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Il Ciwf: "Ridurre gli allevamenti intensivi o i virus aviari dilagheranno: rischiamo una pandemia mondiale"

Il Ciwf: "Ridurre gli allevamenti intensivi o i virus aviari dilagheranno:  rischiamo una pandemia mondiale"
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Riformare al più presto il settore avicolo globale per prevenire il rischio che virus altamente patogeni, in primis quello più noto dell’influenza aviaria, finiscano fuori controllo e scatenino una nuova pandemia umana. A lanciare l’allarme è Compassion in World Farming (Ciwf), associazione internazionale presente in 12 Paesi che lavora per la protezione e il benessere degli animali allevati a fini alimentari. L’appello fa seguito alle precedenti, allarmanti segnalazioni di casi di influenza aviaria in luoghi remoti della Terra, tra cui l’Antartide. Il virus è mutato dagli uccelli a mammiferi come lontre, volpi, orsi e procioni, oltre che foche e leoni marini. Si stima che dall’ottobre ‘21 abbia provocato la morte di 140 milioni di volatili nel mondo, inclusi 48 milioni di uccelli in Europa e 53 milioni negli Stati Uniti, causando a cascata pesanti danni ad agricoltura e ambiente.

 

 

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, negli ultimi 20 anni sono stati registrati quasi 870 casi di infezione umana da virus dell'influenza aviaria in 21 Paesi. Di questi, 457 hanno portato alla morte dei contagiati. Gli esperti mettono in guardia sul recente cambio significativo nella diffusione dell’infezione. Data la velocità con cui la stessa si diffonde da esemplare a esemplare all’interno dei sovraffollati allevamenti avicoli intensivi, si pensa che il virus abbia avuto origine proprio negli allevamenti intensivi in Asia. Il settore avicolo intensivo, in cui migliaia di volatili sono ammassati in capannoni, fornisce al virus un costante ricambio di nuovi ospiti: il virus può circolare velocemente fra gli uccelli, con la possibilità che muti nel processo. In queste condizioni, è verosimile che emergano delle varianti estremamente virulente. La malattia passa quindi ai volatili selvatici e crea un circolo vizioso tra allevamenti e fauna selvatica, diffondendosi velocemente a livello globale. E alcune di queste nuove varianti possono infettare i mammiferi.

 

 

Philip Lymbery, direttore globale di Compassion, afferma: “Questa preoccupante situazione sta rapidamente andando fuori controllo e rappresenta una seria minaccia per la salute umana nel mondo. Mancano ormai poche mutazioni perché inizi a diffondersi da persona a persona. Se vogliamo avere una possibilità di fermare questa crisi dobbiamo trarre insegnamento dalla pandemia Covid-19. Dobbiamo agire prima che sia troppo tardi, questo significa riformare urgentemente il settore avicolo mondiale, abbandonando i sistemi intensivi che costituiscono un terreno fertile per la comparsa di nuovi e più letali ceppi di virus”.

 

Ci sarebbero anche delle indicazioni precise da adottare, sempre stando a ricercatori e biologi.  “Prima di tutto, è necessario che i volatili allevati vengano vaccinati per arginare la trasmissione del virus agli esemplari selvatici e ai mammiferi. Governo italiano e Unione europea devono entrare in azione adesso per elaborare una strategia per un settore avicolo che abbia un numero minore di allevamenti nella stessa area, con un numero inferiore di animali e densità d’allevamento più basse, dando così più spazio agli animali per ridurre il rischio di diffusione di malattie ad alta patogenicità. Dare più spazio ai volatili implica una riduzione della produzione di carne e di uova e per questo ognuno può fare la propria parte, riducendo il consumo eccessivo di alimenti di origine animale. Ciò comporterà numerosi altri benefici, tra cui maggiori possibilità di raggiungere gli obiettivi di Parigi sul clima e una riduzione dell’uso di soia e cereali, come grano e mais, come mangime per gli animali allevati.”