva del tutto smarrito l’equilibrio interiore ed esteriore.

Mi raccontava di sentirsi morta dentro mentre il suo corpo era ancora vivo. Un dramma inenarrabile dal nome nefasto: depressione.

L’abbiamo combattuta più volte, in più riprese, ma poi succedeva sempre qualcosa, un trasferimento in una nuova città, un nuovo amore che le regalava l’illusione della guarigione e Ludovica spariva dallo spazio di terapia per poi pian piano riprendere a stare male. Anzi, malissimo.

 

La pandemia
L’avvento della pandemia l’aveva rinchiusa in casa e l’aveva obbligata a fare i conti con il vuoto e con il buio. Eravamo ancora agli albori della prima ondata pandemica, non si sapeva nulla di questo virus mostruoso e di questo mondo febbrile, quando un giorno ricevo una telefonata di Ludovica che mi annuncia di avere trovato un cagnolino abbandonato in una scatola di cartone accanto al cassonetto della spazzatura, nei pressi di casa sua.

Mi dice che sono la prima persona cara a cui ha pensato e che ha avuto voglia di comunicarmelo subito, scusandosi per l’orario poco consono della telefonata.

La rassicuro prontamente, ma comprendo bene che desiderava essere rassicurata su altro. Aveva la voce tremante di paura mista ad emozione. Aveva paura di non sentirsi all’altezza di assumersi una responsabilità così grande, ma lo desiderava fortemente. Lei che era sempre depressa, instabile, che non mangiava o lo faceva male, che non aveva cura della casa e delle sue cose, come avrebbe potuto occuparsi di un altro essere vivente?

Abbiamo dialogato a lungo del cane e delle sue paure sull’amore e l’impegno.

Dopo due giorni mi comunica ufficialmente che la sua famiglia si era stabilmente allargata e che Arcibaldo, lo aveva chiamato così in onore del suo primo cane, era diventato un membro della sua sgangherata e solitaria famiglia.

 

Arcibaldo
Il meraviglioso quattrozampe era un Golden Retriever a pelo lungo, la sua razza così pura e prestigiosa non giustificava l’abbandono subito.

Aveva il manto color miele d’acacia, gli occhi scuri e profondi disseminati di pagliuzze dorate e cangianti, e una coda folta e scodinzolante in grado di comunicare una vasta gamma di emozioni. Quelle emozioni che Ludovica aveva completamente smarrito.

Il primo anno della nuova vita di Ludovica e Arcibaldo fu un anno caratterizzato da una simbiosi assoluta. Al mattino si svegliavano sempre allo stesso orario. Ludovica indossava una vecchia tuta e andavano a passeggiare al parco. Rincasavano stremati ma felici. Ludovica si metteva al computer per iniziare la sua lunghissima giornata di lavoro e Arcibaldo dormicchiava sui suoi piedi osservandola. I loro due cuori erano totalmente sintonizzati: battevano all’unisono. La voglia di vivere di Arcibaldo aveva iniziato a contagiare il mondo buio di Ludovico.

Concludevano poi la loro giornata con gli stessi rituali: parco, palla, doccia, sonno.

 

Il dopo
La pandemia per fortuna si è conclusa e Ludovica ha dovuto imparare a separarsi, anche per piccoli spazi temporali, da Arcibaldo. Durante le sue prime uscite aveva l’abitudine di lasciarlo dall’anziana madre pregandolo di non fare capricci e di non farla cadere. Il quattrozampe era talmente sensibile ed empatico che non ha mai combinato un guaio in casa della “nonna”, aveva ben compreso l’età e la fragilità della mamma di Ludovica.

In una seconda fase ha imparato a lasciarlo da solo in casa, ma ad ogni sua uscita seguiva un rientro precoce perché non riusciva a separarsi dal suo amato cane.

 

Le sedute
A pandemia conclusa e a umore un po’ più stabilizzato, Ludovica mi chiede di tornare in studio per cercare di fare chiarezza; questa volta davvero. Non voleva più utilizzare l’amore come doping, scegliere uomini sbagliati pur di sentirsi amata e meno sola, e non voleva mai più dover fare i conti con gli abbandoni, i tradimenti e il baratro che conosceva bene dopo ogni fine dei suoi legami d’amore.

Mi chiede di portare Arcibaldo in studio per non separarsene e io ovviamente accatto (i miei pazienti sanno bene che il mio studio è sempre aperto ai loro cani).

Arcibaldo aveva scelto un angolo del mio studio: tra la libreria antica di mia nonna e una poltrona. Arrivava festoso e affettuoso, si fermava davanti alla porta, aspettata la sua dose di coccole e carezze, e insieme a Ludovica entravano nella stanza della cura. Ludovica si sedeva sempre sulla stessa poltrona, e sull’altra depositava il cellulare, la borsa, le chiavi, il giubbotto, mentre simultaneamente Arcibaldo si lanciava ai piedi della libreria. Assumeva sempre la stessa posizione. Stava sul fianco destro, con la testa rivolta a Ludovica e la coda a me. A metà seduta, più o meno sempre alla stessa ora, si stiracchiava, cambiava posizione e aspettava con pazienza. Sembrava ci stesse ascoltando.

La porta per la cura (quella vera e duratura) del male oscuro di Ludovica si chiamava Arcibaldo.

Grazie alla sua stabile presenza nella sua vita, mi aveva aperto un varco che mi aveva permesso di entrare.

 

***

* Valeria Randone è psicologa, specialista in sessuologia clinica, a Catania e Milano (www.valeriarandone.it) e autrice del libro “L’aggiustatrice di cuori – Le parole che riparano”. La sua grande passione per i cani l’ha portata a scrivere anche per LaZampa ed è nato la spazio "Per amore degli animali" 

 

 

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