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L'attrice Matilde Gioli, 33 anni, truccata da Linda Autilizzando i prodotti Giorgio Armani Beauty.
L'attrice Matilde Gioli, 33 anni, truccata da Linda Autilizzando i prodotti Giorgio Armani Beauty. 
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Linda Cantello: "Sarò ricordata per aver inventato gli smokey eyes"

Creativa fuori dagli schemi, Linda Cantello ha inventato trucchi che non c’erano. Per non renderci mai schiave del makeup

3 minuti di lettura

Sarà scritto sulla sua tomba, dice prendendosi in giro con garbo, “Qui giace Linda Cantello, inventrice degli smokey eyes”. Sarà che tutti la ricordano per questo (ma anche per il celebre Rouge d’Armani n. 400), sarà che è una delle donne più influenti nel mondo beauty e che fa questo mestiere da quarant’anni, ma Cantello, international makeup artist di Giorgio Armani, non indossa più un filo di trucco. Compensa inventando face look, formulando prodotti innovativi (come Lip Maestro Satin e il nuovo blush Luminous Silk Glow), dando forma, in passato, a estetiche contemporanee per fotografi come Richard Avedon, Irving Penn, David Sims. 
Londinese, diplomata alla Harrow Art School, è diventata makeup artist quasi per caso (e per l’orrore dei suoi genitori). Fino ad approdare, nel 2009, alla corte di re Giorgio. 

Qual è il processo creativo che porta al face look di una sfilata di moda?
«Non seguiamo un percorso specifico anche perché mister Armani chiede sempre quello che ancora non esiste. Nel nostro “laboratorio mobile” abbiamo tutte le basi per il viso, gli occhi, le labbra. Usiamo quelle e le misceliamo per ottenere l’effetto innovativo, voluto, che lui desidera». 

Ha libertà creativa o segue le indicazioni dello stilista?
«Armani sa sempre quello che vuole, ha una visione e la comunica. Per esempio, mi dice: “Voglio la pelle di porcellana, matte e luminosa”. Oppure: “Le ciglia devono essere dritte”. In quel caso mi sono messa a stirare 85 paia di ciglia finte... Ci fa sempre pensare out of the box, credo che lo faccia apposta per spingerci a inventare. Ma il denominatore comune è sempre la naturalezza. Un trucco che renda belli in modo naturale».

Come riesce a sincronizzarsi con la collezione della sfilata? Vede prima gli abiti?
«No. Abbiamo solo un moodboard, ma nessun accesso privilegiato. Il link è mister Armani. Lui è la moda. Ho lavorato con tanti stilisti ma lui è quello che più si immerge in ogni aspetto della sua produzione, dagli abiti, alle fragranze, alla cosmetica. Capisce sempre i nuovi prodotti che gli presentiamo e le innovazioni che ci sono dietro». 

Lei ha detto che molti stilisti non afferrano il potere del makeup. Quale sarebbe?
«Acconciature e trucco sbagliati possono rovinare una collezione. Il makeup migliora e mette in luce gli abiti. Infatti, per Armani, i due aspetti sono sempre coordinati. È così anche per Tom Ford». 

Alle donne che non sfilano in passerella cosa dovrebbero davvero offrire i cosmetici?
«È molto semplice: aumentano la fiducia in sé stesse e migliorano l’umore. Se invece diventano una stampella su cui appoggiarsi, allora è un problema. C’è una sola regola nella bellezza: sentirsi bene con sé stessi. Il beauty deve liberare le donne, non rendere loro la vita complicata. Quando vedo quei tutorial con makeup pesante, trasformativo, divento matta. Per truccarsi bastano cinque minuti. Non tutte le donne sono belle, ma chiunque può sentirsi sexy se valorizza i suoi punti di forza». 

E quando invece diventa una maschera dietro alla quale nascondersi?
«Allora è l’opposto di quello che dovrebbe essere, cioè empowerment. Si rischia di diventare schiave del sistema. Invece bisogna pensare a ciò che sta bene a noi, a ciò che ci valorizza. Poi il makeup è anche piscologico. Tempo fa partecipai allo show di Oprah Winfrey e trasformai il look di una donna che aveva lo stesso trucco e taglio di capelli dagli anni Sessanta, quando aveva conosciuto il marito. Però dopo il makeover a lui la moglie non piaceva, allora lei scoppiò in lacrime dicendo: “ecco adesso mi detesta”. Per me stava molto meglio di prima, ma non si può imporre l’estetica, è molto personale». 

Un filo di trucco può anche avere un effetto consolatorio.
«Certamente. E infatti in recessione le donne acquistano rossetti per sentirsi meglio, è un piccolo lusso senza spendere troppo. Lo chiamano lipstick effect, ma non succede solo in tempi di difficoltà economiche. Ho inventato il colore 400 Rouge D’Armani proprio dopo l’11 settembre e ne hanno venduti moltissimi. E terminata la Seconda guerra mondiale, sa cosa davano alle prigioniere liberate dai campi? Un rossetto. Perché si sentissero di nuovo donne».

Lei non si trucca più. Perché? 
«Negli anni Sessanta quando ero ragazza lo facevo regolarmente. Frequentavo una scuola femminile ed eravamo tutte ossessionate da beauty e fashion. Oggi sono una donna sicura di me, ho una certa età e un certo ruolo. Non voglio essere giudicata per il mio trucco. E così non lo uso». 

Non ha mai frequentato una scuola di makeup. Come è finita a fare questo lavoro?
«Dopo il diploma in Belle Arti ho iniziato come truccatrice autodidatta, i cosmetici mi appassionavano fin da piccola. I miei genitori erano disgustati dalla mia scelta, ma sono andata avanti, girando tra Roma, New York, Parigi, Milano. E alla fine non avere una formazione tradizionale in questo campo è stata la mia fortuna. Mi ha aiutata tanto avere nozioni di pittura, luce, ombra, prospettiva. Di certo mister Armani lo apprezza perché quando dice che un look è “da makeup school” lo sta denigrando».