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Ottant'anni dalla nascita di Janis Joplin, la donna che ha cambiato il volto del rock

Ottant'anni dalla nascita di Janis Joplin, la donna che ha cambiato il volto del rock

Il 19 gennaio Janis Joplin avrebbe spento ottanta candeline. Invece se ne è andata presto, a soli 27 anni, come "un'eroina tragica". Eppure, quei pochi anni di carriera sono bastati a cambiare per sempre il mondo della musica

3 minuti di lettura

La sua carriera, a conti fatti, è stata corta. Tre album, più uno postumo; poco più di tre anni di vero successo. Eppure, quella breve finestra temporale è bastata a cambiare per sempre la storia della musica, tanto che, ancora oggi, Janis Joplin è considerata la regina indiscussa del rock. Un mito, una leggenda. Il 19 gennaio avrebbe compiuto ottant’anni, se non si fosse spenta prematuramente nell’ottobre del 1970, lasciando il mondo orfano della sua voce graffiante, che da lì in avanti sarà imitata, emulata da tutte le giovani donne innamorate del rock che vorrebbero “cantare alla Janis Joplin”. Un esercizio per niente facile, perché oltre ad avere una vocalità tutta sua, Janis Joplin si ispirava a sua volta alle grandi interpreti del blues, del soul, del jazz, creando uno stile canoro che è rimasto ineguagliato. “Janis si avvicinò al blues autentico più di quanto avesse mai fatto un artista bianco”, scrisse il Time all’indomani della sua morte.

Nata nel 1943 a Port Arthur, cittadina in cui la vita ruotava attorno al mondo delle raffinerie petrolifere, Janis Joplin crebbe in un contesto che ben presto le andò stretto: il profondo Texas, la famiglia religiosa, la società profondamente razzista che, quando lei già da adolescente professava l’uguaglianza tra bianchi e neri, la derideva, e la considerava una squinternata. A scuola subì bullismo sia per il suo aspetto fisico che per le sue idee fuori dal coro (perché, per esempio, ascoltava artiste blues e jazziste nere come Bessie Smith, la sua grande ispirazione). Era un’emarginata: “Leggevo, dipingevo, pensavo. E non odiavo i neri”, ha spiegato in diverse occasioni, e questo faceva di lei una disadattata agli occhi della società bigotta di Porth Arthur.

Ma il vento stava cambiando, la rivoluzione psichedelica stava arrivando e la West Coast sprigionava quell’energia che ben presto sarebbe confluita nella Summer of Love. Nonostante la sua personalità eccentrica e i suoi look da figlia dei fiori provocassero comunque un certo stupore, all’università le cose andarono un po’ meglio, ma Janis non terminò mai gli studi perché a vent’anni decise di partire e andare a San Francisco in autostop. La città, che all’epoca era la roccaforte hippy per antonomasia, l’accolse con tutte le sue libertà, le sue stravaganze, le sue possibilità, ma le fece anche conoscere anche le droghe e l’alcol, sostanze di cui inizierà ben presto ad abusare e che la porteranno alla morte, avvenuta in un motel di Hollywood (dove si trovava per delle registrazioni) a causa di un’overdose a soli 27 anni - è lei una delle celebri componenti del cosiddetto club dei 27, ovvero degli artisti giovani, ribelli e 'maledetti' scomparsi a quell'età, come Jimi Hendrix, morto solo due settimane prima di Joplin, Jim Morrison, Kurt Cobain e in tempi più recenti Amy Winehouse.

Ma nel frattempo, proprio San Francisco e in generale la psichedelica West Coast fecero di lei la più grande cantante rock di sempre, permettendole di emergere in un contesto che era ancora prettamente maschile. Le prime registrazioni degne di nota risalgono al 1963, quando incise alcuni pezzi blues assieme a Jorma Kaukonen, che diventerà di lì a breve il chitarrista dei Jefferson Airplane, altro nome iconico della storia del rock psichedelico. Il successo vero arrivò qualche anno dopo con i Big Brother and the Holding Company, band di cui diventò vocalist e con la quale incise due album, che includono alcuni dei suoi pezzi più iconici, come Piece of my heart e Summertime. La sua prima esibizione dal vivo fu indimenticabile.

Era il 1967, e a Monterey, in California, si tenne il Pop Festival, evento precursore di Woodstock nel quale si esibirono, tra gli altri, Jimi Hendrix (è proprio lì che incendiò la chitarra sul palco), The Who, i Grateful Dead, Otis Redding. Janis Joplin salì sul palco e cantò Ball and Chain, lasciando il pubblico a bocca aperta. Fu l’unica artista ad essere richiamata a furor di popolo sul palcoscenico, dove si esibì due volte. Il fenomeno Janis Joplin esplose in tutta la sua potenza, e la portò in tour in tutti gli Stati Uniti (prima con i Big Brother, poi come solista) e poi in Europa, le fece conquistare le classifiche e copertine delle maggiori riviste musicali dell’epoca.

Come noto, partecipò anche a Woodstock, dove però non si esibì in una delle sue migliori performance, sempre a causa dell’uso di alcol e droghe che, come molti suoi coetanei dell'epoca, non riusciva a contenere. L’alcol le era così indispensabile che uno degli ‘accessori’ preferiti della cantante era la bottiglia di Southern Comfort, sempre al suo fianco anche sul palcoscenico. Anche la vita sentimentale è stata segnata dall'abuso di sostanze: dichiaratamente bisessuale, ebbe relazioni più o meno stabili con diversi artisti e groupies dell'epoca, ma alcune delle più importanti capitolarono proprio a causa delle sue dipendenze, come quella con David Niehaus. Proprio a lui Janis scrisse un telegramma poco prima di morire, per cercare un riavvicinamento (anche se all'epoca frequentava già lo scrittore Seth Morgan): la risposta di Niehaus, che era positiva, non fece mai in tempo ad arrivare alla cantante.

Con i suoi capelli scompigliati, gli stravaganti copricapo piumati, gli occhiali tondi, gli abiti da hippy e la Porsche dalla carrozzeria psichedelica (venduta all’asta alcuni anni fa per oltre un milione e mezzo di dollari), Janis Joplin era certamente quello che si dice ‘un personaggio’. Ma sotto l’apparenza da tigre sul palcoscenico c’era una donna che mostrava le sue fragilità, cantando di solitudine, di ferite e di self-distruction. “Sapeva che l’aura di auto-distruzione faceva parte del suo fascino. E sapeva di essere molto di più di una semplice cantante per i suoi contemporanei”, si legge in un lungo articolo del 1970 di Time Magazine. “Era un’eroina tragica, il cui carattere riassumeva tutte le contraddizioni, le frustrazioni, le disperazioni degli under 30”.