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Estate 2020: tutti pazzi per le righe che non passano mai di moda

Dal Rinascimento a oggi le righe non hanno praticamente mai smesso di conquistare uomini e donne. Anche questa estate non fa eccezione con molti stilisti che le ripropongono. Ecco una breve storia di questa stampa senza tempo

1 minuti di lettura
Iceberg
Iceberg 
Miley Cyrus le preferisce bianche e nere; Katy Perry ha un debole per quelle multicolor, dall’effetto arcobaleno, Kaia Gerber ne porta di tutti i tipi. Con la loro versatilità le righe evocano una quantità di immaginari.

Simbolo al tempo stesso di ordine e disordine, hanno accomunato nel tempo personaggi agli antipodi, da Al Capone a Picasso, e sono state al centro di disquisizioni e teorie. C’è stato anche chi, come lo storico francese Michel Pastoureau ha dedicato all’argomento un intero saggio La stoffa del diavolo. Una storia delle righe e dei tessuti rigati (1991; trad. it. Il Melangolo 1993). Vi si scopre che mentre nel Medioevo le righe erano simbolo di disordine e trasgressione e accomunavano persone ai confini della società, come il boia e la prostituta, il buffone e l’eretico, nel Rinascimento divennero di gran moda. Almeno a giudicare da celebri ritratti come quello di Lucrezia Valier fatto da Lorenzo Lotto (1533, National Gallery) o quello di Francesco I di Jean Clouet (1530 ca., Louvre, Parigi).
Lucrezia, il dipinto di Lorenzo Lotto ospitato alla National Gallery di Londra
Lucrezia, il dipinto di Lorenzo Lotto ospitato alla National Gallery di Londra 
In seguito, dopo un lungo periodo di assenza, hanno rifatto capolino ai tempi della Rivoluzione francese quando le volute del Rococò stavano cedendo il passo alle geometrie neoclassiche. Da quel momento, araldiche, ludiche o sportive, raramente sono passate di moda per più di una stagione. Questa estate, a giudicare dalle proposte di griffe come Chanel e Lanvin (marinare), Ports 1961 e Balmain (optical), di Paco Rabanne e Benetton (arcobaleno), non fa eccezione.

Nel tempo, ci sono stati addirittura designer che delle righe hanno fatto una cifra proprio stile. È il caso di Coco Chanel e della maglietta a righe bianche e blu. Indossata su morbidi pantaloni Mademoiselle rese la marinière la compagna fissa delle lunghe estati della sua giovinezza a Deauville, cittadina francese dove Boy Capel, grande amore della sua vita, le aprì nel 1912 una boutique.

Ma quando si pensa alla marinière a venire in mente è soprattutto Jean-Paul Gaultier. “Da bambino” ha raccontato “avevo una maglietta da marinaio che mi piaceva parecchio; è diventato un capo scaramantico per me”. Al principio degli anni Ottanta, ispirandosi al film cult di Fassbinder Querelle The Brest (1982), Gaultier ha eletto la maglia marinière a costante del suo stile, al punto da dedicarle anche il flacone di Le Male, il profumo maschile che lancia nel 1995.

Poi ci sono gli affezionati di quelle multicolor come Paul Smith, Sonia Rykiel (“Le considero simbolo di una femminilità infinita, che evolve in un movimento continuo, colorato e definito”), e i Missoni che, insieme agli zig-zag hanno trasformato righe coloratissime, specie se in versione ‘elettrocardiogramma’, nella propria cifra distintiva. Una sorta di “punto di partenza” dice Angela Missoni “per infinite variazioni, inclinazioni, rotazioni, interazioni”.