Minacce e insulti ai commercialisti: condannato a 14 mesi di carcere
Spilimbergo, pretendeva 10 mila euro dallo studio Lemmo: «Spacco tutto e torno con una pistola». La prima perizia ne ha riconosciuto la capacità di intendere, una seconda la seminfermità mentale

SPILIMBERGO. Irrompe nello studio dei commercialisti Lemmo a Spilimbergo e pretende da loro 10 mila euro, condendo la richiesta con pugni sul tavolo, minacce e insulti.
Ieri mattina il protagonista dell’episodio, Alberto Daniele Rossi, 59 anni, originario di Castelnuovo, è stato condannato dianzi al giudice monocratico Cozzarini per tentata estorsione e ingiurie a un anno, due mesi e quindici giorni di reclusione, senza la condizionale, e a duecento euro di multa.
La pm Beatrice Toffolon aveva chiesto un anno, otto mesi e dieci giorni di reclusione e duemila euro di multa. All’imputato, difeso d’ufficio dall’avvocato Magaraci, è stata riconosciuta la seminfermità mentale ma anche la pericolosità sociale persistente.
Era il 26 gennaio del 2010. Rossi si presenta nello studio di professionisti. Batte con violenza i pugni sul tavolo e, con fare intimidatorio e fare esagitato, si protende verso una socia dello studio.
«Voglio – sbotta – che mi restituiate i soldi che avete rubato a mio padre, sono 50 mila euro. Se me ne date 10 mila me ne vado, se non me li date spacco tutto l’ufficio e la prossima volta torno con la pistola».
Insiste ancora che gli consegnino il denaro, a suo avviso indebitamente trattenuto per un incarico che suo padre avrebbe commissionato allo studio (ma di cui nel fascicolo non risulta traccia).
Sbigottiti, i commercialisti si rifiutano di consegnargli la somma di denaro richiesta.
A quel punto Rossi proferisce frasi ingiuriose nei confronti dei due commercialisti, facendo riferimento alle loro origini campane e osservando che «se ne devono andare da Spilimbergo», oltre a offenderli con l’epiteto di «ladri».
Da qui il secondo capo di imputazione contestatogli dall’accusa, il reato di ingiurie, per aver offeso l’onore e il decoro dei due professionisti.
Quanto alla seminfermità mentale, nel corso del processo sono state esaminate due perizie, dai risultati diametralmente opposti.
Una prima perizia, effettuata da Amodeo Sossio di Portogruaro, nell’immediatezza dei fatti contestati, aveva decretato che Alberto Daniele Rossi era capace di intendere e di volere il 26 gennaio del 2010.
Il suo avvocato d’ufficio Alessandro Magaraci, però, aveva chiesto l’acquisizione della perizia elaborata da Ambrogio Pennati di Milano nel febbraio di quest’anno per un altro procedimento a carico dell’imputato.
La seconda perizia aveva accertato, invece, il vizio parziale di mente. Per questa ragione la pena è stata ridotta. L’imputato aveva già beneficiato, però, in altro procedimento della sospensione della pena.
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