Fidanzati uccisi: indagato un militare, ex coinquilino di lui
Il suo nome è Giosuè Ruotolo, 26 anni, campano, abitava a Pordenone ed era commilitone di Ragone alla caserma De Carli di Cordenons. Sigilli alla casa dove viveva
di Ilaria Purassanta
PORDENONE. C’è un nome nel registro degli indagati, per il duplice omicidio di via Interna, che fa ancora più male, per la sua vicinanza alla cerchia intima dei due fidanzati uccisi. È quello di Giosuè Ruotolo, 26 anni, residente a Somma Vesuviana incensurato, commilitone di Trifone Ragone alla caserma De Carli di Cordenons e suo ex coinquilino.

I due militari hanno condiviso la quotidianità domestica, nell’appartamento al secondo piano di un condominio di via Colombo a Pordenone, prima che Trifone seguisse il suo cuore per andare a vivere con Teresa Costanza nel loro nido d’amore in via Chioggia, nel maggio 2014.
[[(MediaPublishingQueue2014v1) Accertamenti sul luogo del duplice omicidio]]
A tutela dell’indagato è stato emesso, nei giorni scorsi, l’avviso di garanzia, anche in vista degli accertamenti irripetibili sull’arma ripescata dai subacquei nel laghetto, per i quali sarà affidato l’incarico a periti e consulenti lunedì.
Gli inquirenti ci vanno con i piedi di piombo: siamo ancora in un quadro indiziario in fieri, a una certezza sarebbe invece seguito un arresto. I sospetti si sono concentrati su una sola persona: consentirle di tutelarsi con un difensore e consulenti tecnici in questa fase di indagine è un atto dovuto.
I Ris di Parma stanno esaminando il caricatore della calibro 7.65 e i tamponi eseguiti su quanto rinvenuto nel lago di San Valentino per individuare le eventuali tracce biologiche e impronte dattiloscopiche.
Dopo un primo esame, che ha confermato la compatibilità di quanto rinvenuto nel lago di San Valentino con quella che la perizia balistica del consulente tecnico Pietro Benedetti ha identificato come l’arma del delitto, servono accertamenti tecnici più specifici, che potranno raccontare molte altre cose agli inquirenti.
[[(gele.Finegil.StandardArticle2014v1) «Giocavano insieme, erano amici»]]
Quando gli è stato notificato l’avviso di garanzia il giovane militare, originario di Somma Vesuviava, non ha avuto una reazione emotiva né è scoppiato in lacrime. Ha subito nominato un legale di fiducia del foro di Nola.
Il fatto che il commilitone sia semplicemente indagato e che non ci sia stato, invece, un arresto, è dovuto al fatto che, come precisa lo stesso procuratore capo della Repubblica Marco Martani, «la raccolta di prove è in divenire». I riscontri investigativi sono giudicati buoni: se fossero stati ottimi, non ci sarebbe stato solamente un avviso di garanzia. Si sta lavorando ancora sul movente.
«La misura cautelare – sottolinea il procuratore Martani – non è un fatto automatico, richiede una gravità indiziaria che possa far ritenere certa una condanna oppure la necessità di esigenze cautelari dovute alla reiterazione del reato o per impedire una fuga. Non è questo il caso».
Gli inquirenti aggiungono che «ci vuole la massima prudenza e bisogna agire nel massimo rispetto delle tutele difensive, esattamente come è stato fatto nel momento in cui si sono dovute disporre analisi non ripetibili, che richiedevano un passaggio legale ulteriore e il coinvolgimento di difensori e periti di parte».
C’è anche una seconda ipotesi di reato che pende sul capo di Ruotolo: quella di porto abusivo di arma da sparo. Secondo la perizia balistica, la Beretta calibro 7.65, semiautomatica con caricatore monofilare, con la quale il killer dei due fidanzati ha esploso sei colpi in rapida sequenza martedì 17 marzo, è un modello che appartiene a una fornitura militare della prima guerra mondiale. Sulle pistole di marca Beretta, peraltro, è sempre stato apposto il numero di matricola, anche prima che diventasse obbligatorio, nel 1975.
Fidanzati uccisi a Pordenone, trovate parti di una pistola
«Il ritrovamento del caricatore nel lago – aggiunge Martani – ha confermato l’ipotesi sulla quale ci eravamo focalizzati. L’indagine ha fatto grandi passi avanti, ma c’è ancora del lavoro da fare. Riteniamo che il caricatore sia stato gettato nel lago subito dopo i fatti».
[[(MediaPublishingQueue2014v1) I fidanzati uccisi uniti in città sino alla fine]]
Gli inquirenti ipotizzano che sia stato Ruotolo a lanciare il caricatore nel lago, ma la Procura non rivela come l’indagato sarebbe entrato in possesso della pistola. Si ipotizza che l’arma fosse nella disponibilità del giovane militare perché è appartenuta al nonno o a un anziano parente. Sicuramente il giovane non risulta detentore di una vetusta Beretta.
I Ris nell'appartamento dei fidanzati uccisi
Elementi probatori avrebbero invece consentito agli inquirenti di collocarlo quella sera nella zona del Palasport, in particolare l’utilizzo di nuovi strumenti tecnologici affiancati a tecniche di investigazione classica.
Ora si procederà anche alla valutazione delle posizioni dei testimoni presenti quella sera sul luogo del delitto, per verificare le loro dichiarazioni.
Qualcuno potrebbe non essere stato preciso nel rendere la propria deposizione a verbale, nella caserma dei carabinieri. Centinaia di persone sono state sentite dai militari dell’Arma, anche più volte. Per poter arrivare alla verità.
L’orario del delitto è stato circoscritto a qualche minuto prima delle 19.50, subito dopo l’uscita dei due fidanzati dalla palestra.
L’appartamento dove viveva l’indagato è stato posto sotto sequestro. I sigilli e il cartello «Locale sottoposto a sequestro penale» sono comparsi giovedì sulla porta d’ingresso dell’alloggio al secondo piano.
[[(MediaPublishingQueue2014v1) I familiari nella casa dei fidanzati uccisi]]
Nella perquisizione i carabinieri hanno sequestrato un computer portatile e un cellulare. Sul telefonino sarebbero stati trovanti elementi interessanti.
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