Gusti pilotati dal volto dei commensali
Lo studio di un ricercatore pordenonese e di un docente universitario pubblicato su una rivista scientifica Usa e su Focus

A cena con gente col broncio? Renderanno “indigesta” – o comunque meno appetibile – qualsiasi pietanza, anche la migliore preparata da chef di grido. Sembra una banalità, eppure a monte di questo assunto, c’è una lunga e dettagliata ricerca di studiosi italiani volta ad analizzare la desiderabilità del cibo a seconda del contesto in cui viene consumato.
Il team di ricercatori degli atenei di Udine, Milano e Parma, ideato dal pordenonese Matteo Rizzato, studente di dottorato di ricerca all’Università di Udine, sotto la guida del professor Alessandro Sensidoni, ha diffuso i risultati di una ricerca pubblicata sulla prestigiosa rivista del settore alimentare “Food quality and preference”.
L’esperimento, concentrato su «cibo ed emozioni», intendeva cercare il punto di incontro tra più campi scientifici, quali le scienze e tecnologie alimentari, la psicologia comportamentale, per concludere con la neuroscienza. I primi dati pubblicati hanno evidenziato che solamente guardando un volto altrui arrabbiato, il cibo (in questo caso una pizza) che si trova di fronte, a tavola, risulta meno desiderabile.
«Pensate a quando ci sediamo a tavola con delle persone tese – afferma il ricercatore Matteo Rizzato – che mostrano espressioni di aggressività o quando i camerieri manifestano stress o comunque non sono sorridenti. Ecco, solamente guardando il loro volto è molto probabile che il cibo ci piaccia di meno, e noi l’abbiamo misurato attraverso un esperimento comportamentale. Un ulteriore dato molto interessante è che quando ci troviamo di fronte il cibo da solo, senza interferenze umane, lo desideriamo allo stesso modo di quando siamo in presenza di persone con il volto sorridente».
L’esperimento – rilanciato sia dalle riviste scientifiche specializzate americane e dalla italiana Focus – è destinato ad interessare anche altri campi, quali l’architettura e l’arredamento di luoghi di consumo di cibo quali le mense ospedaliere, le mense scolastiche, i ristoranti. Questa prima ricerca evidenzia come la scelta sia obbligata: meglio mangiare da soli o con persone sorridenti.
«Il futuro – afferma Rizzato – non può prescindere dal dotare gli operatori addetti alla consegna di cibo strumenti per la gestione del loro stato d’animo, in modo da rendere l’esperienza alimentare degli avventori migliore possibile. Inoltre, indagheremo su quanto la televisione accesa durante il consumo di cibo possa rovinare la nostra esperienza alimentare e come le emozioni sul volto altrui influenzino il nostro successivo consumo effettivo di cibo».
Del team di ricerca facevano parte anche Fabrizio Fasano dell’Università di Parma, Cinzia Di Dio, Gabriella Gilli e Antonella Marchetti dell’Università Cattolica di Milano. La ricerca ovviamente è “targata” Friuli, con Matteo Rizzato – diplomato ragioniere al Don Bosco di Pordenone, laureato in scienze politiche a Trieste, esperto di programmazione neurolinguistica, mental trainer di sportivi di rilievo nazionale, “allenatore di cervelli nel campo della comunicazione” – e con Alessandro Sensidoni, ordinario di Scienza e tecnologia dei prodotti agroalimentari all’Università di Udine.
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