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Senza difesa, una storia di violenza quotidiana

Senza difesa, una storia di violenza quotidiana
Questa è la storia di una giovane donna che non ha più una vita, terrorizzata, brutalizzata, violentata da un uomo che diceva di amarla. Adesso lui è in galera, ma comunque lei vive nel terrore. Ancora una storia di violenza sulle donne in una società in cui il cambiamento culturale va troppo lentamente. 
Se volete scrivermi su Instagram: _mariacorbi_
3 minuti di lettura

Gentile Maria,
sono una ragazza di ventotto anni che vive in provincia di Salerno. Attualmente faccio parte di un programma di protezione personale, con ronda dei carabinieri e scorta a seguito di un'aggressione fisica e sessuale con minacce da parte di persona a me non nota.
Nel 2020 ho conosciuto il mio ex compagno con il quale nel settembre dello stesso anno sono andata a convivere. Per me e per la mia famiglia era un uomo per bene, dalle doti eccezionali, di grande carisma, amorevole, gentilissimo che mi amava e rispettava. Sono stata molto male e ho affrontato un ciclo di cure importanti e mi è sempre stato vicino, amorevole e disponibile. Poco alla volta, però, cominciò a cambiare diventando estremamente possessivo, geloso e rabbioso. Mi controllava il cellulare, dovevo parlare con la mia famiglia in sua presenza, non mi lasciava mai sola e non mi permetteva di uscire con la scusa della mia salute.
A suo tempo non mi resi conto dei segnali inequivocabili del suo comportamento morboso e malato e lo giustificavo per la situazione difficile che stavamo attraversando. Un giorno mentre litigavamo per questioni economiche mi sferrò uno schiaffo e mi provocò un livido sul viso. Poi uscì di casa e al suo rientro, piangendo, mi pregò di scusarlo giurandomi che non avrebbe mai più alzato un dito su di me. Gli credetti.
Nel giugno del 2021 ci trasferimmo al sud, nel paese dove io attualmente risiedo. Dal giorno che entrammo in casa il mio ex diventò padrone della mia vita. Il cellulare era sempre sotto controllo anche con app installate che gli consentivano di controllare i miei spostamenti, i miei messaggi, cronologia di ricerca, chiamate e mail. Aveva tutte le password per gli accessi ai social network, allo Speed e app della banca. Ogni giorno che passava diventava sempre più violento arrivando a picchiarmi anche per motivi futili come un piatto di pasta venuto male. Con il passare del tempo riuscì ad isolarmi dal mondo, cancellando e bloccando tutti i numeri dei miei amici, cercando di mettermi contro la mia famiglia di origine con stratagemmi e bugie.
Non mi permetteva di lavorare, mi chiudeva in casa a chiave. All'inizio mi ribellavo e reagivo con forza alle sue violenze e minacce, ma più reagivo e più lui diventava violento, crudele e sadico tanto che mi legava alla sedia e mi spegneva le sigarette addosso, minacciandomi e tagliandomi con un coltello, frustando le gambe con la fibbia di metallo della cintura dei pantaloni. Mi minacciava dicendo che se avessi raccontato tutto questo avrebbe ucciso me, il cane, e fatto del male alla mia famiglia. Probabilmente mi drogava e mi vendeva ad altri uomini. Episodi dei quali ho pochi ricordi come fermo immagine che ancora rivivo come déjà vu. A causa della mia situazione di salute non sono riuscita a portare avanti due gravidanze. Lui mi rimproverava, picchiava, dicendo che non ero una buona donna perché non riuscivo a dargli un figlio. Il mio corpo porta i segni delle violenze subite.
Dopo l'ennesima lite, dopo aver picchiato me e scaraventato degli armadi contro mia madre e rotto bicchieri e porte con calci e pugni decisi di denunciare nel dicembre del 2021 chiedendo l'allontanamento da casa. I mesi passavano e lui continuava ad abusare di me, così il 28 aprile del 2022, per disperazione e piena di paura gli feci recapitare le sue cose sul posto di lavoro. Da quel momento cominciò a pedinarmi, mi stalkerizzava notte e giorno senza fine con chiamate e messaggi. Mi mandava foto mie nuda legata, palesemente in stato di shock e/o drogata, delle quali non ero a conoscenza. E minacciava di uccidermi. Nel luglio del 2022 finalmente il mio Avvocato Concetta Galotto, a cui devo la vita, riuscì ad ottenere una misura cautelare, ma non è bastato. Arrestato e condannato a tre anni e otto mesi per il primo procedimento penale a suo carico.
Sono seguita da tutti gli organi competenti, compreso il centro antiviolenza con sedute di psicoterapia, ma nonostante tutto mi risulta ancora difficile proseguire serenamente con la mia vita. Mi sono raccontata nella speranza che altre donne possano trovare la forza di reagire e di denunciare. —
Lettera firmata

Questa lettera è firmata con coraggio dalla protagonista che ha messo tutti i dettagli, i nomi, le circostanze, le date. Il nome della sua avvocatessa, Concetta Galotto. Per tutelarla ho deciso di schermare la sua identità. Un lungo racconto che ho dovuto sintetizzare. Ma vi assicuro che ogni parola, ogni virgola di questa richiesta di aiuto è macchiata dal dolore, dall’esasperazione dalla paura. Ancora una donna che deve affrontare l’inferno a causa di un uomo. Questa è una questione di genere e non mi si venga a dire che non è così. Lo dicono le statistiche, le donne che muoiono e soffrono ogni giorno. Bisogna fare di più per tutelarle mettendole al riparo da quello che non è un amore malato, ma odio, perversione, debolezza criminale. Non saprei come altro definire il gesto di un compagno che per frustrazione, inadeguatezza, cattiveria (perchè la cattiveria esiste e non possiamo derubricare tutto a follia) si sfoga su colei che dovrebbe amare. Ma bisogna fare di più anche per cambiare una cultura che affonda nel patriarcato, un mondo in cui le donne hanno sempre dovuto subire le scelte maschili. Oggi che non vogliono più farlo, che possono non farlo, finalmente indipendenti e consapevoli, vengono punite. Una resistenza maschile al mondo che cambia, al loro ruolo derubricato. Senza un reale cambiamento della cultura e della società la strage continuerà.