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L'intervista

Arrivare sempre secondi non è una sconfitta. Ecco come trasformare la mancata vittoria in un super potere

Foto di Becca Tapert su Unsplash
Foto di Becca Tapert su Unsplash  
Nella vita non essere sul "podio" più alto, non è una sconfitta. Anzi, può essere una chance in più per affrontare meglio le sfide cercando di migliorarsi costantemente. Ce lo racconta la scrittrice Valentina Ciannamea nel suo libro Secondo a chi? Trovare il proprio posto nel mondo, anche se non è il primo
3 minuti di lettura

Essere i primi, guadagnarsi il primato sul podio più che un’esigenza personale, sembra essere diventato un diktat nella nostra società, sempre più performante, sempre più votata alla competizione che alla cooperazione. Dal lavoro alla sfera privata, nella real life come sui social, dimostrare di avere una vita da numeri uno, di aver conquistato il successo, di avercela fatta, appare una conditio sine qua non per sentirsi apprezzati, considerati e quindi accettati. E così arrivare al secondo posto, essere il numero due diventa sinonimo di sconfitta, di inferiorità, di vergogna, innescando frustrazione, rabbia e dolore.
A ribaltare questa visione e a raccontare in modo illuminante e rivoluzionario cosa vuol dire arrivare secondi è il nuovo libro “Secondo a chi? Trovare il proprio posto nel mondo, anche se non è il primo”, Do it human Editori, è Valentina Ciannamea (valentinaciannamea.it). Scrittrice, giornalista, è arrivata seconda in una famiglia di quattro figli, in Puglia. E per anni si è sentita “in panchina”. Con questo pamphlet ci racconta come ha cambiato la sua visione su questo tema, realizzando che le classifiche sono solo una fotografia del momento ed essere secondi è una condizione mutabile come l’essere primi. Perché si può essere il numero due ed essere felici, come dimostrano tante storie di campioni dello sport, ma anche attori, personaggi letterari e politici raccolte in questo saggio. Il numero due è spesso un uomo e una donna che sostiene il primo, così forte da cedere il passo, così tenace da non mollare, capace di accettare le proprie imperfezioni e fragilità, tramutandole in occasioni per migliorarsi. In fondo, siamo tutti dei numeri due, ognuno a modo proprio, e per capire come arrivare secondi e sentirsi dei vincitori, abbiamo fatto quattro chiacchiere con l’autrice.

Il libro di Valentina Ciannamea
Il libro di Valentina Ciannamea 

Da dove nasce l’idea di questo libro dedicato al numero due?
“È nata guardando soprattutto al mondo del lavoro, dove essere sopra agli altri, conquistarsi il podio conforma molto di più le persone, perché per vincere devi seguire le regole, mentre un numero due può perdere, certo, ma è anche un ribelle, una persona che non segue gli schemi. Ho voluto giocare con questa posizione e con i significati simbolici del numero due per dire che ognuno deve costruirsi la vita su misura di sé, senza guardare alle classifiche”.

Perché e in che modo ci si può sentire felici anche quando si arriva secondi e smetterla di vederlo come un fallimento?
“Quando siamo ai blocchi di partenza non siamo tutti uguali. Ognuno di noi ha un proprio percorso, alcuni hanno più vantaggi, altri devono fare più strada. Allora l’unico modo è non fare paragoni ma giocare sfidando sé stessi, migliorandosi al di là del risultato”.

Qual è l’identikit del numero due e perché anche se spesso lo si considera un perdente, in realtà è vero campione? 
“Possiamo essere tutti dei numeri due quando nella nostra vita siamo dei ribelli, quando non siamo perfetti ma autentici, quando ci sembra di remare controcorrente, quando siamo caparbi. Quando ci ostiniamo ad andare avanti a fari spenti, certi che prima o poi ci vedremo chiaro, quando è più importante quello che facciamo del risultato. Quando al di là dei riconoscimenti sentiamo di essere aderenti a chi siamo”.

“In questa nostra società la performance assume il valore dell’esistenza: solo se fai, vali”, scrive nel suo libro. C’è una strategia che si può attuare per uscire fuori da questo schema, che ci fa vivere sempre sotto stress?
“La competizione non va demonizzata, è utile in molti contesti ma va bene viverla finché ci permette di migliorare. Quando crea frustrazione forse è il caso di fermarsi per ritrovare i piaceri delle cose importanti per ciascuno di noi. E se questo significa perdere qualche posizione nella classifica generale della vita, beh meglio restare un passo indietro ma riconoscersi, sapere chi si è che girare a vuoto in un meccanismo senza via d’uscita. Mi viene in mente la scelta di Jacinda Ardern che da primo ministro si è dimessa per vivere una vita più aderente alla donna che è oggi. Perché il successo, qualunque cosa significhi per ognuno di noi, non è una scala infinita verso l’alto ma è fatto di battute d’arresto, o di pause e di riprese”.

Nel libro sostiene che il ruolo di secondo troppo spesso spetti ancora alle donne, in alcuni settori del mondo del lavoro.
“Sicuramente non riuscire a conquistare ruoli apicali è un tema che purtroppo coinvolge l'universo femminile, ma nonostante questo sono tanti gli esempi di donne vicepresidenti di grandi società che hanno un grande potere e possono fare la differenza. Anche in questo caso, essere numeri due non è una posizione fissa, ma mutevole. Salire ancora di un gradino non è impossibile”. 

Nel testo ci sono molte storie di 'numeri due'. Tra queste, quale considera la più rappresentativa?
“Una storia che mi è piaciuta molto è quella di Francia Marquez, vicepresidente della Colombia, perché sono certa che no passerà alla Storia come 'seconda'; anche se dovesse fermarsi lì e non diventare mai presidente, ha già fatto una grande differenza per il suo Paese grazie alle sue battaglie contro l’illegalità e a favore dell’ambiente”.

Quali sono le grandi occasioni e i benefici che possiamo cogliere dall’essere i numeri due, in conclusione?
“Essere numeri due è essere outsider, significa riconoscere la propria unicità e quella degli altri. Perché quando arrivi primo vivi la giusta soddisfazione del risultato raggiunto, ma è quando perdi che davvero ti si offre l’occasione di rimettere in discussione te stesso. Questo vuol dire crescere, cambiare, migliorare. Si ha un motivo in più per chiedersi se quello che si sta facendo è davvero quello che si desidera”.