Zafferano di San Quirino sempre più famoso
Si punta ai ristoranti di Usa, Francia e Australia e c’è l’idea di un marchio unico. L’area produttiva cresce: tanti giovani agricoltori sulla scia del “re” Zamuner

SAN QUIRINO. Sta contagiando altri giovani agricoltori del Pordenonese e del Friuli l'esperienza che, in soli tre anni, ha reso il 32enne agricoltore, Walter Zamuner, il “re” dello zafferano “made in San Quirino”: un prodotto, il suo, ritenuto uno dei migliori al mondo per qualità, in base alle analisi organolettiche.
Mentre lo “Zafferano di San Quirino” registra vendite inaspettate solo un paio di anni fa e punta ad approdare anche in ristoranti di America, Francia e Australia, il suo produttore resta con i piedi per terra e usa la sua esperienza per fare rete sul territorio.
«Ad oggi – spiega Zamuner – sto aiutando due ragazzi che a Castelnuovo del Friuli hanno avviato un allevamento di Alpaca, altri due giovani apicultori di Pasian di Prato, sempre in Friuli, un giovane agronomo di Porcia che coltiva piante officinali e oli essenziali, più un altro amico di San Quirino, agricoltore: mi hanno contattato perché vogliono introdurre lo zafferano nelle loro coltivazioni».
Il volano è stato il sito web www.zafferanosanquirino.com e l'omonima pagina Facebook. Sono tutti giovani, interessati all'agricoltura di nicchia, incuriositi dalla sfida che Zamuner sta vincendo, non senza sacrifici.
Lo confermano i premi che sta accumulando, la notorietà che sta ottenendo, ma soprattutto una crescita esponenziale della sua piantagione di bulbi di zafferano, in una terra che sembrava non avere questa dedizione. Ed invece da una piantagione di mille metri quadri nel 2013, Zamuner è passato ad una di 4 mila l'anno successivo e ad agosto tenterà di ampliarsi fino all'ettaro e mezzo.
«Sto cercando di creare una rete di giovani agricoltori come me – spiega Zamuner –: capisco i loro sacrifici e per questo li sto aiutando. Con loro siamo ancora a livello di sperimentazione perché all'inizio non voglio far rischiare capitali a nessuno. L’obiettivo – dice – è però quello di unirci in futuro sotto un unico marchio, che potrebbe essere il mio piuttosto che uno da creare ex novo, per promuovere il territorio, un unico prodotto di qualità e non farci concorrenza».
La rete di impresa potrebbe essere l’anticamera di un consorzio o di una cooperativa agricola specializzata. Nonostante il successo e i nuovi progetti, l'imprenditore intende però tenersi lontano dalle logiche del grande mercato. Ha rifiutato ad esempio l'invito fattogli dalla Regione e dalle associazioni di categoria di prendere parte all'Expo 2015 con il suo prodotto.
«L'idea di una vetrina delle produzioni – spiega infatti – è buona, ma non lo è a mio avviso l'averla riempita di multinazionali, le stesse che hanno rovinato l'agricoltura. Ringrazio perciò chi ha creduto in me, ma voglio restare fedele ai miei principi».
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