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famiglia

Essere genitori di un bambino autistico

Essere genitore di un bimbo autistico può voler dire essere “inesistente” per lui, non sapere come “incontrarlo”. In un momento in cui il numero dei casi di autismo è in rapido aumento, probabilmente per una maggiore consapevolezza di questa condizione, dei sintomi e dei criteri diagnostici più ampi, il libro "Tre sassi bianchi" di Lisa Genova racconta come l’amore possa andare oltre sbarramenti e vuoti. E quanto sia impegnativo e frustrante crescere un bambino con bisogni speciali
GUARDA IL VIDEO: IL MONDO VISTO CON GLI OCCHI DI UN BAMBINO AUTISTICO

3 minuti di lettura
Un viaggio all’interno dell’apparente silenzio e impenetrabilità di una particolare condizione. Pagine che danno parola ai pensieri e alle sensazioni di un bimbo con una diagnosi problematica, mettendosi dalla sua parte, entrando nelle sue emozioni.  È il mondo, visto dal di dentro, di un bambino autistico. Ed è lui il vero protagonista del racconto “Tre sassi bianchi” di Lisa Genova (Edizioni Piemme).
Una storia che si svolge attorno alla vita di due donne, misteriosamente connesse l’una all’altra, che si ritrovano a fare i conti con la propria esistenza, a dare senso ai loro percorsi. Due parti di una stessa persona, in realtà. Una che affronta l’angoscia isolandosi, rifuggendo i rapporti, chiudendo la porta, riproponendo, nella sua ricerca di risposte, modalità autistiche di reagire alla sofferenza. L’altra impegnata a confrontarsi, dare sfogo, tirare fuori significati, trovare parole. Due aspetti di un unico Sé che affrontano un lavoro parallelo per completarsi, risolversi, dare compimento alla propria esperienza.
Ma è anche la relazione madre bambino ad emozionare. A suggerire come l’amore possa andare oltre sbarramenti e vuoti. E a quanto sia impegnativo e frustrante crescere un bambino con bisogni speciali. 

Perché è la relazione ad essere compromessa e non sempre è facile e immediato individuare modi diversi di sintonizzarsi, capirsi, trovarsi. Essere genitore di un bimbo autistico può voler dire essere “inesistente” per lui, non sapere come “incontrarlo”. Gestire una quotidianità pesante, tollerare le rigidità, la ripetitività, rispettare le sue fragilità. Proteggerlo dalle angosce di un mondo per lui troppo complesso, incomprensibile e rumoroso. Fronteggiare la sua ansia, i turbamenti per situazioni banali o piccoli cambiamenti. Accettare il suo silenzio infinito. Le sue distanze impossibili. Imbarazzo, rabbia, tristezza, paura, sono molte le emozioni coinvolte. 
È la situazione raccontata nel libro. Quella di un bambino senza linguaggio, chiuso e inaccessibile nella solitudine. Ma non tutte le condizioni di autismo sono uguali. Alcuni diventano adulti con carriere e relazioni serene, mentre per altri la conquista di una vera autonomia risulta impossibile. Per questo si parla di “disturbi dello spettro autistico”. Perché esiste una varietà di possibilità differenti, forme più o meno serie con caratteristiche e andamenti diversi. L’autistico non è sempre del tutto impenetrabile o geniale, come raccontano alcuni film. Il caso, ormai diventato famoso sulla Rete, della piccola inglese di tre anni diagnosticata autistica che dipinge come Monet, non è un esempio isolato di talento sorprendente tra le persone che condividono questa condizione, ma non è ovviamente la norma. 

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L’etichetta in genere tende a gettare ombre sulla possibilità di connettersi e di interagire socialmente. Di certo l’intimità è un’area molto delicata però anche le persone con problemi di relazione e comunicazioni possono costruire rapporti pieni di significato. E non sono tutti privi di empatia, piuttosto hanno delle barriere ad esprimerla, a reagirvi. Del resto questa competenza sociale non è universale - e non sempre affinata - nemmeno tra i non-autistici. 
L’autismo è anche una condizione affasciante e misteriosa che parla di tutti noi. Ripropone, in modo “forte”, un insieme di comportamenti di coping (di fronteggiamento) che ognuno esibisce sotto stress: ritiro sociale, evitamento del contatto oculare, aumento della rigidità, ripetizione di comportamenti di routine. Un repertorio di tentativi di base per far fronte ad un ambiente vissuto come opprimente e per reagire all’ansia.

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Un articolo di qualche settimana fa del New York Times riferisce che circa il dieci per cento dei bambini autistici perde la diagnosi. Lo studio ha preso in considerazione solo bambini con QI medio, però, lasciando fuori quelli con disabilità profonda. E non è servito, così come altre ricerche, a identificare esattamente le variabili determinanti per cui alcuni bambini crescendo escono dall’autismo e altri no. Né ha chiarito se il risultato positivo è determinato da particolari tipi di trattamento o dal numero di ore di intervento precoce. La notizia tra l’altro arriva in un momento in cui il numero dei casi di autismo è in rapido aumento, probabilmente per una maggiore consapevolezza di questa condizione, dei sintomi e dei criteri diagnostici più ampi. Ma ancora non si sa bene che cosa lo causi e che cosa lo rimuova, non si può prevedere se e quanto un bambino possa recuperare. Si sa però che si può lavorare su ognuno, cercando il meglio per quella persona. 
Nella appassionata lettera rivolta ai genitori di Jim Sinclair del 1993, diventata manifesto del movimento della neurodiversità, si legge: “L’autismo è un modo di essere, non è possibile separarlo dalla persona …. Quando un genitore dice "Vorrei che mio figlio non avesse lautismo", quello che realmente dice è, "vorrei che il bambino autistico che ho non esistesse e al suo posto vorrei avere un altro bambino differente (non-autistico)"”.