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CASAMATTA
Chiudere quella porta: allontanarsi dagli odiatori e lasciarli soli
CASAMATTA

Chiudere quella porta: allontanarsi dagli odiatori e lasciarli soli

La scelta di Jacinta Ardern, la premier neozelandese che ha deciso di lasciare il suo incarico anche sull'onda degli attacchi violenti dei social

2 minuti di lettura

Ho letto sul Guardian un’intervista a due ricercatrici neozelandesi che si occupano di “estremismo politico on line”. Parlavano di Jacinda Ardern, prima ministra del loro Paese, 42 anni, che come saprete ha lasciato l’incarico dicendo «so cosa richiede questo lavoro e so che non ho più abbastanza energie per rendergli giustizia». L’intervistatore ha domandato loro se ritenessero che le minacce ricevute dalla prima ministra, fisiche ma soprattutto on line, cresciute negli ultimi anni fino a diventare “una campagna d’odio senza precedenti”, potessero aver influito sulla sua decisione. «Non c’è possibilità che non sia così», hanno risposto: «È un fattore che ha senz’altro contribuito». Alla stessa domanda Ardern aveva replicato che sì, gli attacchi personali ricevuti negli ultimi anni avevano avuto un ruolo nella sua scelta anche se non erano stati «un fattore decisivo». 
Credo che su questo punto ci dobbiamo soffermare un momento tutti, anche noi che non siamo primi ministri. Forse non è stato decisivo, ma a far da bersaglio di una massa indistinta di violenti sconosciuti ci si stanca. Non tutti, è vero. Conosco persone galvanizzate dalla rissa: la cercano, la provocano. Surfano continuamente sull’onda della polemica del giorno ben prevedendo le conseguenze che non vedono l’ora di affrontare: persone che amano sentirsi guerriere della battaglia che accendono non avendo – si vede – di reali da combatterne. Quando hai da affrontare una difficoltà reale di solito lo fai in silenzio. Non hai le energie, appunto, né il tempo di postare su TikTok. Che sostenere le minacce di chi si sente continuamente in diritto di giudicare il nostro operato richieda una notevole quantità di energie è fuori di dubbio. Per quanto non le ascoltiamo, ammesso che sia possibile, richiedono la forza necessaria a ignorarle: sapere che ci sono ma non andare a leggere, non replicare. Anche restare fermi, fare silenzio, non reagire è un lavoro. 
Gli odiatori del web – quelli che prendono parola solo per disprezzare e minacciare, mai per discutere, fare una domanda che possa chiarire ciò che non conoscono della persona di cui parlano – si muovono a branchi e si aizzano a vicenda, eccitandosi. Sono in grado di esprimere giudizi sprezzanti su una madre che ha soffocato un neonato allattandolo, su un genitore che ha perso un figlio in un incidente stradale. Mi domando sempre se si rendano conto: se siano in grado di immaginarsi al posto di coloro che giudicano ma no, non lo fanno. Non sanno, non vogliono: il loro obiettivo non è capire ma mostrarsi, convincersi perciò di esistere. Le masse di odiatori che si sono scatenate contro Ardern si sono mosse all’unisono a partire da due occasioni: quando ha imposto la campagna vaccinale contro il Covid e quando ha limitato l’uso di armi dopo la strage di Christchurch. Già da questo ci si può fare un’idea dell’identikit di chi le ha augurato lo stupro, la morte. Forse tutto questo è inevitabile: bisogna solo “gestirlo”, come dicono in tanti. Forse invece no: si può chiudere la porta e uscire, lasciarli soli.