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Il vescovo di Baghdad a Pordenone: "Fate qualcosa o l’Isis arriverà da voi"

L'alto prelato ospite in diocesi: «In Iraq sempre meno cristiani, impossibile lavorare e pregare. Ma attenti anche voi»

2 minuti di lettura
(ansa)

PORDENONE. «Fate qualcosa o l’Isis verrà a bussare anche alle vostre porte». E ucciderà, perché «noi amiamo, loro vogliono cancellarci». Va oltre ogni “buonismo” l’appello del vescovo ausiliare caldeo di Baghdad, monsignor Shlemon Warduni, per fare capire quali siano le condizioni di vita dei cristiani in Iraq e Medio Oriente, vittime di un vero e proprio genocidio.

Il ragionamento complessivo del presule, nato in un villaggio vicino a Mosul 72 anni fa, verrà reso noto oggi, con l’uscita del settimanale diocesano Il Popolo, di cui l’agenzia dei vescovi Sir ha diffuso un’anticipazione.

«La situazione di tutti gli iracheni peggiora di giorno in giorno. Però – rileva il vescovo – i cristiani devono pazientare molto di più: sono in costante calo. Siamo sempre di meno». Sino a qualche anno fa, secondo le stime, in Iraq erano un milione e mezzo. «Poi hanno cominciato a scendere: prima sotto il milione, poi ancora di più. Oggi siamo 350-400 mila».

La loro vita quotidiana è difficile: «Lavorare è impossibile. Da qualche giorno i cristiani non possono più vendere alcolici. E le uccisioni e ancora di più i rapimenti sono frequenti. Bisogna sempre essere prudenti». La libertà di culto viene garantita, ma non quella di coscienza: «Domenica scorsa ho celebrato la prima comunione di dodici bambini.

È possibile per loro seguire i catechismo, ci sono raduni di giovani delle nostre parrocchie». Ma resta il fatto che «i cristiani possono farsi musulmani, i musulmani non possono farsi cristiani. Se un musulmano decide di farsi cristiano viene ucciso. Se un papà e una mamma cristiani si fanno musulmani i loro figli diventano in automatico musulmani».

Ma il vescovo, che è anche presidente della Caritas irachena, è ancora più esplicito, quando si parla di Isis. «Il mondo è in colpa sul fronte Isis. Sta a guardare e non fa niente. Anzi, peggio: gli vende le armi». Per monsignor Wardini, sono due le cose urgenti: «Dire insistentemente ai diplomatici di fare qualcosa, di prendere sul serio l’Isis perché non si può stare tranquilli. Ormai nessuno può esserlo».

Perché, ha aggiunto, «prima o poi verranno a bussare alle vostre porte». Secondo: «Non vendere più le armi. Questo è terribile: interessi economici, di soldi da incassare, più forti delle vite uccise e violate. Questo si trasforma in un terrore sempre più diffuso».

Gli attentati in Francia, Belgio, Tunisia «dicono al mondo intero un messaggio le autorità non sembrano recepire. Dicono che noi cristiani amiamo tutti in nome di Cristo. Ma che loro non sono così. Loro vogliono ucciderci, eliminarci ed essere gli unici. Vogliono cancellare noi per esserci loro. E questo stanno facendo».

Il vescovo Shlemon Warduni – che ieri ha visitato la tomba dei santi martiri concordiesi assieme a don Andrea Vena – stasera sarà a Bibione, alle 21.15, nella chiesa di via Antares: riceverà il premio “Luigi Padovese” (prima edizione), destinato alla chiesa cristiana in Medio Oriente. L’iniziativa è inserita nel cartellone delle “giornate dell’Avvenire” che per la nona edizione hanno come tema “Frammenti di bellezza, per un nuovo umanesimo”.

Monsignor Luigi Padovese era vicario apostolico dell’Anatolia e fu assassinato, il 3 giugno di 5 anni fa, dal suo autista a Iskenderun. Il vescovo era stato ucciso in casa sua: l’autopsia chiarì che fu accoltellato in tutto il corpo, otto fendenti al cuore. Prima di morire, monsignor Padovese, originario di Summaga di Portogruaro, era riuscito a raggiungere la soglia di casa per chiedere aiuto. Poi il suo assassino lo aveva sgozzato, era salito sul tetto della casa e aveva gridato: «Ho ammazzato il grande satana! Allahu Akbar».

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